Mes, il premier Meloni smaschera il M5S e sventola il fax di Di Maio

Il documento con cui l’ex ministro diede istruzioni all’ambasciatore a Bruxelles di sottoscrivere le modifiche

Quando Giorgia Meloni sventola il fax con cui Luigi Di Maio diede istruzioni all’ambasciatore a Bruxelles di sottoscrivere le modifiche al Mes, si scatena la standing ovation della sua maggioranza. Ed è lì che si surriscalda il clima al Senato, teatro di uno scontro aperto della premier con M5s e Pd, come 24 ore prima alla Camera.

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Dalla postura in Europa a quella sulla crisi in Medio Oriente, due giorni di accuse incrociate, soprattutto su un tema che crea qualche fibrillazione anche nel centrodestra: perché mentre la leader di FdI si prepara a intervenire a Palazzo Madama, il suo vicepremier Matteo Salvini ribadisce che «la posizione della Lega è sempre stata chiara su questo punto. Assolutamente è un no», alla ratifica della modifica del Meccanismo europeo di stabilità. E non passa inosservato il leghista Massimiliano Romeo quando dice che per la Lega «il risparmio degli italiani viene al primo posto: un messaggio chiaro agli oligarchi di Bruxelles».

Pd, M5S e opposizioni si arrampicano sugli specchi

L’attacco al Pd è nella coda delle repliche di Meloni in Aula, sul Protocollo con l’Albania contestato dai dem, che hanno criticato anche il socialista Edi Rama: «Anteponete gli interessi di partito a quelli della nazione». «Chi ha sempre scelto gli alleati sbagliati, nemici dell’interesse dell’Italia è il governo Meloni, che – è la risposta di Elly Schlein – si è alleato con quei paesi che costruiscono muri per negare solidarietà alla condivisione dell’accoglienza». Ancora una volta le scintille sono soprattutto con il M5s.

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Il primo affondo della premier è sui risultati economici dei governi Conte: «Dopo il Covid il Pil ha avuto solo un rimbalzo del gatto morto». Poi quello sull’Ucraina: «Dite che la Russia vuole la pace, ma è la propaganda di Putin», nota Meloni che, alla vigilia del Consiglio Ue chiamato a discutere dell’iter di adesione dell’Ucraina, sente Volodymyr Zelensky confermandogli «sostegno in ogni ambito». Poi ancora una replica piccata sul conflitto fra Hamas e Israele. «Il governo Conte è quello che ha venduto più armi di tutti a Israele».

Il Mes

Quindi si arriva al nuovo Mes, che l’Italia assieme agli altri Paesi dell’Eurogruppo sottoscrisse il 27 gennaio 2021. «Questa firma è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del governo Conte, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, con il favore delle tenebre», attacca Meloni. E sventolando il messaggio di istruzione inviato il 20 gennaio 2021 dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio all’ambasciatore Maurizio Massari, accusa il leader M5s di aver lasciato «un pacco al governo successivo», mentre la seduta si infiamma e il presidente del Senato Ignazio La Russa deve a più riprese richiamare alcuni colleghi.

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La presidente del Consiglio ribadisce che intende seguire «il mandato del Parlamento», ossia chiudere la partita del Patto di stabilità prima di affrontare il dossier Mes. La ratifica è all’ordine del giorno, ma le opposizioni accusano la maggioranza di «autostruzionismo», allungando i tempi della discussione sul decreto anticipi per fare slittare lo spinoso voto al 2024.

Intanto, prima di partire per la cruciale tre giorni a Bruxelles, Meloni (che sabato è attesa alla festa di Atreju con Rishi Sunak ed Elon Musk) raccoglie il suggerimento del senatore a vita Mario Monti sull’idea di porre il veto di fronte a un accordo non soddisfacente. Non lo esclude, rivendicando un atteggiamento pragmatico. «C’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto solo di aspettare cosa facevano Francia e Germania per accodarsi in una foto», afferma la premier, assicurando che «era lungi da essere un attacco a Draghi» la considerazione sulla fotografia del suo predecessore con Emmanuel Macron e Olaf Scholz.

Meloni è certa di aver riportato l’Italia al centro delle dinamiche Ue: «Me lo dicono molti leader, uno lo ha spiegato in un’intervista a un quotidiano non esattamente mio amico, che non l’ha pubblicata».

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