Via libera del governo al PNRR, forse già in estate i primi soldi. E Figliuolo annuncia: a settembre 80 per cento di vaccinati

Via libera definitivo al PNRR. Dopo l’ok del Parlamento nelle giornate di lunedì e martedì, ieri è stata la volta del Consiglio dei ministri che ha approvato il Piano, una sorta di presa d’atto formale, ed oggi stesso sarà inviato a Bruxelles. La pratica dei 248 miliardi di euro, che dovranno arrivare in questi anni e cambiare, migliorare e riportare competitività del nostro Sistema Paese, si può dire virtualmente chiusa.

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Virtualmente perché adesso si apre la questione dell’arrivo dei fondi. In realtà come ha più volte ripetuto Mario Draghi, la volontà di consegnare il Piano entro il 30 aprile rispondeva alla necessità di avere il primo possibile le risorse. E così la prima tranche dovrebbe arrivare già in estate. Il timing prevede che la Commissione ha otto settimane per presentare al Consiglio i piani ricevuti per l’approvazione, e il Consiglio ha a sua volta 4 settimane per l’approvazione con maggioranza qualificata.

Soltanto a quel punto, entro 2-3 mesi dalla presentazione formale del piano nazionale, ci sarà una prima erogazione pari al 10 per cento dell’importo spettante al Paese, mentre le altre avranno cadenza semestrale con una verifica puntuale dell’implementazione dei progetti e delle riforme proposte.

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Sempre nel Consiglio dei ministri è stato anche approvato il decreto legge che individua i programmi e ripartisce le risorse del Piano nazionale per gli investimenti, integrando con risorse nazionali (30,62 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026) il PNRR. Un fondo che, come aveva annunciato nei giorni scorsi lo stesso Draghi, servirà per finanziare quei progetti che non rientreranno all’interno del Recovery Plan.

Chiusa la pratica europea per il presidente del Consiglio c’è quella delle vaccinazioni. Ieri il commissario all’emergenza, il generale Figliuolo ha dato la notizia che l’Italia sarebbe riuscita a raggiungere la soglia delle 500mila vaccinazioni al giorno. Un ritmo che ha portato il generale a prospettare che per giugno almeno il 60 per cento della popolazione italiana sarà vaccinata, arrivando per settembre all’80 per cento.

Insomma, verso fine anno potremmo ottenere l’immunità di gregge. Se così fosse Draghi potrebbe spuntare anche il secondo grande obiettivo sulla sua agenda di governo, dopo appunto quello di approvare il Recovery Plan. Tutto questo con il permesso delle varianti, in particolare quella indiana che oltre i due casi in Veneto deve registrare l’atterraggio ieri a Roma di un aereo dall’India con ben 21 contagiati.

Un episodio che la dice lunga sulla capacità di controllo dei nostri confini, visto che proprio due giorni fa il ministro Speranza aveva emanato un’ordinanza con la quale inibiva l’ingresso di cittadini dall’India, imponendo peraltro una quarantena per questi di 14 giorni.

Sul fronte politico il via libera al PNRR ha ridato nuovamente libertà di manovra ai partiti, che guardano con particolare attenzione l’avvicinarsi delle elezioni ammnistrative, anche se il dl Elezioni ha spostato il voto a dopo l’estate, fissandolo tra il 15 settembre ed il 15 ottobre.

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Comunque, sia a destra e sia a sinistra è tutto un agitarsi. Già detto delle fibrillazioni di questi ultimi giorni tra l’asse Lega-Forza Italia e Fratelli d’Italia, la giornata di ieri è servita più per calmare le tensioni. Giorgia Meloni, ospite di Tg2 Post, ha chiarito: «Noi stiamo insieme e i cittadini credo che ci vogliano al governo insieme. Io lavoro per questo scenario, spero che sia così anche per altri», spiegando inoltre che «trovo sbagliato che qualcuno nel Centrodestra veda la nostra opposizione come uno sgarbo, io non penso questo di chi sta al governo, scelta che ritengo legittima».

Dal canto suo Matteo Salvini continua a intestarsi il merito delle prime riaperture: «Qualche risultato lo stiamo ottenendo a suon di spintoni: il prossimo weekend vedrà 47 milioni di italiani liberi ed è il primo weekend, dopo Ferragosto, dove 3/4 di italiani, quelli in zona gialla, che avrebbero dovuto aspettare giugno o luglio, se fosse stato per qualche virologo o per Speranza fino a giugno non se ne parlava».

In realtà, la Lega deve guardarsi dal caso Durigon, scoppiato in seguito a un’inchiesta di Fanpage. La bufera parte da un video rubato di Fanpage, dove Claudio Durigon confida: «Il generale che fa le indagini lo abbiamo messo noi». Si tratta dell’ormai famosa inchiesta sui 49 milioni di fondi della Lega spariti, e la talpa che dovrebbe favorire i leghisti dovrebbe essere un dirigente della guardia di finanza. Tanto è bastato per innescare l’ennesima tensione tra il lato destro e quello sinistro della maggioranza, che a gran voce chiede il passo indietro di Durigon. Passo indietro che, chiaramente, è respinto a priori sia dal diretto interessato che da Matteo Salvini.

Caso Durigon a parte a sinistra sembra essere ad un passo la soluzione della crisi del M5S e dell’arrivo come leader di Giuseppe Conte. Ieri, l’ex premier prima in diretta streaming a “Le Agorà” organizzato da Goffredo Bettini e poi incontrando i capicommissione, ha assicurato che si è a un passo dalla ripartenza del progetto pentastellato. Quasi scontato il divorzio con Rousseau, che dovrebbe essere consensuale, Conte ha anche spiegato che il nuovo M5S guarderà al centrosinistra secondo un approccio popolare, ma attento al mondo dei lavoratori autonomi, delle Partite Iva, e delle piccole imprese.

Insomma, Conte ben consapevole di avere più anime nel Movimento cerca comunque di dare un taglio trasversale ai Cinquestelle, evitando di regalare voti ed elettori al centrodestra. Guardare a sinistra ma senza preclusioni al centro, questo sembra essere l’obiettivo di Conte. Comunque, l’appuntamento è rimandato di qualche giorno quando potrebbe esserci il tanto atteso annuncio della ‘discesa in campo’ e della rifondazione del Movimento.

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