La pace è morta, riposi in pace. Lunga vita alla guerra

Davvero i leader occidentali stanno agendo in maniera razionale e nell’interesse dei popoli?

Un vecchio pregiudizio di stampo progressista, scientista, evoluzionista ed economicista, secondo il quale l’uomo sarebbe un essere razionale in grado di operare per sé le scelte migliori, trova sempre meno conferme nella vita reale e subisce quotidiane smentite plateali. La guerra in Ucraina ne fornisce una ulteriore dimostrazione.

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Davvero i leader occidentali stanno agendo in maniera razionale e nell’interesse dei popoli che rappresentano? Sembra proprio di no, soprattutto se si valutano gli effetti autolesionisti delle sei ondate di sanzioni contro la Russia, che stanno mandando in recessione le economie dei sanzionatori ed in particolare l’intero tessuto economico dell’Unione Europea.

Tuttavia c’è chi invoca ulteriori sanzioni. Perseverare nell’errore è ormai divenuta una specialità del cosiddetto mondo occidentale, che nonostante tutto ritiene ancora di essere il migliore dei mondi possibili. Su tale presupposto pensa di potere intervenire in ogni angolo della terra, anche militarmente, per imporre la propria visione del mondo, i propri “valori”.

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L’Unione Europea e la Nato costituiscono le istituzioni più alte e meglio riuscite dal punto di vista di chi, sotto l’ombrello USA, si è data la missione di civilizzare il resto dell’umanità, senza riguardo per le diverse culture le storie diverse e la stessa geografia.

Eppure, al di là delle nobili intenzioni proclamate con forti sbavature retoriche, l’istinto guerrafondaio di queste istituzioni, che hanno promosso guerre “umanitarie” per esportare la loro “democrazia” ai popoli rimasti ancora barbari, si potrebbe rintracciare scavando nella loro storia.

Altiero Spinelli e la guerra contro la Russia

Già nel 1948, Altiero Spinelli, uno dei padri della futura Unione Europea, non faceva mistero di auspicare una guerra contro la Russia: «Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono». A pensarci bene, il momento buono sembra essere arrivato, ma non lo si può dire pubblicamente neanche stavolta.

Prima di lui, un altro padre dell’Unione Europea, ne prefigurava la nascita convinto che «non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale» e auspicava che gli Stati Uniti divenissero «l’arsenale della democrazia», espressione molto gradita al presidente Roosevelt che ne fece largo uso.

I risultati sono arrivati e i sogni si sono avverati: i popoli hanno perso ogni potere decisionale a vantaggio di un organismo sovranazionale, la UE, e l’arsenale della democrazia, la Nato, è oggi una realtà al servizio degli interessi americani, sempre prevalenti su quelli nazionali.

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Ancora oggi, in una visione distorta e fuori dal tempo, la Russia, non più comunista, continua ad essere il nemico principale da abbattere. La Nato, dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, contravvenendo alle promesse ed agli impegni presi, ha voluto spingersi progressivamente sempre più ad est verso i confini della Russia, irritata ma troppo debole per reagire. Ma ogni corda, se tirata troppo, prima o poi si spezza.

E così, dopo i fatti di Maidan del 2014, autentico colpo di stato in funzione anti russa, è cominciata una guerra civile che è subito sfociata nell’annessione della Crimea alla Russia e nell’autoproclamazione di due repubbliche indipendenti nella regione del Donbass.

Gli accordi di Minsk

Una finta volontà di pace portò agli accordi di Minsk del 2014 e 2015, puntualmente e irresponsabilmente disattesi, a dispetto degli stati che se ne erano fatti garanti, la Francia e la Germania. Neppure il tentativo in extremis di Putin di coinvolgere direttamente Joe Biden, il vero responsabile della destabilizzazione dell’Ucraina, e per essa dell’intera Europa, ha sortito esito positivo.

Com’era prevedibile, il presidente degli Stati Uniti è rimato sordo all’appello. Evidentemente non si voleva cercare la pace ed anzi ci si stava preparando da tempo alla guerra.

Ciò emerge chiaramente dalle inequivocabili ed inquietanti dichiarazioni di Poroshenko, il primo presidente eletto dopo i fatti di Maidan: «gli accordi di Minsk non significavano niente per noi. Abbiamo solo guadagnato otto anni per rinforzare l’economia e l’esercito».

La controprova della malafede è rintracciabile anche nelle parole di Stoltenberg, segretario generale della Nato, che ha tranquillamente affermato che «l’alleanza si sta preparando per un confronto con la Russia dal 2014».

Ma il primato della chiarezza va attribuito al nuovo Capo di Stato Maggiore dell’esercito britannico, Sir Patrick Sanders: «Ora è imperativo forgiare un esercito in grado di combattere al fianco dei nostri alleati e sconfiggere la Russia in battaglia… Siamo la generazione che deve preparare l’esercito a combattere ancora una volta in Europa».

Ancora una volta sarà guerra mondiale, la terza nel volgere di poco più di un secolo? Sembra proprio di sì. Anche se vorremmo sperare che il detto popolare «non c’è due senza tre» venisse smentito. A questo punto verrebbe da dire che la pace è morta, lasciamola riposare in pace. Lunga vita alla guerra, ce lo chiedono l’Unione Europea, la Nato e la democrazia.

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

Setaro

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