In Campania sempre più numerose le imprese in crisi e le ore di cassa integrazione

di Maria Rosaria Pugliese*

Urge andare oltre il Covid attivando misure ad hoc del PNRR integrate con i Fondi strutturali

Il 2022, fin dai suoi esordi, ha mostrato il vero volto della crisi industriale italiana: i tavoli aperti presso il Mise sono 69, con 55 tavoli attivi e 14 di monitoraggio per un totale di oltre ottantamila lavoratori coinvolti, come lo stesso coordinatore della Struttura per le crisi di impresa del preposto Ministero ha affermato sul fronte delle crisi aziendali.

Non sfugge che molte hanno origini lontane, attestando il fallimento delle azioni attivate, preso atto che continuano a rappresentare «ferite aperte» per il Paese e soprattutto per i lavoratori che devono accontentarsi dei palliativi momentanei. Per non parlare dei licenziamenti. L’impennata è diventata costante, superiore nei numeri anche alle previsioni più pessimistiche e, nello specifico, molte interessano la Campania.

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In Campania, in un panorama più generale, appena l’anno scorso la classifica della Cig ordinaria (Cigo), quella erogata dall’Inps a imprese industriali manifatturiere ed edili per situazioni di crisi o di stop transitorie e che per oltre il 97% è ormai anch’essa considerata Cassa Covid: da gennaio i dati dell’Osservatorio dell’Istituto di previdenza collocavano la Campania davanti a tutte le altre Regioni. I dati riportano come nel 2021 in due mesi il peso della Cigo è diventato abnorme, pari a 14 milioni di ore erogate, la quota maggiore rispetto a tutte le altre tipologie di Cassa concesse nello stesso periodo (2 milioni di Cig straordinaria, 10 milioni di Cig in deroga, 11di fondi solidarietà). A febbraio le 5,7 milioni di ore erano praticamente il doppio di quelle della Lombardia (2,8).

Dati allarmanti, legati al Covid ma non solo al Covid

Tanto ci sarebbe da dire su elementi diacronici e sincronici che hanno inciso sulla crisi, specie industriale. E anche quest’anno non si presenta diverso. Ma è nei momenti peggiori che è necessario puntare alla coesione e alla «buona spesa» attraverso una governance condivisa e costruttiva e chiare strategie industriali di accompagnamento alla riconversione di interi settori, come quello industriale. Il punto è che i risultati si potranno avere solo in un’ottica di sistema infrastrutturale complesso che coinvolga le realtà locali.

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Se negli anni scorsi la Giunta De Luca si è dotata di un provvedimento che ha definito le aree di crisi industriale complessa riconosciuto presso il Mise ed in parte finanziato, è sotto gli occhi che la crisi industriale e occupazionale è crescente, pertanto si è lontani dall’idea di concepire il Protocollo come una opportunità per la ripresa produttiva delle aziende e dei comparti più colpiti dalla crisi dell’ultimo decennio e per l’occupazione industriale nei relativi territori.

La vera attuale grande opportunità è da porre nel PNRR visto che, in tempi certi, puo’ rappresentare la spinta ad una modernizzazione dei processi produttivi, per accompagnare le imprese ad affrontare, ad esempio, la transizione digitale e quella green, anche attraverso la riqualificazione del capitale umano.

Ma non basta. Non basterebbero le risorse. È necessario prevedere in ogni programma nazionale locale azioni mirate alle crisi industriali da duplicare per tutto il Paese, specie per le aree interessate, così da garantire le risorse e soprattutto assicurare, a cascata, l’efficacia delle azioni.

I fondi strutturali europei e la transizione energetica

Tornando allo stesso esempio, si potrebbe sopperire con i fondi strutturali europei della programmazione comunitaria il costo della transizione energetica a carico delle imprese preso atto che, per quanto ingenti siano le risorse messe a disposizione dal PNRR, queste rappresentano solo il 6% del costo totale, mentre le imprese dovranno farsi carico del 94% degli investimenti necessari a sostenere queste transizioni

Non sfugge, ancora, che serve un sostegno agli investimenti, sia italiani che esteri, per evitare che in questo processo di trasformazione l’industria italiana rimanga ai margini. In ultimo, se da un lato risulta necessario alleggerire il cuneo fiscale a carico delle imprese, dall’altro si sta ponendo poca attenzione ai livelli salariali dei lavoratori, sui quali incide, specie in questi mesi, il rilevante rialzo del costo della vita. Un vortice in caduta da fermare assolutamente con finanziamenti immediati e questa volta non solo a favore delle aziende.

Se la Campania nel 2021 risultava tra le regioni europee con il tasso di rischio di povertà più alto nell’Unione Europea, appare evidente che si è di fronte ad uno scenario inquietante. È tempo di scelte coraggiose e di azioni da mettere in campo che lo siano ancora di più, rompendo gli schemi e finanziando con procedure molto snelle tutte quelle voci che incidono direttamente sulla vita dei lavoratori e delle famiglie.

*Maria Rosaria Pugliese
Segretario regionale UGL

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