Nel segno del giallo: quello della Super League ormai a un passo dal fallimento, e della zona che tornerà dal 26 aprile

di Dario Caselli

Giallo di cui si sta tingendo la storia della Super League a un passo dal fallimento; e giallo è il colore destinato a tornare tra meno di una settimana nell’Italia del Covid. Insomma, i due eventi che da 48 ore stanno dominando le cronache nazionali sono intimamente legati tra di loro per una questione…di colore. Appunto il giallo.

Per la Super league ormai si può parlare davvero di un vero e proprio giallo, visto che dopo l’enfasi con la quale nel cuore della notte 12 club di calcio, tra i più blasonati e ricchi della terra, avevano deciso di abbandonare l’Uefa e di organizzare un torneo chiuso e ad inviti, ora si respira l’aria del fallimento. Infatti, ad abbandonare il progetto in poco più di una giornata sono le quattro squadre inglesi, le due di Manchester insieme al Tottenham e al Chelsea.

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Un dietrofront che ha spiazzato gli altri club e frutto della grandissima pressione che tifosi, ma anche gli stessi giocatori, hanno fatto sulle rispettive dirigenze. Senza escludere lo stesso governo britannico che con il primo ministro Johnson aveva subito criticato il progetto. Anche se i media spagnoli maliziosamente riportano la notizia che dietro il gran rifiuto inglese ci sarebbe un’offerta «notevole di denaro» fatta dall’Uefa ai sei club d’Oltremanica.

Comunque sia, se fosse confermato il dietrofront il progetto sarebbe davvero a un punto morto, perché senza inglesi, francesi e tedeschi e soltanto con italiani (con l’Inter che ha fatto trapelare l’intenzione di lascare il progetto) e spagnoli è evidente che la Super League ha ben poco futuro, anche se con un comunicato gli organizzatori insistono in una nota: «La Super League Europea è convinta che l’attuale status quo del calcio europeo debba cambiare. Proponiamo una nuova competizione europea perché il sistema esistente non funziona».

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«Nonostante l’annunciata uscita dei club inglesi – affermano – , costretti a prendere tali decisioni a causa della pressione esercitata su di loro». «Date le circostanze attuali, riconsidereremo i passaggi più appropriati per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi di offrire ai tifosi la migliore esperienza possibile, migliorando i pagamenti di solidarietà per l’intera comunità calcistica» concludono nella nota.

Un finale che nessuno poteva prevedere, che allo stesso tempo evidenzia come l’intera vicenda sia nata su presupposti molti fragili, ma soprattutto che gli stessi ideatori non avessero messo in conto le reazioni che la loro proposta avrebbe suscitato.

Ora sarà interessante vedere cosa faranno le restanti sei squadre e anche quale sarà l’atteggiamento dei massimi organi sportivi. Sarebbe però oltremodo grave, se non miope, se tutto si chiudesse come se non fosse successo nulla, derubricando l’intera vicenda a un colpo di testa. È evidente che l’intero sistema Calcio è in crisi, una crisi che viene da lontano e che il Covid ha semplicemente accelerato. I campionati nazionali quanto le stesse competizioni continentali per club hanno perso appeal, mentre i costi di gestioni sono sempre più crescenti a partire proprio dai giocatori i cui cartellini, comprensivi di parcelle dei procuratori, hanno raggiunto cifre esponenziali.

Una situazione che dovrebbe indurre molti a fermare tutto, e se non a ripartire da zero almeno ad avviare una seria riflessione verso una riforma che in primo luogo ridia credibilità all’intero sistema Calcio. Insomma, se davvero il messaggio rilanciato in queste ore è meno business e più sport sarebbe opportuno che lo fosse veramente, a partire proprio dall’Uefa e dalla Fifa che pure loro hanno smarrito questa via. L’esempio più evidente sono i mondiali in Qatar dove a trionfare non sono stati certamente i valori dello sport ma piuttosto quelli della convenienza e dei petroldollari.

Ecco perché sarebbe auspicabile che il fallimento della Super League fosse l’occasione per il Sistema calcio di guardarsi allo specchio e vedere finalmente quello che non va e intervenire di conseguenza.

Dal giallo della Super League ad un altro, quello delle zone che torneranno a colorare l’Italia dal 26 aprile. Non più, quindi, solo l’arancione e il rosso ma anche il giallo, il che significa maggiori libertà e minori divieti. Oggi si terrà il Consiglio dei ministri per varare il decreto legge con le nuove misure. Il preconsiglio di ieri ha confermato quanto già il premier Draghi aveva preannunciato.

Ci sarà comunque qualche piccola novità nella bozza del dl. Ad esempio riguardo i centri commerciali che finalmente riapriranno nel week end. Oppure il certificato verde, o anche green pass, con il quale sarà possibile spostarsi da una Regione a un’altra. Tre le ipotesi legate a questo pass: l’aver avuto il Covid, l’essere stato vaccinato o aver effettuato un tampone con risultato negativo. Nei primi due casi il pass avrà validità di sei mesi, nel secondo caso di 48 ore. Sarà cura della struttura sanitaria che ha effettuato il vaccino o il tampone, oppure del soggetto che ha certificato l’avvenuta guarigione rilasciare su richiesta l’attestazione.

È probabilmente questa una delle novità più significative che porterà con sé il nuovo decreto. Nessuna novità, almeno per il momento riguardo il coprifuoco che rimane fissato alle 22. Ma come è immaginabile adesso sarà questa la nuova frontiera lungo la quale si giocherà la guerra di posizione tra rigoristi e non.

Matteo Salvini ha già dichiarato che: «dopo essere riuscita ad ottenere le riaperture di tutte le attività all’aperto dal 26 aprile, il ritorno alla vita nelle Regioni (gialle e bianche) con situazione sotto controllo e la possibilità di spostarsi fra Regioni, la Lega proporrà in Consiglio dei Ministri e in Parlamento, in accordo con Sindaci, Governatori e associazioni, la riapertura dai primi di maggio anche delle attività al chiuso e l’estensione almeno fino alle 23 della possibilità di uscire».

Intanto, però alla Camera dei deputati un emendamento di Fratelli d’Italia che chiedeva appunto lo spostamento del coprifuoco alla mezzanotte, con parere negativo del governo, è stato bocciato. E sull’ipotesi di arrivare alle 23 Giorgia Meloni ha spiegato che si tratta di «un misero contentino. Bisogna togliere immediatamente questa liberticida e inutile misura e consentire alle attività tutte di riprendere a lavorare».

Ma se Fratelli d’Italia piange alla Camera sorride al Senato visto che la sua mozione di sfiducia verso il ministro Speranza ha trovato le 32 firme necessarie, per la verità ne ha raccolte 33, ed è stata depositata. Ora, ha spiegato il capogruppo Luca Ciriani «ci attendiamo che la capigruppo del Senato quanto prima la calendarizzi».

Per la verità non è l’unica mozione di sfiducia, perché insieme a questa sono state depositate anche quella di Gianluigi Paragone e degli ex M5S di Mattia Crucioli. Ora l’attenzione si sposta su quando arriverà in Aula, anche se non dovrebbero esserci grandi sorprese visto che Forza Italia già si è sfilata, mentre la Lega è ancora a metà del guado. Servirà piuttosto per misurare la febbre e la competizione interna al centrodestra tra FdI e leghisti.

Ma a parte questo, come detto la maggioranza non dovrebbe correre grandi rischi. Insomma, almeno in questo caso non sarà necessario ricorrere al colore giallo…

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