Cipess, Fondo Sviluppo e Coesione: assegnate le risorse settennio 2021-27

Al Sud la parte del leone (26 miliardi su 32,4). Quasi 7 alla Campania. Ma vittime della Lagarde, le banche chiudono i rubinetti alle imprese meridionali

Agosto agrodolce per il Sud e la Campania. Il Comitato per la programmazione della politica economica, ha finalmente suddiviso fra le regione italiane i 32,4 miliardi di euro delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione del settennio di programmazione 2021/2027. A fare la parte del leone nella suddivisione sono state le regione meridionali che tutte insieme hanno portato a casa l’81% delle risorse disponibili ovvero 26 miliardi di euro, contro il 19, in pratica 6,3 miliardi di quelle del centro-nord.

Alla nostra regione sono state assegnati 6,6 miliardi di risorse ovvero il 20% del totale. La cifra assegnata è comprensiva sia dell’anticipo che del saldo. E, per dirla con il sommo padre della lingua italiana, Dante Alighieri, «qui si parrà la nobilitate» – anzi, meglio, la capacità d’investimento – dei governatori delle regioni del Sud.

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A cominciare dallo Sceriffo che dovrà smettere di frignare ed accusare il governo e dimostrare coi fatti e soldi alla mano che è veramente capace di realizzare quanto promette. Un intervento, quella dell’assegnazione regionale dei fondi Sviluppo e Coesione, perché s’interseca con il Pnrr e offre una boccata d’ossigeno ai comuni che potranno portare a compimento i progetti, già avviati, per opere stradali, manutenzione e restauro di beni artistici e storici.

Ma vittime della Lagarde, la banche chiudono i rubinetti verso il Sud

A forza di alzare il livello del tasso di riferimento Bce, per combattere l’inflazione, la Lagarde ha frenato la crescita del Pil europeo e fermato quello italiano che dal +0,6 del primo trimestre dell’anno è crollato a -0,3 del secondo, il tendenziale resta fermo (+0,6%) e in termini di previsioni di fine anno (+0,8). Purtroppo, ci è toccato fare i conti oltre che con la stretta Bce, con la recessione tedesca e i rincari causati dalla guerra.

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Ma ha prodotto anche – stando alla Cgia – il crollo dei prestiti bancari alle imprese meridionali. Soprattutto a quelle con meno di 20 dipendenti. La situazione peggiore, però, si è registrata a Napoli dove la contrazione è stata di ben 329milioni di euro. Finora – visto che al momento i tassi passivi, grazie alla Lagarde, superano abbondantemente il 4% – le aziende hanno preferito autofinanziarsi, attingendo ai propri conti correnti che, quindi, stanno velocemente prosciugandosi.

L’escalation dei tassi di riferimento

E urge correre ai ripari, facendo capire alle banche italiane che le imprese meridionali hanno gli stessi diritti ad essere sostenute di quelle settentrionali e a madame Bce che – come ha giustamente fatto notare il prossimo Governatore della Banca d’Italia, Panetta che entrerà in carica a novembre – è ora di frenare l’escalation dei tassi di riferimento, onde evitare una recessione generale. Che in queste, condizioni farebbe male soprattutto alle imprese italiane ed, in particolare, a quelle del Sud. Anche approfittando del calo ormai costante dell’inflazione di cui, però, lei sembra non accorgersi.

Purtroppo, la paura di un ritorno alla repubblica di Weimar continua ad affollarle la mente. Ciò nonostante, la situazione è pesante ma non irreversibile. L’Italia, ha ancora forza, per continuare ad andare avanti. La borsa italiana da fine settembre è cresciuta del 40% e da quota 21mila punti ha oltrepassato quota 29mila. Lo spread (il differenziale fra Bund tedesco e Btp) da quasi 250 punti è sceso a 165. A conferma della rinnovata e consolidata fiducia dei mercati nei confronti del governo italiano. E le nostre banche hanno superato abbastanza agevolmente lo stress test della EBA e della BCE per la resistenza al cospetto di scenari contrari.

Cresce l’occupazione a tempo indeterminato, ritornano anche gli stagionali

E dulcis in fundo, il rapporto Istat sulla disoccupazione rileva che a giugno scorso è scesa al 7,4%, (il livello più basso dal 2009) appena un punto percentuale in più rispetto all’Eurozona (6,4%). Crescono, stipendi (2,7%) e occupazione rispetto a maggio (0,3) pari a 82mila unità. Di più da giugno 2022 a giugno 2023 l’occupazione è salita di 385 mila unità – per di più, in massima parte a tempo indeterminato – ed il tasso di occupazione è arrivato al 61,5%, mentre è calato dello 0,3% (43mila unità) il numero degli inattivi e sono ritornati anche i lavoratori stagionali. Diminuisce anche la disoccupazione giovanile calata al 21,3%.

Un Paese normale – soprattutto in un momento di difficoltà – farebbe leva su questi dati, per sostenere la fiducia dei cittadini, considerando che, questa, è uno dei fattori di crescita. Già, ma l’Italia, con un’opposizione «ossessionata» dall’«antifascismo» (vero, Bersani?) sarà mai tale?

Ormai a Landini il sindacato sta stretto: vuole la sinistra

Da una settimana non fa che protestare per la cancellazione del reddito di cittadinanza. Che, al momento dell’approvazione, l’attuale capogruppo del PD al Senato, Boccia definì «una sciocchezza»; Zingaretti «una pagliacciata» e Landini «un ibrido che non aiutava i poveri». Ma erano altri tempi. Nel frattempo, in nome del rdc, sono spariti 31 miliardi di euro, si sono consumate truffe per oltre 400 milioni con sussidi concessi a chi non ne avrebbe avuto diritto. Anche ospiti delle patrie galere e migranti ritornati al proprio paese. Gli ultimi 39 furbetti sono stati scovati qualche giorno fa a Ciampino mentre si preparavano a tornare a casa, con borse piene di 456mila euro. Conte, Schlein, Landini non se ne sono accorti.

L’inchiesta sull’Inps

Ma 20 procure italiane e la Corte dei Conti, invece, si. E per vederci chiaro, hanno aperto un’inchiesta sull’Inps presieduta da Tridico e sulla mancanza di controlli. La verità è che oggi, qualcosa è cambiato. Ci sono state le elezioni del settembre ‘22, vinte dal centrodestra, guidato da Meloni e FdI che, in campagna elettorale, avevano promesso di cancellare il reddito di cittadinanza. Lo hanno fatto. E i cacicchi di Elly hanno cambiato idea. Non perché si siano ricreduti sulla bontà della misura bensì perché hanno perso le elezioni e per fomentare la piazza, contro il governo, parlano di autunno caldo, di «governo in lotta contro i poveri». E a Napoli, sotto la sede regionale di Fdi un corteo – un centinaio di persone – ha minacciato «Meloni a testa in giù». Nel silenzio delle opposizioni.

Che lo facciano Conte & c. che della «mancetta» sono stati gli ideatori e i dem, che sperano di «risposare» i grillini e rimettere (ma con quali numeri?) le mani sul governo è comprensibile. Che, però, lo faccia Landini, il leader del maggior sindacato italiano – tra l’altro consapevole dei limiti del Rdc – che dovrebbe avere a cuore lavoro e salari, non l’elemosina di cittadinanza. Trasformando la precarietà da emergenza temporanea, in criticità in servizio permanente effettivo – no. Evidentemente, la leadership sindacale ormai gli sta stretta e vuole puntare a quella della sinistra, mettendo all’angolo gli altri due contendenti. «Come si cambia…per non morire», cantava la Mannoia.

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