Spesso l’opacità della Pubblica Amministrazione limita libertà e diritti della persona
Nella gestione delle funzioni istituzionali sempre più spesso accade che la pubblica amministrazione diviene un’entità opaca, per la quale il diritto di sindacare ed opinare anche alla luce dell’applicazione della legge sul procedimento amministrativo viene di frequente violato.
Il rapporto dei cittadini con le istituzioni pubbliche è oggi compromesso dopo un’accelerazione nobile di quella legislazione coniata per consentire a tutti di accedere alle notizie, alle informazioni ed alla necessaria conoscenza, affinché chiunque possa cogliere nuove opportunità per partecipare alla vita pubblica sotto il profilo economico, sociale, culturale.
Ebbene, ove lo stadio di qualità legislativa raggiunto va in cortocircuito, perché inopinatamente si vuole tornare indietro con le antiche opacità, ciò qualifica un evidente stato di crisi laddove si voglia, attraverso applicazioni parziali ed attraverso distorsioni significative, chiudere una partita al solo scopo di tornare al buio nei meandri delle regole misteriose di chi gestisce volutamente potere di nascosto.
Orbene l’attuale democrazia, dopo aver millantato per anni il perseguimento dell’obiettivo di rendere le logiche di palazzo del tutto trasparenti, vive oggi drammaticamente una dimensione malata se si considerano le diverse caratteristiche che contraddistinguono il quadro storico che si vive nei corpi intermedi ovvero: 1) uomini soli al comando; 2) strutture piramidali con poteri riconosciuti ed attribuiti a soggetti terzi (vedasi: Berlusconi, Grillo, Renzi, Calenda etc.); 3) tentativi di circoscrivere la discussione pubblica così da ostacolare la comprensione da parte dei cittadini delle dinamiche che portano alla realizzazione di obiettivi che rispondo a poteri di entità extraterritoriali e con interessi che non coincidono con gli interessi dei cittadini; 4) poteri di controllo assenti ovvero preda di soggetti, la cui eccessiva e pervasiva contiguità alle istituzioni pubbliche ed ai poteri politici determina un evidente autoreferenzialità ed un latente conflitto di interessi.
In tutto questo gioco grande ed al tempo stesso arbitrario e capriccioso viene meno l’indipendenza dei controllori, siano essi cittadini o autorità di vigilanza, sì da far venire meno per un verso la omogeneità di visioni imparziali e per altro verso una parità di trattamento.
Questo garbuglio vizioso trasforma il gioco in una velenosa dinamica per la quale io e i miei amici possiamo infrangere le regole di trasparenza e buon andamento come meglio crediamo e vogliamo perché il mio incedere è sacro ed inattaccabile, mentre tutto quello che provano a realizzare gli altri è quanto meno discutibile sia per le ragioni morali che per quelle che regolano le dinamiche di esecuzione. Di questo oscuro presagio si compone la conflittualità evidente tra istituzioni e corpi intermedi, che tende a mascherare tutto per renderlo, nella confusa rappresentazione dialettica, incomprensibile.
Così dallo svolgimento degli eventi che abbiamo sotto gli occhi si trae l’interpretazione di fatti intesi non solo come cause ma come segni premonitori di qualcosa di irriducibile a soluzione e di terribile ovvero di un gioco vertiginoso in cui c’è di mezzo la nostra sopravvivenza, sempre di totale appannaggio di poteri (come nella cd. dittatura sanitaria) in cui un latente «terrorismo» rende le contrapposizioni esiziali per un mondo che non vuole scegliere la strada della semplicità e del candore.
In ciò si scorge una prospettiva letale in cui comunità di hacker forniranno materia di aggiornate destabilizzazioni. Ancora una volta lo scontro si dipana all’insegna di una luce che vuole diradare l’oscurità, che mira ad una necessaria umana trasparenza che ha bisogno di rendere visibile a tutti il male oscuro dell’esercizio di potere che non può più significare accaparramento ma che deve tornare ad essere servizio, fonte di solidarietà e di partecipazione.
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