Carissima Europa, ma quanto ci costi?

Con l’avvicinarsi del voto e la paura di perdere, l’Ue ha deciso di mettere mano alla tasca

Risorse in quantità gettate sul pentagramma per raccattar qualche consenso in più. Carissima Europa, ma quanto ci costi? Purtroppo, decisamente troppo visto quello che da oltre un ventennio ci sta regalando: politiche iperideologiche legate ad ambientalismo e green – che a parte, l’impoverimento dei Paesi europei, non hanno centrato alcun risultato pratico – e poi, guerre, scandali, tangenti e altre amenità del genere che – nonostante le promesse – non è riuscita a evitarci. Ma forse, più che dell’Europa, la responsabilità è della cosiddetta Unione europea che la governa.

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E che, riconosciamolo, tutto è fuorché l’Europa dei popoli che i Paesi fondatori Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo e i suoi ideatori de Gasperi, Spinelli, Lindh, Kohl, Mitterrand, Monnet, Beyen e Bech ci avevano promesso; bensì della Commissione Ue che ne ha fatta un’istituzione preoccupata più della crescita finanziaria – ovviamente, delle proprie casse – che degli interessi e del benessere dei cittadini. Ma «‘a paura fa nuvanta e chi s’ ‘a piglia fa nuvantuno». Racconta l’antica saggezza partenopea. E anche a Bruxelles hanno cominciato a tremare.

Una paura che in attesa delle elezioni europee, sta facendo crescere ulteriormente i costi che i Paesi membri e, quindi, le nostre tasche dovranno fronteggiare.

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Gli echi degli scandali in Ue

La ricerca di simpatie e voti, fa sorgere l’esigenza di mettere la sordina agli echi degli scandali (vedi l’inchiesta della procura europea sulle trattative via messaggini riservati «involontariamente» cancellati dalla memoria del proprio cellulare dalla von der Leyen, leader Ue e l’Ad di Pfizer, Bourla, proprio nel periodo di contrattazione per l’acquisto, a peso d’oro – 20mld di euro – da parte dell’Europa dei vaccini anti-covid o dei 600 milioni spesi per acquistare 12 canadaier fuori produzione dal 2015, ma non si sa se si tratterà di vecchi modelli con sistemi di sicurezza 1968 o nuovi, e non ancora certificati) che hanno punteggiato l’ultimo quinquennio di governo Ue.

Il Qatargate

Il più eclatante dai quali, per il numero e l’importanza dei coinvolti, noto come «Qatargate», oggi sembra finito nel dimenticatoio. Nonostante le presunte tangenti miliardarie pagate agli europarlamentari per rilanciare la credibilità democratica di Qatar e Marocco, eccessi, conflitti d’interesse e arresti eccellenti.

Eva Kaili e Antonio Panzeri

A cominciare da quello dell’allora Vice presidente socialista del Parlamento Europeo, la greca Eva Kaili e dell’eurodeputato italiani di Articolo 1, Antonio Panzeri, ritenuto il principale protagonista della presunta lobby corruttiva di Bruxelles che si è pentito, tirandosi dietro – ma solo dopo aver ottenuto la liberazione di moglie e figlia – un nutrito gruppo di europarlamentari, fra cui diversi italiani. Attualmente, il battage mediatico si è placato. L’inchiesta, in verità ancora continua, ma non se ne sa più niente.

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A due mesi dal voto, bisogna salvare il salvabile. Per evitare che giugno 2024 possa segnare la fine della maggioranza popolari-S&D, sostenuta dai macroniani francesi che, però stando a «Europe Elects» rischiano il terzo posto a favore di Identità e Democrazia di cui fa parte la Lega e i Conservatori europei guidati dalla Meloni. Il che rischierebbe di mettere in discussione equilibri politici e, magari, la stessa coalizione di governo. Come evitarlo? Semplice, affondando le mani nelle casseforti senza fondo dell’Europa e pagare per farsi «omaggiare e beatificare». Certo, questo significa infilarle nelle tasche dei cittadini, ma è proprio quello che qualcuno a Bruxelles sembra intenzionata a fare.

Le risorse europee

Tant’è che a detta di un ex corrispondente del «Corrierone» Caizzi, una sostanziosa quantità di risorse europee pare abbia già lasciato le casse dell’Unione europea, atterrando in quelle delle grandi testate marchiate Gedi-Exor della famiglia Agnelli-Elkan: «Repubblica» e «Stampa». Perché dicano tutto il bene possibile e immaginabile dell’Ue, mettendo, il bavaglio, alle sue «malefatte», nella speranza che gli eurocittadini se ne dimentichino prima del voto.

E c’è, anche chi, «Il Messaggero», anticipa che a Bruxelles – per combattere l’astensionismo giovanile, nella speranza che questi, poi, votino loro – hanno deciso di foraggiare gli idoli dei giovani la cantante statunitense Taylor Swift, il gruppo italiano dei Maneskin e la cantautrice spagnola Rosalia, mandandoli in giro per l’Europa ad allietare gli europei e sollecitarli a votare. «E io pago» direbbe Totò.

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