Delitto di Senago, l’orrore delle foto al processo per l’omicidio di Giulia e Thiago

Il medico legale: «È morta per emorragia dopo le 37 coltellate»

Nessuno in aula per la proiezione delle foto del corpo di Giulia Tramontano. La quinta udienza del processo a carico di Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della fidanzata 29enne incinta al settimo mese, è stata infatti dedicata ai dettagli del rinvenimento del cadavere e a quanto emerso dall’autopsia. Giornalisti e pubblico, tra cui anche diversi studenti di un liceo milanese che si trovavano lì per assistere all’udienza, sono stati fatti uscire dall’aula quando è stato momento di mostrare le immagini.

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A deciderlo, la Corte d’Assise di Milano su richiesta dell’avvocato di parte civile Giovanni Cacciapuoti, al quale poi si sono associate anche accusa e difesa. Ad ascoltare la prima parte della testimonianza del medico legale Nicola Galante, sono rimasti soltanto le parti e Impagnatiello, seduto nella «gabbia» degli imputati con lo sguardo basso per la maggior parte del tempo. Come ha spiegato successivamente il teste, Giulia è morta a causa di una «massiva emorragia acuta» provocata da «lesioni vascolari cervico-toraciche» che le sono state inflitte dal compagno.

Colpendola con 37 coltellate, l’ex barman l’ha uccisa lo scorso 27 maggio nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, dopo che la donna aveva scoperto la relazione parallela del fidanzato con una collega di lavoro. La morte del piccolo Thiago, il bimbo che portava in grembo, «è successiva a quella della madre» ed è stata «determinata da una insufficienza vascolare provocata dall’emorragia materna».

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Sorpresa alle spalle

Secondo quanto sottolineato dall’altro medico legale Andrea Gentilomo, «l’impressione» è che Giulia sia stata sorpresa «alle spalle». I tre tagli sul volto potrebbero essere «compatibili» con un tentativo di voltarsi e guardare in faccia il suo aggressore, mentre una «importante» ferita alla «laringe» potrebbe averle impedito di gridare.

A quanto ricostruito dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, Impagnatiello avrebbe tentato di avvelenare la fidanzata per mesi prima del delitto, somministrandole a sua insaputa del veleno per topi. A parlare in aula di questo aspetto è stato il tossicologo Mauro Minoli, che ha riscontrato nella vittima la presenza di bromadiolone, un topicida caratterizzato da un «sapore amaro» e che può provocare «mal di stomaco».

Due caratteristiche, queste, delle quali Giulia nell’ultimo si sarebbe spesso lamentata con i familiari. «È impossibile dire quanto è trascorso dalla prima somministrazione», ma di certo, l’assunzione è avvenuta «nell’arco di almeno due mesi e mezzo», ha precisato l’esperto. Nessuno dei familiari di Giulia era presente all’udienza, ma hanno affidato un messaggio ai social. «Nulla ci restituirà Giulia – ha scritto il papà Franco su Instagram -, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora affinché sia fatta giustizia. Giustizia per lei e Thiago». Si torna in aula il prossimo 11 aprile, quando saranno sentiti cinque testimoni dell’accusa, tra cui un’amica di Giulia.

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