Governo, riforma del fisco: primo scalino Irpef più ampio, Iva zero per pane e biberon

di Antonella Di Martino

I primi dettagli della legge delega approvata in Cdm

Una nuova Irpef con un ampliamento del primo scaglione per includere i lavoratori dipendenti. Una rivisitazione dell’Iva con l’azzeramento per beni primari e prodotti per l’infanzia. Una potatura ‘intelligente’ delle detrazioni garantendo lo sconto d’imposta ai redditi più bassi. E sanzioni penali che restano solo per i casi gravi, non per la cosiddetta evasione di necessità.

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Dentro la cornice dalla delega, approvata dal consiglio dei ministri, prendono forma i primi dettagli della riforma con cui il governo vuole cambiare il volto del sistema tributario. Davanti ci sono 24 mesi per dare concretezza alle indicazioni contenute nella delega. Ma l’esecutivo ha già in mente alcuni obiettivi. Le indicazioni arrivano direttamente dalla premier Giorgia Meloni dal palco del congresso della Cgil.

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Nella riduzione delle aliquote Irpef, l’idea è di «ampliare sensibilmente lo scaglione di chi rientra nella prima aliquota, la più bassa» (quella al 23% fino a 15mila euro di reddito, ndr.). Questo «per ricomprendere al suo interno molti lavoratori dipendenti», spiega la premier, che nella lista degli obiettivi indica anche la volontà di rendere deducibili benefici come trasporto pubblico, istruzione e asilo nido e di elevare il tetto dei fringe benefit, ma anche rendere deducibili i contributi del lavoratore agli enti bilaterali. E poi, tassa piatta incrementale per i dipendenti, allineamento di dipendenti e pensionati nella no tax area sul livello più alto (che è quello dei pensionati, a 8.500 euro), riduzione graduale dell’Ires per le imprese.

Il primo passo sarà l’Irpef. Con l’obiettivo di arrivare ad un meccanismo flat entro fine legislatura, «la cosa che vorremmo fare già dal 2023 è andare ad un meccanismo a tre aliquote e si sta ragionando per vedere dove si può arrivare», spiega il viceministro dell’economia Maurizio Leo in forum al Sole 24 Ore, che fissa come obiettivo l’equità orizzontale: «tutti devono pagare allo stesso modo».

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Le tax expenditures

L’altro fronte d’azione sono le tax expenditures: una selva di oltre 600 tra deduzioni, detrazioni e crediti di imposta che il governo intende sottoporre ad un «dimagrimento generale». Si farà un «lavoro selettivo», una «potatura intelligente» per scartare le tante voci «anacronistiche» e lasciare in piedi quelle che «hanno ancora ragion d’essere». Saranno salvaguardate le detrazioni su interessi sui mutui, spese sanitarie e istruzione. Per quelle che si salveranno, comunque, l’idea è di «calibrarle sulle fasce di reddito, assicurandole ai più bassi».

Un’operazione da cui il governo conta di ricavare le risorse per finanziare in parte la riforma. La rivisitazione dell’Iva non toccherà l’aliquota al 4% ma quelle del 5 e 10%, spiega Leo, che pensa all’Iva zero per prodotti per l’infanzia e beni primari. Per le imprese verrà introdotta l’Iri, l’imposta sul reddito delle imprese, con un’aliquota flat se il reddito non viene distribuito, altrimenti scatta la tassazione progressiva come per le società di capitale.

L’Ires sarà abbassata («non sotto il 15%», puntualizza Leo), ma la riduzione va finalizzata all’occupazione o agli investimenti soprattutto innovativi. Una cosa che il governo intende fare subito è anche ridisegnare il rapporto accertativo, «lavorando ex ante anziché ex post», spiega Leo, che invece sul fronte delle sanzioni chiarisce: quelle penali restano solo nei «casi gravi», ma non per il contribuente che ha dichiarato tutto ma non ce l’ha fatta a pagare.

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