Tlc, Giorgia Meloni scrive al premier Draghi: «Il Governo blocchi la cessione della quota Enel in Open Fiber»

«Il dossier finisca nelle mani del presidente Draghi», è quanto auspica nella lettera al premier il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e inviata per conoscenza anche ai ministri Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao. Meloni chiede anche di dissuadere CDP dal dare pareri favorevoli alla cessione, auspicando un ritorno in Parlamento dell’intera questione.

Pubblichiamo il testo integrale della lettera

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Caro Presidente Draghi, il dibattito sulla rete unica, promosso da TIM e sostenuto dal precedente governo, con modalità che hanno suscitato forti critiche, sembra ormai giunto ad un punto finale. Ne prendiamo atto e riconosciamo il mutato interesse sul tema grazie alla maggior cautela adottata dal governo da Ella presieduto. Purtroppo le conseguenze delle iniziative del precedente governo hanno già generato danni rilevanti al settore, danni che stanno proseguendo per inerzia, senza che alcuno intervenga.

Come è noto, a seguito delle pressioni esercitate dal precedente governo su Enel, ampiamente riportati dai media nazionali, l’azienda elettrica a controllo pubblico è stata di fatto costretta a porre in vendita la propria quota detenuta in Open Fiber al fondo australiano Macquarie Group.

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L’altra quota del rimanente 50% è in capo a Cassa Depositi e Prestiti, che ha già rinunciato nelle scorse settimane a esercitare la prelazione di acquisto della quota posta in vendita da Enel e che oggi deve anche esprimere il proprio gradimento sulla cessione della quota Enel in Open Fiber a Macquarie Group.

L’intera vicenda è nata ovviamente male, in un contesto a mio parere viziato da improprie ingerenze politiche nelle dinamiche di concorrenza tra imprese, cosa che i mercati internazionali non hanno gradito, ma ora occorre fare definitivamente luce e chiarezza sulla vicenda.

Il gruppo Enel, un’eccellenza mondiale nel suo settore, ha presentato recentemente un Piano decennale che vedrà il gruppo impegnato su una strategia internazionale centrata sulla convergenza tra i settori dell’energia, delle telecomunicazioni e dell’automotive.

Se Enel dovesse essere obbligata a completare il processo di cessione oggi in atto della propria quota in Open Fiber, si troverà paradossalmente nella condizione di dover investire cospicuamente all’estero in settori nei quali gli è stato impedito di investire in Italia. Una condizione inaccettabile, se si considera che l’uscita di Enel da Open Fiber priverebbe l’Italia di una presenza pubblica importante nel settore infrastrutturale delle comunicazioni elettroniche, con modalità e risultati del tutto estranei a quasi tutti gli altri Paesi europei.

Per le ragioni appena esposte, ci permettiamo di sottoporle due aspetti delicati. Quanto al primo aspetto, ci chiediamo se non sia più appropriato che i vertici di Cassa Depositi e Prestiti evitino di assumere, oggi, una decisione di gradimento su un argomento di così grande rilievo come la cessione a Macquarie Group della quota Enel in Open Fiber. Sarebbe certamente più appropriato lasciare ogni eventuale decisione al nuovo CdA che scaturirà dal rinnovo ormai prossimo delle cariche. E a questo proposito le esprimo la nostra ferma contrarietà ad una eventuale decisione di gradimento da parte di Cassa Depositi e Prestiti.

Quanto al secondo aspetto, riteniamo che su un tema così rilevante debba essere  investito il Parlamento, perché possa discutere quanto accaduto in questi mesi e perché sul dossier insistono aspetti di grande rilevanza: la difesa dell’interesse nazionale, il valore economico e finanziario di una società come Open Fiber (al momento ancora pubblica e italiana), oggi stimato fino a 8 miliardi e destinato ad una crescita esponenziale, infine la scelta di operare sul mercato con un modello del tipo “wholesale-only”, introdotto dalla UE, che esalta la dinamica competitiva tra gli operatori di telecomunicazioni con l’obiettivo di generare servizi di migliore qualità e a prezzi più bassi per i consumatori.

Le chiediamo pertanto, Presidente Draghi, di seguire personalmente questo dossier e di valutare il senso della nostra posizione. Nonostante il nostro ruolo di opposizione parlamentare, non abbiamo alcuna difficoltà a cooperare con il governo e con le altre forze politiche di maggioranza su un tema così delicato che investe l’interesse nazionale e chiama in causa, a un tempo, le responsabilità di noi tutti. E siamo pronti a farlo senza nessun pregiudizio.

Così come non abbiamo avuto alcun pregiudizio nel riconoscere i meriti dell’Europa nella scelta di un modello di sviluppo delle infrastrutture e dei mercati digitali che riflettono l’esigenza di quella sovranità digitale ripetutamente evocata dalla stessa presidente della UE, Ursula von der Leyen.

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