Le varianti fanno paura, il governo pronto a una nuova stretta

Da un lato il governo, dall’altro il Pd, entrambi uniti da una settimana difficile e posti dinanzi a scelte importanti. Si preannuncia così la settimana che sta per iniziare, scarsa sul piano dell’attività parlamentare, ma ricchissima su quello politico e, purtroppo da un anno a questa parte, sul fronte della lotta alla pandemia.

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Prima di tutto, questa sarà la settimana del triste anniversario del lockdown. Esattamente domani, il 9 marzo, sarà un anno dal lockdown generale che l’ex premier Giuseppe Conte decise per frenare quella che allora, ma purtroppo anche adesso, sembra un’epidemia inarrestabile. Un provvedimento per raffreddare i dati del contagio e, come disse lui stesso, per ripartire prima e meglio.

Ad un anno di distanza la situazione sembra essere di nuovo critica, colpa della lentezza della campagna vaccinale ma soprattutto della diffusione delle varianti che, anche se non più mortali, stanno intasando le terapie intensive che sono da sempre l’indice della gravità del contagio.

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Lo ha ammesso ieri a Mezz’Ora in più lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza: «Questo è un mese complicato, c’è la novità delle varianti che hanno introdotto una fase di accelerazione dell’epidemia». E continuando: «Quello che mi aspetto è che l’impatto della variante possa far crescere la curva, quindi mi aspetto che altre regioni vadano verso il rosso con ordinanze di natura restrittiva. Le misure dobbiamo adeguarle all’andamento della curva epidemiologica e valuteremo di giorno in giorno l’andamento della curva».

Un quadro complicato al quale il governo sta cercando di rispondere sia attraverso un aumento della vaccinazione (il vaccino Astrazeneca sarà iniettato anche agli over 65) e sia, come detto dallo stesso Speranza, modulando le misure. Infatti, il governo è pronto già a rimettere mano al Dpcm e a fare cambiamenti. Per ora si esclude l’ipotesi di un lockdown nazionale, ma senza dubbio è possibile che sui vari territori ci sarà una stretta che potrebbe portare a un deciso aumento delle zone rosse.

Questa mattina è previsto un incontro tra il governo e i tecnici del Cts proprio valutare i dati degli ultimi giorni e considerare l’adeguatezza delle misure. Un’ipotesi alla quale si starebbe lavorando è quella di accogliere il parere del Comitato tecnico scientifico di estendere il parametro di 250 casi su 100 mila abitanti per sette giorni consecutivi per il passaggio diretto in zona rossa. Questo porterebbe più facilmente i territori a entrare nella zona rossa. Ma se ne parlerà oggi nella riunione, anche se la sensazione è che la situazione sia talmente seria che un cambiamento delle misure, adeguandole all’emergenza, non può più attendere.

E’ evidente che una stretta porterà anche effetti sul piano economico, imponendo al governo di aumentare gli aiuti e i sostegni alle categorie colpite. E questo porta all’altra grande tema per il governo di questa settimana e cioè il dl Sostegni. Le ipotesi raccontano che il CdM per il varo del provvedimento dovrebbe essere giovedì, ma si tratta ancora di voci.

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L’unica certezza al momento è la cifra di partenza, i 32 miliardi di scostamento di bilancio autorizzato dal Parlamento sul finire dello scorso anno e finora bloccato dalla crisi del governo Conte bis. Queste risorse, che per la verità potrebbe aumentare, serviranno per il rifinanziamento della Cig e per il blocco dei licenziamenti probabilmente fino a fine giugno. Ma saranno utilizzati anche per rifinanziare sia il reddito di cittadinanza (1miliardo) e sia il reddito di emergenza.

Altra questione l’arco temporale per il calcolo delle perdite delle aziende da ripianare. Sulla base delle richieste di tutti i partiti, e soprattutto della Lega che ha la guida del Mise, alla fine gli indennizzi alle aziende andate in rosso a causa del Covid dovrebbero essere calcolati sulla base della differenza di fatturato tra il 2020 e il 2019, anno su anno dunque e non su base mensile.

Più complicata la questione delle cartelle esattoriali. Un’ipotesi che circola è quella di un decreto ad hoc, separato dal Sostegni, ma al momento non ci sono certezze e soprattutto sulle misure che dovrebbe contenere. Comunque, entro la fine di questa settimana il provvedimento dovrebbe vedere la luce, anche se le continue chiusure costringono a rivedere continuamente il dl.

Fin qui il governo. Sul fronte politico settimana di passione per il Pd che, ormai senza un segretario dopo le dimissioni di Zingaretti, venerdì e sabato riunirà l’Assemblea nazionale. Tutto potrebbe accadere anche il ritiro delle dimissioni del presidente della Regione Lazio, ma perché ciò accada dovrebbe giungere una richiesta da tutta l’Assemblea. In realtà i numeri ci sarebbero anche ma molto dipenderà d quello che deciderà l’area che fa capo a Franceschini.

L’ipotesi più accreditata, però, è che si vada alla nomina di un reggente che porti il partito al Congresso anticipato. Tra i nomi che circolano quello dell’ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, vicina proprio al ministro Franceschini. Al di là dei nomi rimane comunque il problema di fondo e cioè il futuro del Pd che sembra sempre più confuso a causa di un correntismo diventato ormai esasperato.

Una lotta interna che non può non preoccupare anche chi teme per la vita del governo stesso. Non sfugge a molti, infatti, che oltre al Pd anche il M5S sta attraversando una fase di acuta crisi e che il collasso di quest’area potrebbe investire lo stesso Esecutivo di Draghi. O, ed è questo quello che temono in molti, uno spostamento del baricentro del governo dal centrosinistra al centrodestra. Un’eventualità che nessuno aveva messo in conto all’inizio dell’avventura di Mario Draghi. E forse nemmeno Matteo Renzi, vero deus ex machina di questo governo.

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