Corruzione elettorale, due arresti a Bari. Si dimette l’assessore regionale Maurodinoia

Dalle indagini sarebbe emerso anche il ‘prezzo’: 50 euro per un voto

Un’associazione per la compravendita di voti, cinquanta euro a chi era disposto ad indicare sulla scheda elettorale delle elezioni regionali del 2020 il nome di ‘lady preferenze’ Anita Maurodinoia. È lo snodo centrale dell’indagine della procura di Bari che ha portato alle dimissioni – dall’incarico e dal Pd – dell’assessora ai trasporti della giunta Emiliano e all’arresto del marito, Sandro Cataldo, e del sindaco di Triggiano Antonio Donatelli, entrambi ai domiciliari.

Ad essere oggetto di un’accordo corruttivo, infatti, non sarebbero state solo le elezioni regionali ma anche le amministrative in due comuni della provincia, quelle a Grumo Appula il 20 e 21 settembre 2020 e quelle a Triggiano il 2 e 3 ottobre del 2021. Secondo gli inquirenti, il «capo e promotore del programma criminoso» per ottenere illecitamente i consensi sarebbe stato proprio il marito di Maurodinoia, attraverso il movimento politico Sud al Centro di cui è referente.

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Per lui è scattata l’accusa di corruzione elettorale ed è stato messo ai domiciliari insieme al sindaco di Triggiano, rieletto anche con i consensi acquistati. Stessa misura cautelare è stata disposta per altre cinque persone tra cui l’ex consigliere municipale di Bari, Armando De Francesco, ritenuto il «braccio destro» di Cataldo che usava chiamare il «padrino». In carcere, invece, è finito Nicola Lella, assessore alla Sicurezza e alla Polizia municipale a Grumo, anche lui rieletto, secondo l’accusa, con la compravendita di voti. Gli indagati sono oltre 70 e tra loro vi sono numerosi elettori.

Le indagini

Il bacino elettorale dove ‘pescare’ i voti erano soprattutto enti di formazione e università telematiche: chi accettava l’accordo consegnava copia dei propri documenti d’identità e della scheda elettorale. Poi, nel corso delle operazioni di spoglio, vari gregari, che stazionavano nei pressi delle sezioni loro assegnate, verificavano se le persone si fossero effettivamente recate alle urne. E oltre al denaro venivano promessi posti di lavoro: il database trovato dagli investigatori conteneva oltre 2mila nominativi.

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Le indagini del procuratore aggiunto Alessio Coccioli e dei pm Claudio Pinto e Savina Toscani sono partite dal ritrovamento in un cassonetto per la raccolta indifferenziata a Bari il 6 ottobre del 2021 di parti di fotocopie di documenti d’identità, codici fiscali di cittadini triggianesi, e un consistente numero fac-simile di schede e volantini di propaganda elettorale. Nell’ordinanza, il Gip Paola Angela De Santis afferma che «la promessa e la consegna della somma di 50 euro erano finalizzate ad indicare quale preferenza sulle schede anche Anita Maurodinoia».

Ma il successo elettorale di ‘lady preferenze’ non risale al 2020 e anzi è andato crescendo nel tempo: nel 2014, alle elezioni comunali di Bari, fu la più votata, con tremila voti; alle successive del 2019 raddoppiò e raccolse 6.234 consensi per poi arrivare, alle regionali incriminate, a circa 19.700 voti. Nel 2022 si candidò invece alla Camera con il Pd, conquistando il primo posto tra i non eletti nel collegio Bari-Molfetta. Secondo gli inquirenti, anche nelle elezioni del 2019 a Bari potrebbero esserci stati dei voti pagati per Maurodinoia.

L’inchiesta di febbraio

Si tratta della stessa tornata elettorale al centro dell’inchiesta che il 26 febbraio ha portato a 130 arresti per voto di scambio politico-mafioso. Ai domiciliari è finita l’ex consigliera comunale 38enne Mari Carmen Lorusso, anche lei di Sud al Centro; mentre suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale, è stato incarcerato. ‘Lady Preferenze’ sarebbe stata coinvolta anche in questa indagine dalle rivelazioni di alcuni pentiti ma lei a marzo si è detta estranea «a qualsivoglia ‘combine’ elettorale o illecito di qualsiasi tipo».

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