Mediterraneo in fiamme: Palestina, Israele, Europa tra mitologia e barbarie

Il balbettio dell’Europa politica non aiuta la crescita di un pensiero capace di tenere il lato «polemico» nell’alveo della pace e della democrazia

L’incendio imprevisto, divampato il 7 ottobre ‘23 sul territorio palestinese, che assorbe lo Stato di Israele e i territori del Libano a Nord, della Siria a Nord- Est, della Giordania a Est, dell’Egitto a Sud-Ovest e del Mar Mediterraneo a Ovest, dimostra che le guerre esistono vicino a noi. Già con l’Ucraina era da ritenersi finita la fase che in Europa dopo il ’45 non ci potessero più essere conflitti bellici. Sembrava che il concetto di guerra fosse stato messo definitivamente fuori gioco.

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Ora l’Europa è nuovamente circondata da una conflittualità minacciosa, e per le nostre democrazie si sta in una fase nuova e molto rischiosa ovverosia in un aggiornato appuntamento fatale con la storia: un appuntamento nel quale la guerra torna d’attualità. Ma adesso i quesiti che si pongono e se l’Europa sia capace e si trovi nelle condizioni di ritrovare le categorie culturali, prima ancora che le armi?

Provenienti dal mondo della storia, della geopolitica, della filosofia e della letteratura, bisognerà rintracciare un pensiero che riesca a superare questa terribile crisi. In questa occasione, l’ennesima verificatasi in pochi anni, come dice Lucio Caracciolo, si è perso di vista, in questo frastuono assordante, il sogno di un’Europa «potenza gentile capace di diffondere col suo soft power un approccio pacifico, tollerante e liberale alle relazioni internazionali…». E purtroppo di questo sogno, oggi, non resta granché.

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Oggi si è al cospetto di un collasso simultaneo di quattro imperi, che non ha prodotto un’idea «forte» di Europa, anzi l’odierna presenza delle guerre attorno l’Europa risulta che per i plurimi e diversificati interessi che si sovrappongono pare che si possa riparlare di una fine della storia europea in grado di incidere nei rapporti internazionali. Certo il balbettio dell’Europa politica equivale a mitizzare logiche prepotenti che non aiutano la costruzione di un pensiero che riesca a mantenere il lato «polemico» dentro l’alveo della pace e della democrazia.

Il gesto dirompente di questi giorni ridà spazio al terrorismo che genera macelleria indiscriminata. Per cui il timore è che l’area attuale, avvolta dal conflitto, rischi di estendersi fino al punto di testare il verificarsi delle condizioni dell’avvio di una terza guerra mondiale.

Ciò condurrebbe ad un terribile e timoroso esito, descritto bene da Wiston_P. su space X quando dice: «Non ho alcun interesse ai deliri antisemiti, antiamericani, antioccidentali. Non mi stupiscono e non mi scandalizzano. Dopo che la Germania, patria di Kant, Goethe e Beethoven, ha messo in piedi un apparato industriale di sterminio, cos’altro può scalfirmi? Un branco di lobotomizzati che continua a raccontarsi che il grande problema del mondo sia l’Occidente? Non è un argomento nella lista delle mie priorità. Ben più grave considero il tema della capacità di visione delle nostre classi dirigenti, utile a garantire la salvaguardia del nostro modello di vita. Decenni di pace e benessere ci avevano convinto che la Storia si fosse in qualche modo cristallizzata. La memoria di una guerra mondiale con 50 milioni di morti sembrava poter essere il miglior deterrente, anche più efficace degli arsenali nucleari. Ma avremmo dovuto saperlo che la memoria degrada».

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«E soprattutto avevamo fatto i conti senza l’oste. Perché è inevitabile che l’Occidente abbia costruito i propri privilegi (anche) a scapito di qualcun altro. E certamente i nostri diritti e i nostri valori – che noi consideriamo universali – alla prova dei fatti, universali non sono. Così come, l’idea che l’egemonia economica e tecnologica fosse una garanzia di equilibrio si è dimostrata un’illusione. Per non dire della diplomazia, come si è visto con la Russia di Putin e l’interminabile conflitto Israelo-palestinese. I nostri nemici hanno valori diversi dai nostri. Sono accecati dalla rabbia e dal rancore. Hamas non vuole la coesistenza pacifica di due stati. Vuole cancellare Israele dalla faccia della terra. Decapitano i bambini, per essere chiari. E la migliore efficacia bellica dei russi si è dimostrata quella di ammazzare i civili. Ora io mi chiedo: esiste una visione chiara sul come proteggerci da questa barbarie? O dobbiamo continuare a baloccarci col dibattitto sulle colpe della Nato e d’Israele?»

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