Uccidere per gioco e stuprare per divertimento, la deriva delle nuove generazioni che considera la vita reale un set cinematografico
I recenti drammi di cronaca accaduti nel Napoletano, e non solo, tra cui l’assassinio del giovane musicista Giovanbattista Cutolo, lo stupro di Caivano e non ultimo quello avvenuto a Palermo, dovrebbero far pulsare le membra degli operatori del pubblico potere come un male lancinante che si prova a tutti i costi di estirpare.
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I delitti sono tutti atroci, lo sono perché esprimono distruzione, o meglio l’innaturale devastazione della vita umana per mano di un proprio simile. Non esistono delitti più o meno meritevoli di considerazione. Tutti sono uguali perché uguale è il valore di una vita rispetto a un’altra vita. Negli ultimi giorni purtroppo agli onori delle cronache né stanno balzando troppi e troppi seguono la stessa sceneggiatura; giovanissimi poco più che bambini che praticano feroce violenza contro propri simili.
Parliamo di ragazzini sbandati cresciuti in contesti dove vali qualcosa solo se sai fare del male; una gioventù che mitizza personaggi di programmi come Gomorra o Mare Fuori cercando di emularne stili e atteggiamenti mettendoli in pratica, come una sequenza cinematografica contro individui indifesi che nulla hanno fatto per scatenare tanta barbarie se non quello di condividere casualmente lo stesso ecosistema sociale, così come accaduto appena 6 mesi fa al povero Francesco Pio Maimone, il giovane pizzaiolo appena diciottenne, barbaramente ucciso da un altro giovane al quale avevano accidentalmente sporcato le candide scarpe bianche che indossava quella sera.
Parole vuote
Il rumore mediatico prodotto da tali atrocità è forte quanto l’innocenza delle proprie vittime, colpevoli solamente di credere che siamo tutti uguali; così è capitato pochi giorni fa al povero Giovanbattista Cutolo ucciso barbaramente dalla ceca azione di un altro essere; mi perdonerete se ho omesso l’appellativo «umano» oppure «suo simile» ma ritengo sia giusto così. Accade quindi che i valori fondanti della società civile che la nostra Costituzione dovrebbe trasmettere e tutelare troppo spesso restano parole vuote prive di significato.
Valori come Libertà, legalità, uguaglianza, ripudio della violenza Gianbattista li conosceva bene, al punto da credere che nel nostro paese fossero conosciuti universalmente; il povero Giogiò sì è trovato in un ecosistema alieno o per meglio dirla una realtà parallela dove valgono altri principi e diversi valori. Distruggere senza alcun motivo la vita altrui è un gesto che verrebbe condannato anche dal più feroce reo come oltraggio all’onore; farlo poi contro un indifeso che non conosce arma se non quella del confronto è codardia. Sì, perché non è «uomo» colui che impugna un arma! E’ semplicemente uno che usa un’ arma per sentirsi «uomo».
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