Manovra e indice Rt: Confindustria, sindacati e Regioni tutti uniti contro il governo

Finalmente oggi dovrebbe essere la giornata giusta, quella per l’arrivo della manovra in Parlamento. Un’attesa lunga oltre un mese, tanto è il ritardo accumulato dal governo nella presentazione della legge di Bilancio per il 2021.

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Un record, o sarebbe meglio dire una cosa mai vista nella storia repubblicana che rischia addirittura di mandare il Paese all’esercizio provvisorio. E fa strano sentire il silenzio, specie dell’Alto Colle, su tutta questa vicenda visto che di solito proprio la legge di Bilancio viene considerata la motivazione principe per non mandare l’Italia alle elezioni.

E invece stavolta nemmeno un cenno per uno slittamento dei tempi che chiaramente impedirà qualsiasi esame approfondito da parte dei due rami del Parlamento. Non una novità per questo governo, visto che è dall’inizio di questa pandemia, ben un anno, che tutti i provvedimenti oltre ad essere stati presi sottoforma di decreti legge sono poi stati convertiti con la fiducia e attraverso un esame approfondito soltanto in una delle due Camere. E pure in questo caso nessun sopracciglio si è sollevato per obiettare la procedura alquanto inusuale e ai limiti della correttezza istituzionale.

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Ma tant’è, questa epidemia di Covid sembra aver modificato la nostra Costituzione: da bicamerale a monocamerale. Per questo, per molti oggi è il giorno per l’approdo della manovra alla Camera, anche perché ulteriori slittamenti porrebbero enormi problemi sui tempi di approvazione. Però anche senza essere stata messa nero su bianco la legge di Bilancio non manca di dividere e attirare critiche. Al punto che non piace quasi a nessuno, unendo in un fronte contrario gli industriali e i sindacati.

Confindustria: «Questa manovra non pensa al futuro. Il governo sbaglia»

Carlo Bonomi

Carlo Bonomi, numero uno di Confindustria, non è tenero chiarendo che «il governo sbaglia, pensa solo all’emergenza. Non servono sussidi ma idee e investimenti». E poi: «Dovrebbe pensare al futuro. Le risorse vanno destinate a poche priorità strategiche. La bozza di legge di bilancio 2021 resta improntata a sole misure di emergenza».

Sindacati uniti contro la manovra: «Non ha un’anima, non parla di crescita ma soltanto di emergenza»

Non meno teneri i sindacati con Annamaria Furlan (Cisl) che dice: «La manovra presentata ai sindacati non parla di crescita, di progetto Paese, infatti accanto ad essa dovremo discutere del Recovery fund, di come utilizziamo le tante risorse europee per la crescita, il lavoro, per dare davvero un futuro al Paese». E critico anche Pierpaolo Bombardieri (Uil) il quale attacca: «Questa manovra non ha un’anima. Non riesce a identificare un’idea di Paese, di modello di sviluppo sul quale fondare lo sviluppo futuro anche alla luce delle tante risorse che arriveranno dall’Europa».

9 dicembre sciopero generale del pubblico impiego contro la manovra

Morale della favola: sciopero generale il prossimo 9 dicembre di tutto il comparto pubblico «in mancanza delle necessarie risorse per lavorare in sicurezza, per avviare una vasta programmazione occupazionale e di stabilizzazione del precariato e per il finanziamento dei rinnovi CCNL Sanità Pubblica, Funzioni Locali e Funzioni Centrali».

Ministro Dadone su sciopero P.A.: «Ognuno si assuma proprie responsabilità»

Una scelta che però sul fronte politico non ha trovato consensi sia a destra e sia a sinistra e soprattutto al governo, dove la ministra della P.A. Fabiana Dadone ha commentato: «Sanità, scuola, comuni: proviamo a difendere il Paese in questa guerra non decisa dal Governo o da chi combatte ogni giorno. Eppure qualcuno pensa di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità».

Meloni: «Irresponsabile comportamento della Triplice sindacale»

Giorgia Meloni contro Bonafede
Giorgia Meloni

Critica anche Giorgia Meloni che punta il dito contro i sindacati: «Il comportamento della triplice sindacale Cgil-Cisl-Uil è irresponsabile e arriva nel momento in cui intere filiere produttive, artigiani, commercianti e dipendenti del settore privato vivono una fase drammatica. Annunciare un incredibile sciopero generale del pubblico impiego per il prossimo 9 dicembre vuol dire soffiare sul fuoco dello scontro sociale tra chi malgrado tutto continua ad avere un reddito garantito e chi non ha più certezze e guarda al presente e al futuro con disperazione e angoscia. E’ inaccettabile».

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Ad aggravare la situazione di una manovra che scontenta tutti, c’è la vicenda del Recovery Fund che sembra perdersi tra i veti di Polonia e Ungheria. Il commissario Paolo Gentiloni senza troppi giri di parole ieri ha detto di essere «preoccupato» dalla piega degli eventi che sta prendendo la trattativa in Europa. L’irrigidimento polacco e ungherese, a fronte della questione dello stato di diritto, rischia di far saltare il delicato e lungo accordo trovato a fatica in Europa.

Il governo ancora non ha presentato il Recovery Plan in Ue

Sul tema delle risorse targate Ue sia Confindustria e sia i sindacati chiedono al governo chiarezza, al fine di capire come queste saranno utilizzate. Il problema, come confermano anche dall’Ue, però è un altro e cioè che l’Italia ancora non ha presentato i piani di spesa. Mentre Francia e Spagna già lo hanno fatto l’Italia è in ritardo, il che ha indispettito, e non di poco, la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. Insomma, il premier Conte e il governo più che mettere testa allo scontro in atto in Ue farebbero bene a chiudere velocemente il dossier del Recovery Plan italiano.

Non solo la manovra, sotto accusa l’indice Rt

Ma la manovra non è l’unica spina per l’Esecutivo. Tralasciando la vicenda del commissariamento della sanità calabrese, che ormai sembra aver assunto i toni di una pochade francese degna del miglior Eduardo Scarpetta, c’è adesso sul terreno il tema dell’indice di contagio Rt entrato nel mirino delle Regioni. Per la verità ieri La Repubblica ha demolito il totem dell’Rt, finora considerato il parametro principe, assieme agli altri 20, per stabilire a quale fascia debba appartenere una regione.

In pratica, l’indice Rt avrebbe dimostrato tutta la sua inefficacia a causa in particolare del fallimento del sistema di tracciamento messo in piedi dal governo. Infatti, oltre al naufragio dell’app Immuni anche il meccanismo di tracciamento affidato alle Asl, a cui era stato demandato il compito di fare le telefonate e di ricostruire la traccia del virus, alla prova dei fatti non ha retto più. Troppo ampia la rete e troppo debole la struttura delle Asl. Da qui il fallimento del tracciamento e perciò anche l’inaffidabilità dell’indice stesso.

Lettera della Regioni per abbandonare i 21 parametri. La proposta è di soli 5 parametri per decidere le fasce di colore

Francesco Boccia
Francesco Boccia

Ecco perché ieri le Regioni hanno tentato la spallata, formulando le loro proposte in una lettera inviata la ministro Francesco Boccia. In sintesi proponevano al governo un sistema di valutazione basato soltanto su 5 parametri, tra cui anche l’Rt ma affiancato dal rapporto positivi/tamponi, il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e in area medica, il numero e la tipologia di figure professionali dedicate al contact tracing, con la richiesta – per quest’ultimo punto – di “adeguate risorse” sia per il tracciamento che per l’isolamento e la quarantena, dunque per la gestione dei Covid hotel.

Ma soprattutto le Regioni chiedevano di rivedere l’automatismo in base al quale vengono prese le scelte. Insomma, dai governatori era giunta la richiesta di un coinvolgimento preventivo, quasi a configurare una sorta di concertazione evitando decisioni calate direttamente sui territori.

Dal Ministero della Salute hanno fatto muro, si va avanti con il sistema varato tra aprile e gli inizi di ottobre, anche perché, questa la spiegazione data, l’accettazione delle richieste delle Regioni avrebbe significato passare da un criterio oggetto e uno soggettivo. Perciò, almeno fino al 3 dicembre non cambierà nulla. Poi si vedrà anche perché bisognerà valutare se le misure prese finora sono riuscite davvero a raffreddare la curva dei contagi. Quello che però certamente non si raffredderanno saranno le polemiche, destinate anzi ad aumentare di tono e intensità.

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