Cinque mozioni, cinque posizioni radicalmente diverse
Cinque mozioni, cinque posizioni – anche radicalmente diverse – sull’aumento delle spese per la difesa. Al rientro in Aula le opposizioni tornano a frantumarsi sui temi di politica estera, mentre la maggioranza sceglie di non esporsi e non presenta alcun documento. Il Pd, a sua volta, registra dei distinguo al suo interno: tre deputati di area riformista – Lorenzo Guerini, Marianna Madia e Lia Quartapelle – sulle mozioni di M5s e Avs non seguono la linea del partito che aveva indicato l’astensione e mettono agli atti la loro contrarietà. Esito: all’interno di un intricato puzzle di votazioni incrociate all’interno della minoranza parlamentare, tutte le mozioni vengono bocciate.
È il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago ad illustrare nell’emiciclo di Montecitorio la posizione dell’esecutivo: «L’impegno ad aumentare le spese per la difesa e la sicurezza», a maggior ragione in un momento critico come quello attuale «è nell’interesse del popolo italiano», in quanto l’Italia deve essere «parte attiva e non limitarsi a chiedere protezione».
Le divisioni interne al Partito Democratico
Dal Pd la segretaria Elly Schlein punta il dito contro le divisioni tra gli alleati di governo, incapaci – rimarca – persino di mettere insieme una mozione, e rivendica: «Siamo più uniti noi. Siamo tutti d’accordo che l’obiettivo della spesa militare al 5% è sbagliato e irrealistico, che seve una difesa comune europea, così come su Gaza. Ci sono differenze – ammette – su come supportare l’Ucraina». Uno dei motivi – ma non il solo – per cui Avs, M5s, Pd, Iv e Azione si presentano in Aula ognuno con il suo documento.
I dem, al termine di una vivace assemblea del gruppo decidono per la linea dell’astensione su tutte le altre mozioni e di voto contrario su quella di Azione, che – attacca la capogruppo Chiara Braga – «ricalca le posizioni della maggioranza aderendo totalmente all’aumento della spesa militare fino al 5%». Di «mozioni arlecchino» parla Forza Italia, mentre le Lega sottolinea: «Siamo per la pace la Nato è garanzia di pace».
Le mozioni di Avs e M5s chiedevano, anziché portare la spesa militare al 5% del Pil, di finanziare la sanità. Di tutt’altro avviso Azione, avrebbe voluto impegnare il governo ad «una tabella di marcia realistica per l’incremento della spesa per la difesa». Iv propone la ricetta «un euro in spesa militare, un euro in cultura». Il Pd puntava «a sostenere, nelle sedi opportune, la posizione di non adesione all’obiettivo del 5% del Pil destinato alla spesa militare in ambito Nato» e ad intraprendere un percorso analogo a quello della Spagna».