Super Sud, un tuffo nella storia: la gelosia fra intellettuali impedì la nascita di testate di spessore

La verità è che, anche in conseguenza delle continue polemiche, dei contrasti e delle inimicizie fra i gruppi intellettuali e, talvolta, anche fra i singoli esponenti di questi, la realtà quotidiana della cultura partenopea si era trasformata in una continua guerra di tutti contro tutti, impedendo consequenzialmente la nascita di gruppi di consistenza e sostanza tali da far nascere testate di un certo spessore il cui numero finiva con l’essere inevitabilmente limitato.

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Tant’è che lo storico, letterato ed esperto di numismatica, Ireneo Affo, il 5 maggio del 1782 in una lettera inviata al collega Francesco Daniele faceva notare «comecché in cotesta gran metropoli, molti siano i letterati, pur questi non formano società e vivendo tutti, per così dire, isolati, difficile è farne la conoscenza».

E ciò malgrado i massimi esponenti della cultura meridionale dell’epoca amassero pubblicare i loro scritti sui giornali locali, ma anche su fogli di altre parti d’Italia di cui erano lettori e collaboratori. Tutto questo limitava sovente la loro produzione di opere letterarie che pure erano, spesso, oggetto di importanti recensioni da parte dei giornali.

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E se Matteo Egizi era il braccio destro e principale collaboratore di Apostolo Zeno per il “Giornale dei Letterati d’Italia”, e se nel 1755 il tipografo Giuseppe Raimondi, aveva dato vita ad un giornale dal nome lunghissimo e quasi indecifrabile (“Scelta de’ migliori opuscoli tanto di quelli che vanno volanti, quanto di quelli che inseriti trovansi negli atti delle principali accademie d’Europa concernenti le scienze e le arti”), giornale però di chiaro stampo culturale, impostato inoltre sulla fortunata esperienza della raccolta del Calogerà ma che non riuscì ad andare oltre il primo numero, anche le gazzette napoletane presero ad ospitare notizie sui libri che venivano stampati: e ciò sulla scia de “La Gazzetta Napolitana” che nel 1741 aveva aperto le sue colonne ad una rubrica “Novelle letterarie” di chiara impronta culturale.

1769: Nasce “Il Giornale Letterario” e nel 1783 “Scelta miscellanea”

Era il 1769 quando sulla porta della bottega del libraio Giuseppe Mara Boezio apparve il fiocco azzurro che annunciava la nascita de “Il Giornale Letterario”. Ma si trattava, in realtà, solo della ristampa del “Giornale” pubblicato a Coira da Carlo Antonio Pilati a cui venivano aggiunte notizie di libri napoletani. Tant’è che la chiusura di quest’ultimo, segnò la fine anche di quello napoletano.

Intanto il canonico Giovanni de Silva dei marchesi della Banditella, una famiglia spagnola emigrata a Napoli, aveva dato vita ad un “Foglietto di notizie domestiche”, diretto da Pietro Ortolani. E fu proprio l’abate Giovanni de Silva della Banditella che, dal gennaio del 1783, diede vita al primo, vero giornale letterario di Napoli “Scelta miscellanea”, pubblicato a fascicoli mensili: esso, stando al Cortese, rappresentava una sorta di organo ufficiale del salotto di Antonio Di Gennaro, duca di Belforte.

Un salotto importante, frequentato da personaggi di rilievo, sia dal punto di vista politico che letterario. Fra essi Francesco Mario Pagano, Pietro Onofri, Carlo Vespasiano, Antonio Genovesi i cui scritti e riflessioni trovavano spazio nelle pagine della rivista stessa che poi pubblicava anche notizie sull’attività letteraria di G.B Vico, inoltre ospitava carmi e poesie di autori napoletani, infine accoglieva saggi storici del Genovesi e “riflessioni sull’indole del bel sesso”. La rivista cessò nel 1785 e de Silva proseguì la propria opera presso la redazione del “Corriere d’Europa”.

La “Scelta”, come si può rilevare facilmente e senza ombra di dubbio dai tre numeri del 1783, conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, e come si capisce dalla lettura di alcuni inediti di G.B. Vico, pubblicati a cura del Daniele e del Pagano, aveva quale principale punto di riferimento la tradizione vichiana, intento che sarebbe apparso ancora più evidente nel numero del settembre ottobre 1784: in esso la “Scelta”, facendo proprie – in totale dissenso con i philosophes – la traduzione del Moscerino, di Francesco Zacchiroli e la pubblicazione delle “Ricerche sulla decadenza del buon gusto nella letteratura”, dimostrò chiaramente la propria volontà di riscoprire una cultura nazionale originale, liberata dai legacci del modello francese allora in voga, ma anche di difendere la civiltà italiana dalle trasformazioni dei viaggiatori stranieri e di elogiare la tradizione letteraria di Francesco Petrarca contro i francesismi.

Un inedito del Genovesi “Sui fondamenti della società civile o sulle leggi dei corpi civili” introduceva al primo numero dell’anno successivo: in esso insieme ad argomenti di moda, compariva un “Estratto del nuovo codice delle costituzioni de’ tredici Stati Uniti dell’America settentrionale” (che continuò nel secondo e si concluse con l’uscita del terzo).

Nel terzo numero, oltre a notizie letterarie, trovò posto una discussione sulla polemica fra Giuseppe Grippa e Gaetano Filangieri in relazione all’intervento del principe di Strongoli, Salvatore Pignatelli, sulla “Scienza della Legislazione”, a proposito della quale i redattori si schierarono dalla parte del Grippa e Pignatelli il quale, secondo loro, era stato così bravo che il Filangieri avrebbe dovuto tenere conto dei suoi suggerimenti nel prosieguo della sua opera.

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L’avvocato Giuseppe Vairo Rosa e il “Giornale Enciclopedico di Napoli”, primo giornale generalista

Poi venne il “Giornale Enciclopedico di Napoli”, coordinato dall’avvocato da Giuseppe Vairo Rosa, sopraintendente delle Regie scuole di Salerno. A periodicità mensile, trasformatosi poi in settimanale ad una novantina di pagine, la testata rappresentava, in pratica, una sorta di continuità ideale con la “Scelta” dal momento che poteva contare sulla collaborazione di eminenti rappresentanti della cultura napoletana come Carlo Vespasiano, l’abate Frugoni, Giovanni Cassitto, Giovan Battista Scalfati i quali in precedenza erano stati fra i più solerti ed importanti collaboratori della “Scelta”.

Per la prima volta sulle pagine del “Giornale Enciclopedico2 trovarono spazio anche riproduzioni di dipinti, fra cui un ritratto del re ad opera del Bonito e pitture di Fedele Fischetti. Fu la prima esperienza di giornale generalista. Sulle sue pagine, infatti, era possibile trovare notizie di ogni genere: politica, cultura, cronaca, avvenimenti, scoperte.

Esso dedicava una notevole quantità di pagine ad argomenti di carattere agricolo, soprattutto sulle questioni del rinnovamento: la coltivazione del tabacco a Logge (n.1), la conservazione dei cocomeri in inverno (n. 2), la coltivazione dei gelsi in Terra di Lavoro (n.3), e anche (nel quarto numero) un “Piano di economia riguardante la città di Nocera così in rapporto del suo terreno, che in riguardo al suo popolo”, elaborato da Giambattista Scalfati.

Non mancavano, però, i temi di carattere politico come una recensione sui “Saggi politici” del Pagano o un’altra su un opuscolo di Roccantonio Caracciolo a sostegno dell’esigenza di sopprimere il dazio sulle seti e di scegliere il libero commercio, o ancora una recensione sul libro di Domenico Cantalupo, intitolato “Annona o piano economico di pubblica sussistenza”.

Nei numeri di dicembre 1785 e di gennaio 1786 Scalfati pubblica i risultati delle proprie “Ricerche intorno all’economia politica delle arti del Regno di Napoli”, dimostrando come esse avrebbero potuto diventare un notevole motore di sviluppo per un Paese ricco di potenzialità, quali la posizione nel Mediterraneo, la bilancia dei pagamenti in attivo e la costante crescita demografica.

Sarebbe bastato, secondo lo Scalfati, dare impulso allo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria. Il suggerimento fu accolto in pieno ed il progresso civile del Regno dimostrò quanta approssimazione ci fosse nelle teorie di Montesquieu per il quale la virtù era patrimonio soltanto delle Repubbliche. Un giornale, insomma, che, per quanto vicino al liberalismo, non disdegnava di sostenere le scelte, come dimostra la richiesta di sostegno all’industria, del Governo borbonico.

Intanto, mentre i primi rumori dell’imminente rivoluzione cominciavano a farsi sentire, l’editore Giuseppe Campo, già conosciuto come stampatore ai tempi delle “gazzette”, dava vita al “Giornale enciclopedico d’Italia o sia memorie scientifiche e letterarie raccolte da’ giornali di Bologna, Vicenza, Due Ponti, etc.”. A cadenza quindicinale era stato affidato alle mani esperte dell’abate capitolino Scarpelli.

Come del resto annunciato sin dalla testata, non si presentava particolarmente originale nei contenuti, dal momento che i suoi articoli erano praticamente la sintesi di quelli già apparsi su altre riviste ma ciò nonostante si rivelò una lettura interessante, proprio per l’importanza dei punti di riferimento (“di più sicura riputazione” come scriveva lo Scarpelli nella sua nota di presentazione): l’Enciclopedico di Bologna e quello di Vicenza cui successivamente si aggiunsero il “Journal encyclopédique” ed altri periodici europei.

Dopo averlo trasformato in settimanale, gli editori sottolinearono di aver acquistato i diritti di riduzione di altri giornali, fra cui, per gli articoli religiosi, il “Giornale ecclesistico di Roma”, poi il “Corriere letterario” e gli “Atti della società patriottica”, entrambi di Milano, le “Effemeridi” e il “Journal des Scavans”. Il 1789 fu l’anno che segnò la fine ingloriosa di un’esperienza giornalistica che avrebbe potuto offrire molto di più, ma si dimostrò soltanto un’operazione commerciale, mal concepita e mal perseguita.

Tra le altre pubblicazioni dell’epoca, una citazione particolare per il loro spessore culturale, e non solo, meritano: gli “Atti della Regia Accademia delle Scienze” dalla fondazione fino al 1787 (ma non si andò oltre il primo numero), “L’analisi ragionata dei libri nuovi” di Giovanni Leonardo Manduria, infine le “Effemeridi Enciclopediche” e il “Giornale letterario di Napoli”, ambedue le testate dirette da Domenico Turri.

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