L’antimeridionalismo non nasce con il direttore di ‘Libero’ Feltri, ma affonda le sue radici nell’Italia pre-unitaria

L’intervento di Marina Carrese, presidente della Fondazione ‘Il Giglio’ di Napoli, per una riflessione senza astio sulle contrapposizioni fra le due Italie. Per provare a capire come mai il rapporto fra il Nord e Sud di questo Paese, sia ancora così difficile. Fateci sapere la vostra opinione sull’argomento

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Ma veramente l’ostilità diffusa al Nord contro i Meridionali si riduce all’intervento del giornalista Vittorio Feltri in un talk-show? E veramente il Sud può contare su difensori come i giornalisti-senatori, i sindacalisti della Federazione della Stampa e gli scrittori à la page che hanno firmato esposti e denunce, in nome del ‘politicamente corretto’ e dell”anti-razzismo’, contro il direttore di “Libero”?

Due parole su Feltri. Si tratta di un giornalista di Bergamo, che ha fatto tutta la sua carriera al Nord e del Sud sa pochissimo, quel poco che rimbalza al Nord attraverso i mass-media. Cioè un’immagine speculare e funzionale alla visione che del Sud, della sua Storia e della sua cultura, hanno i grandi gruppi editoriali, tutti concentrati al Nord. Feltri è nordista? Certo. Esattamente come la gran parte, non solo dei giornalisti e degli editori, ma dei residenti a Bergamo, in Lombardia, in Piemonte, in Friuli…

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Tutti «razzisti»? Se parliamo di Feltri, intanto ha valorizzato più giornalisti meridionali lui, nelle testate che ha diretto, del Gruppo romano Caltagirone che ha ridotto ‘Il Mattino’ ad un foglio di provincia, un supplemento del ‘Messaggero’, ed ha mandato un piemontese a dirigerlo.

Se parliamo dei residenti al Nord, è lì che si concentra, tra Onlus, gruppi di volontariato semi-spontanei e “reti solidali”, l’immigrazionismo più radicale. Non è solo una grande filiera di business, è una ideologia che porta ad esaltare ogni minoranza (etnica, religiosa, sessuale) a patto che sia contro quello che ancora rimane in Italia dell’eredità pre-unitaria tradizionale e cristiana.

Sono gli stessi che negli stadi del Nord, da Bergamo, a Torino, a Udine, alla “democratica ed antirazzista” Bologna, intonano i cori contro i Meridionali. Volete capire che cos’è l’odio contro i Meridionali? Andate a seguire il Napoli in trasferta. Non sono “pochi stupidi” – come penosamente ci raccontano i cronisti sportivi – sono intere curve, sono migliaia e migliaia.

Immigrati, anzi “migranti”, sì, meglio se islamici ed africani. Meridionali no. Ma perché? Sbagliato e strumentale utilizzare la categoria del razzismo. Si tratta di un’ostilità e di pregiudizi che sono un retaggio storico, che sono sedimentati nel senso comune.

Se Cialdini, che guidava il bombardamento piemontese agli assedi di Gaeta e di Messina, definiva “affricani” i Meridionali, i suoi ufficiali, inviati a reprimere il “brigantaggio” post-unitario, descrivevano stupiti nei loro diari «questi uomini scuri e di bassa statura» che popolavano le contrade del Sud e definivano «canaglia sozza e vile» i nostri contadini solidali con chi difendeva la loro terra. Ed il piemontese Cesare Lombroso descrisse la fisiognomica del soggetto criminale. Coincideva con le caratteristiche somatiche del Meridionali.

E poi c’è la mitologia sui ‘lazzaroni’, sporchi, fannulloni, pronti a vendersi per pochi spiccioli, alimentata da libri ed articoli di Alexandre Dumas, giunto a Napoli al seguito di Garibaldi e premiato con la nomina a Conservatore dei Musei ed un ricco appannaggio, dai liberali inglesi che avevano dipinto il regno dei Borbone come la «negazione di Dio», dalla letteratura (per esempio, Renato Fucini) e la pubblicistica degli inizi del ‘900.

È in questo retaggio storico, in questa cultura, in questi pregiudizi, che nascono disprezzo ed ostilità contro il Sud, ‘liberato’ dal Nord ma ingrato del bene ricevuto ed irrimediabilmente sfaticato e «piagnone», al quale, nella migliore delle ipotesi, si dice che è ora di «rimboccarsi le maniche», e molto più spesso, che è una insopportabile «palla al piede».

Altro che Feltri. È nella Storia dell’unificazione la radice dell’ostilità anti-meridionale, la ragione del presente di un Paese spaccato, che buonismo ed “anti-razzismo” a chiamata non possono riconciliare.

Quanto agli improvvisati difensori del Sud, ai soldatini del politically-correct, crocifiggono Feltri per il giornale che dirige e non per i giudizi sul Sud. Non li abbiamo sentiti quando ‘Il Fatto Quotidiano’, del piemontese Marco Travaglio, sparava in prima pagina che al Cardarelli di Napoli 250 medici erano fuggiti davanti al Coronavirus, un falso clamoroso, oppure quando il suo conterraneo Massimo Giletti dava addosso al Sud nel suo programma tv o quando Annalisa Chirico, del ‘Foglio’, ha parlato del «rischio di inferiorità morale» dei meridionali a ‘La 7’. Non è di quei difensori a singhiozzo che il Sud ha bisogno, ma di una ripresa di orgoglio e dignità, che nasce dalla verità sulla propria Storia.

Marina Carrese
presidente della Fondazione Il Giglio, Napoli

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