Alla Meloni non serve il modello della destra di Vox

di Rino Nania

La premier sa bene che la Spagna non è la sua Italia

Non sono le elezioni a tracciare la via su cui orientarsi, atteso che queste rispondono più al ben fatto nel passato, anzichè all’auspicabile futuro. Né il modello Spagna fornisce soluzioni per il «buon governo», che deve affrontare nel merito le criticità presenti nel quotidiano italiano, sì da poter indicare vie risolutive.

Tuttavia il risultato elettorale di VOX lancia segnali precisi e qui indica gli errori di percezione da evitare e/o ripetere: 1) le divisioni all’interno del partito hanno reso Santiago Abascal più debole e lo hanno costretto, per divincolarsi da chi voleva al suo interno una politica solo gridata, a lanciare parole d’ordine estreme, che non lo hanno reso credibile in un sistema bipolare in cui il Partito Popular si è dimostrato ben radicato e con una presa elettorale di partito capace di includere. 2) Al contrario dei governi di sinistra italiani il PSOE in Spagna ha dato prova di una buona linea di governo capace di spendere i finanziamenti europei e di dare all’imprenditoria diffusa occasioni di crescita e sviluppo.

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3) Inoltre se le analisi si incentrano sul bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto allora si può dire che risultano essere del tutto parziali, giacchè non rispondono alle necessità di una nazione che abbisogna di sicurezze, abbandonando una volta per tutte le visioni liquide. Con la metafora sociologica, difatti, si perviene ad una interpretazione che vuole vedere il sistema come momento in cui racchiudere e sintetizzare politica, cultura e imprese, così da riscontrare l’esigenza di riferimenti certi e di percorsi che siano seguiti con passo fermo e riformatore.

Ciò che viene fuori dalla Spagna per la destra al governo in Italia è la certezza che gli estremismi non servono a riempire il bicchiere, ma permettono all’acqua solo di agitarsi, che può, quindi, disperdersi, o ritardare la possibilità di bere e dissetarsi.

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In questo caso il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto deve stare ben poggiato sul tavolo e consentire all’assetato di essere preso ed utilizzato per essere avvicinato alla bocca. Uscendo dalla metafora bisogna, una volta per tutte, dire una necessitata verità, quella che come dice Alberto Arbasino, deve riportarci a un «senso civico» concreto in cui dal «socialmente utile» bisogna espungere quella visione della piccola borghesia della cosiddetta «consacrazione deferente a salario garantito e reddito fisso … di lotta, vacanze, pensioni, governo, opposizione, sistema, casino, potere macello, regime e signora mia».

Arbasino, brillantemente, con queste descrizioni metteva in luce i tic e le idiosincrasie di una italietta che ancora non era Italia, quella che doveva aspirare ad essere una dignitosa nazione, in cui non ci può essere posto per l’intellettuale parassitario, ma esige una letteratura ed una politica che lascino fuori gli zombie e ci facciano capire verso quale direzione procedere per esaltare il «conio italico» quello che si distingue con il suo patrimonio umanistico capace, ancor oggi, di sfatare una contemporaneità post-moderna, ovverosia quella fatua e discosta frutto di un immaginario costruito sorrentinianamente con «La grande bellezza» ovvero capace solo di farci assimilare la malinconia dei «Vitelloni» felliniani.

Ebbene di fronte al vivido sarcasmo di una critica che la intende, sempre e comunque, sbugiardare da destra e da sinistra la Meloni non poteva né doveva, con le informative che le pervenivano dagli analisti del Ministero degli Esteri, assimilarsi a VOX. Tuttavia dal cattivo esito elettorale può trarre vantaggio, comprendendo che la Spagna non è la Francia e non è neanche, geopoliticamente) la Polonia.

Ma soprattutto non è la sua Italia, quella che cresce (secondo i dati statistici) all’insaputa di tutti e soprattutto quella che partendo da una leadership declinata al femminile sembra intraprendere, con accattivante dominio, un itinerario in cui unire una sorta di sprovincializzazione geopolitica con al centro il Mediterraneo e soprattutto legittimando dal basso una democrazia (con il consenso ricevuto), che deve essere sostenuta dalla comunità nazionale, la quale deve mantenersi sempre attenta all’Europa (come entità di solida appartenenza), agli equilibri multipolari ed alle relazioni internazionali efficaci e produttive. Questo nell’anno a venire, prima delle elezioni europee, può essere la bussola da cui trarre orientamenti giovevoli.

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