Ferrovia e Mezzogiorno: siamo stati i primi, siamo arrivati ultimi

Dire che il servizio offerto agli utenti del trasporto pubblico ferroviario lascia assolutamente a desiderare è soltanto un eufemismo

Il «gretinismo green» è diventato una vera e irrinunciabile ossessione per tutti. Ma che il rapporto «Pendolaria 2023», sul «trasporto ferroviario e la sfida della ripresa post covid» – per quanto elaborato da Legambiente – con tutti i ritardi infrastrutturali del sistema della mobilità in Italia, vista la situazione sia quasi costretto a partire da un laconico – anche se comprensibile – «Troppo lenta la transizione ecologica del trasporto su ferro», mi sembra quantomeno surreale. Ancora di più se si guarda al Mezzogiorno.

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Dove dire che il servizio offerto agli utenti lascia assolutamente a desiderare è quasi un eufemismo. Basta pensare che al di là di quanto vadano sostenendo dalla notte dei tempi, a sostegno del proprio operato, il presidente dell’Eav De Gregorio e il governatore De Luca.

Il disastro Circumvesuviana

I disagi e la situazione in cui si trovano a viaggiare decine di migliaia di pendolari in Campania, causa le condizioni in cui si ritrovano ad operare – in verità, anche da prima dell’arrivo a palazzo Santa Lucia di De Luca, ma decisamente peggiorate dopo – le linee ex Circumvesuviane oggi, Eav: 142 km, su 6 linee e 96 stazioni, che – collegando fra loro le cittadine vesuviane – avvolgono in un abbraccio ben poco amorevole, l’area del vulcano. Lungo la direttrice costiera verso Sorrento, ma anche sul versante interno alle pendici del Monte Somma, fino a Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese.

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Nel 2022 sono innumerevoli gli episodi che hanno creato disagio alla circolazione ed ai pendolari: il 12 dicembre passaggi a livello malfunzionanti, hanno portato all’interruzione del servizio tra Striano e Sarno; il 14 novembre si sono registrati ritardi e soppressioni su varie direttrici, fino ad un’interruzione prolungata del servizio tra Scafati e Poggiomarino; il 2 novembre, nella galleria di Pozzano, frazione di Castellammare di Stabia, il treno delle 7.12, partito da Sorrento, è stato protagonista di un pesante incidente con parte del tetto risultato scoperchiato.

In precedenza, il 7 ottobre, un altro incidente ferroviario è avvenuto nei pressi della stazione Pompei Santuario, con lo svio di un convoglio che fortunatamente non ha fatto registrare feriti tra i 30 passeggeri. Ancor prima, l’8 settembre, ci sono stati ennesimi forti disagi per gli utenti sulla Napoli-Sorrento e sulla Napoli-Poggiomarino a causa di problemi tecnici sulla tratta Torre del Greco-Leopardi, e la conseguente soppressione di alcune corse.

Rinunce e tagli

Tutte situazioni già vissute negli scorsi anni, con incidenti, ritardi e soppressioni che costringono i pendolari a giornate infinite e a rinunciare all’utilizzo del treno come mezzo quotidiano di trasporto perché inaffidabile. Su queste linee la situazione più drammatica riguarda il taglio al servizio che ha superato il 10% rispetto al 2010. Qualcosa in positivo si sta muovendo, con investimenti consistenti da parte della Regione Campania per il rinnovo del parco rotabile: 40 treni in costruzione e una gara in previsione per altri 40/50 treni nuovi. Purtroppo la consegna del primo treno è prevista non prima di settembre 2024.

Le altre realtà

Una realtà che fa dell’Eav, la linea peggiore d’Italia, seguita da quelle: Roma-Lido e Roma Nord-Viterbo; Catania-Caltagirone-Gerla; Milano-Mortara; Verona-Rovigo e Rovigo Chioggia; Genova-Acqui-Asti; Novara-Biella Santhia; Trento-Bassano del Grappa; Portomaggiore-Bologna e a chiudere sempre il Sud, con la Linea: Bari Bitritto.

A pesare soprattutto sul trasporto su ferro, con pesanti ripercussioni sul Sud Italia, sono i continui ritardi infrastrutturali, i treni poco frequenti, le linee a binario unico, la lentezza nella riattivazione delle linee ferroviarie interrotte, chiuse e dismesse, e poi le risorse economiche inadeguate. Dall’altra parte, il trasporto pendolare risente ancora degli effetti della pandemia: seppur cresciuto, il numero dei pendolari non raggiunge ancora i livelli del periodo pre-pandemico.

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È quanto denuncia Legambiente nel nuovo rapporto Pendolaria 2023, in cui fa il punto sul trasporto su ferro in Italia – indietro rispetto agli altri Paesi europei – con un’analisi sul presente e futuro di questo settore. A parlar chiaro i dati raccolti: dal 2018 al 2022 le inaugurazioni di nuovi binari in città sono state inadeguate: un chilometro e mezzo di media all’anno di nuove metropolitane.

Nel 2018 sono stati inaugurati 0,6 km, nel 2019 e 2020 neanche un tratto di nuove linee, nel 2021 1,7 km, mentre nel 2022 il dato sale a 5,3 km grazie all’apertura della prima tratta della M4 a Milano. Anche sulle nuove tranvie il dato medio dell’ultimo quinquennio è da dimenticare, ossia 2,1 km all’anno: 5,5 km inaugurati nel 2018, 5 km nel 2019, nessun chilometro aperto negli ultimi tre anni. Permangono gli squilibri nelle aree del Paese, e a pagarne lo scotto è soprattutto il Mezzogiorno, dove circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del Nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate.

I trasporti nel Sud Italia

Le corse dei treni regionali in Sicilia, ad esempio, sono ogni giorno 506 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola. Emblematico è che tra Napoli e Bari non esistano, ancora oggi, treni diretti o che esistano situazioni come quella della linea Palermo – Trapani, via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone – Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) e della tratta Corato – Andria in Puglia (ancora inattiva dopo 6 anni e mezzo dal tragico incidente del 12 luglio 2016 che causò 23 morti).

Senza dimenticare che Matera continua ad essere l’unico capoluogo di provincia italiano non raggiunto dalle Ferrovie dello Stato e questo nonostante che Matera – dopo Firenze (1986), Bologna (2000) Genova (nel 2004) – sia stata insignita, nel 2019, del titolo di Capitale europea della Cultura. E va anche sottolineato che non essendoci alcun collegamento diretto per coprire i poco meno di 70 chilometri che separano Potenza da Matera occorrono quasi 6 ore. Causa minimo cambi di treno, gestori e attese delle coincidenze. Meglio andarci a piedi. O no? Ovviamente, le corse disponibili sono appena 8. Presumibilmente sempre vuote.

Sul fronte investimenti, negli undici anni dal 2010 al 2020, sono stati fatti più investimenti sulle infrastrutture per il trasporto su gomma che su ferro. Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie.

Che tristezza a pensare che la prima tratta ferroviaria in Italia, fu quella Napoli – Portici, poi prolungata sino a Salerno, Caserta e Capua. Come a dire che mentre gli altri camminavano a piedi, il Sud poteva vantarsi di aver regalato all’Italia il treno. Ora, però, mentre gli altri corrono, noi ci trasciniamo a piedi.

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