Guerra, il ministro ucraino Kuleba: «Il tempo per un tavolo di pace non è arrivato»

di Redazione

«Non si può insistere sul concetto di fratellanza, non siamo fratelli»

La Santa Sede può avere un ruolo importante nella mediazione tra Ucraina e Russia ma «questo momento non è arrivato». Non ci sono dunque le condizioni, in una Ucraina ancora sotto le bombe, per aprire un tavolo di pace e in ogni caso chiunque voglia aiutare questo processo, compreso il Vaticano, «non può essere neutrale», non può mettere i due Stati sullo stesso piano.

Parla senza fare troppi giri di parole il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba accogliendo nel suo ufficio un gruppo di giornalisti internazionali al seguito di una missione organizzata dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede. E aggiunge: «Non si può insistere sul concetto di fratellanza, non siamo fratelli, questa è la storia di Caino e Abele». Ma le ultime parole del Papa, e soprattutto la sua commozione l’8 dicembre, «è arrivata dritta al cuore degli ucraini. Abbiamo visto quanto la sua reazione fosse sincera e profonda». «Ovviamente non vediamo l’ora che il Papa venga, speriamo in una visita del Papa».

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I rapporti tra Kiev e Santa Sede sono continui

Kuleba riferisce dell’ultimo incontro con mons. Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, una decina di giorni fa a margine della riunione dell’Osce a Lodz, in Polonia. I dossier sui quali è impegnata la Santa Sede sono diversi, dal grano ai prigionieri. Ma chiunque vuole aiutare l’Ucraina «non può essere neutrale». «Ricordiamo che la Russia è l’aggressore e l’Ucraina la vittima. Non possiamo essere messi sullo stesso piano, altrimenti si crea un messaggio sbagliato, come se entrambi fossero responsabili della guerra».

«Il 2 ottobre il Papa ha detto a Putin di fermare la guerra e a Zelensky di essere aperto a proposte», ha ricordato il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, ricordando lo speciale messaggio dell’Angelus di quella domenica. «Questo mettersi da entrambe le parti non è stato d’aiuto. Va bene richiamare Putin, ma se chiedi a Zelensky di essere aperto a proposte di pace, stai dicendo che Zelensky non è aperto alla pace e ha bisogno che qualcuno glielo dica. Questo non è vero. L’Ucraina vuole pace».

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Primo passo per la pace è, per il governo di Kiev, la fine degli attacchi e la restituzione di tutti i territori occupati. E a chi gli chiede se sia compresa la Crimea, Kuleba replica: «In ogni intervista sento sempre questa domanda come se la Crimea sia una cosa speciale. Per noi Sebastopoli è come Kerson, Yalta come il Donestk, se continuate a fare questa domanda – sottolinea con gentilezza ma anche con decisione – vuol dire che rischiate di dare una percezione diversa».

La futura trattativa di pace

Il governo di Kiev guarda con favore ad un possibile ruolo della Santa Sede in una futura trattativa di pace ma «la triste verità è che non è ancora arrivato il momento per la mediazione e la ragione è il presidente Putin. Se vuoi la pace, non mandi missili ogni settimana per distruggere le nostre infrastrutture, non continui a mandare militari per catturare le nostre città, non annetti territori che sono di altri. Se vuoi una soluzione pacifica non fai questo». «Arriverà il momento della mediazione e se la Santa Sede vorrà partecipare sarà benvenuta. Ma questo non è ancora il momento».

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