Il 36% delle imprese italiane a rischio. Il Sud non sta peggio. Anzi…

di Mimmo Della Corte

Nel Mezzogiorno sono cresciute le aziende con rating positivo

Difficile crederci, eppure è la verità. Un’indagine svolta da Studio Temporary Manager, attraverso l’elaborazione e l’analisi dei bilanci 2020 depositati presso la Camera di Commercio, da oltre 69 mila aziende, il 36% delle imprese italiane, con fatturato tra i 5 e i 50 milioni, è a rischio. Certo la situazione migliore si registra, manco a dirlo, nel centro-nord dove il 64% delle aziende nel 2020 ha mostrato un rating positivo – evidenziando un calo rispetto al 2019 di un punto percentuale – mentre il 36% ha evidenzia una situazione negativa, in crescita dell’1% nei confronti del 2019.

Andamento inverso per il Mezzogiorno dove sono cresciute di 2 punti toccando quota 61% le aziende con rating positivo mentre erano il 59% nel 2019; sono, di contro diminuite quelle con rating negativo che nel 2019 rappresentavano il 41% del totale, mentre nel 2020 sono calate al 39%.

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E c’è anche da rilevare che se la media nazionale delle aziende con rating positivo è – stante l’indagine STM – del 64%, sempre stante alla stessa analisi la Campania – con il proprio 67% – supera questa media di ben 3 punti percentuali subito dopo Trentino Alto Adige e Veneto, precedendo Valle D’Aosta e Friuli Venezia Giulia con il 66%.

Ed è una regione meridionale ovvero la Puglia ad aver segnato la performance più positiva fra il 2019, quando le sue aziende in rating positivo erano il 58% , e il 2020, quando sono diventate ben il 63%, con una crescita del 5%. Buona prova anche della Sicilia, le cui «aziende sane» sono cresciute nel 2020 del 3%: 60 contro il 57 del 2019; di Basilicata e Calabria cresciute del 2%: dal 59 al 61% entrambe, Abruzzo e Molise: dal 58 al 60%. L’unica ad arretrare, purtroppo, è stata la Sardegna – per altro ultima nella classifica fra regioni – le cui «aziende sane» sono calate dal 59 del 2019 al 58% dell’anno scorso.

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Ebbene, cosa significa tutto questo? Forse che sono finiti i problemi del Sud?

Assolutamente, no! Anzi. Rappresenta, piuttosto la conferma che se le imprese meridionali fossero messe nelle condizioni di poter competere ad armi parti con le concorrenti delle altre aree del Paese e non dovessero quotidianamente confrontarsi con le tante diseconomie esterne alla propria imprese (criminalità organizzata e spicciola, infrastrutture – ferroviarie, autostrade, telefoniche, energetiche, ecc. – insufficienti, obsolete e per niente affidabili) la situazione del Mezzogiorno sarebbe certamente migliore.

Ed il Mezzogiorno non avrebbe alcun che da invidiare a chicchessia. Perché al Sud non mancano gli imprenditori capaci ed un sistema manifatturiero in grado di affermarsi sul mercato, solo che le imprese che lo compongono sono insufficienti rispetto alle esigenze.

Il che, mette ulteriormente in luce le responsabilità di una classe dirigente politica – quella che gira nelle sacre stanze del potere romano, ma anche al di sotto del Garigliano – che dell’Italia del tacco, ha sempre blaterato tanto, preoccupandosene, però, sempre molto poco. Speriamo che qualcuno di loro, leggendo il risultato dell’indagine Stm di cui sopra, si renda conto delle proprie colpe e provveda a modificare i suoi comportamenti e capisca che ad eleggerlo sono i cittadini del Sud ed è a loro – e non ai partiti che li hanno candidati – che debbono rendere conto delle proprie azioni.

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