La premier in aula in vista del Consiglio europeo
Il Senato della Repubblica è stato oggi teatro di un vivace dibattito in vista del prossimo Consiglio europeo, al quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni parteciperà portando la posizione dell’Italia su alcuni dei dossier più caldi dell’agenda internazionale: sicurezza, difesa comune, crisi in Medio Oriente, relazioni euro-atlantiche.
Le domande retoriche dell’ex premier
Durante la seduta, tra gli interventi più critici si è distinto quello del senatore Matteo Renzi (Italia Viva), che ha contestato l’affermazione più volte pronunciata da Meloni secondo cui «l’Italia oggi conta di più». L’ex premier ha rivolto alla presidente del Consiglio quattro domande retoriche, volte a mettere in dubbio la credibilità internazionale del governo. Tra i punti sollevati: l’esclusione dell’Italia dalla nuova partnership strategica della Germania, il mancato coinvolgimento nel vertice di Tirana con i leader occidentali, i rapporti con gli Stati Uniti in chiave Trump, e infine il caso intercettazioni che ha coinvolto alcuni giornalisti.
La premier, presente in Aula, ha scelto di non raccogliere la provocazione. «Non risponderò alle falsità che ho sentito – ha detto in replica – non è questo il tempo della campagna elettorale. Ringrazio invece quelle opposizioni che hanno cercato un confronto costruttivo, nell’interesse del Paese». Meloni ha poi ricordato che proprio in questi giorni l’Italia sta giocando un ruolo attivo nelle crisi internazionali, citando il lavoro svolto sulla tregua tra Iran e Israele e il costante impegno per la stabilità del Mediterraneo.
Sicurezza e difesa comune: il pensiero della premier
In merito al contesto globale, la presidente del Consiglio ha ribadito la necessità di rafforzare la difesa comune, chiarendo che «non si tratta di voler attaccare qualcuno, ma di dotarsi degli strumenti per garantire la pace».
«Non è che i nostri valori si difendono da soli – ha detto Meloni – e chi pensa che basti la buona volontà per evitare i conflitti, dimentica la lezione della storia», sostenendo anche che «Sulla difesa, io la penso come i romani: ‘Si vis pacem, para bellum’, quindi la difesa non per attaccare qualcuno. Anzi, piuttosto se si hanno sistemi di sicurezza e di difesa solidi si possono più facilmente evitare conflitti». L’uso della deterrenza come strumento di difesa, concetto che chiunque abbia mai letto un compendio di storia o di relazioni internazionali è in grado di capire.
Non sono mancati i riferimenti ai principali temi di politica estera ed europea: Meloni ha riaffermato la posizione dell’Italia sul sostegno all’Ucraina, l’importanza della cooperazione con gli Stati Uniti e la centralità del Piano Mattei, non solo come progetto di sviluppo per l’Africa, ma anche come strumento di sicurezza euro-mediterranea. Ha inoltre criticato un’Europa che, a suo dire, si è indebolita «non per colpa dei nazionalismi, ma perché ha voluto essere un super-Stato che controlla i cittadini».
Nel dibattito, si è fatto sentire anche il leader di Azione, Carlo Calenda, che ha espresso apprezzamento per le posizioni del governo su Ucraina e difesa, pur ribadendo le sue riserve su alcuni alleati della maggioranza. «Sono convinto in larga parte di quanto espresso dal governo italiano», ha dichiarato.
In netto contrasto, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein che, a distanza, ha criticato l’uso della locuzione latina «si vis pacem, para bellum» da parte della premier, facendo ricorso ad una retorica decisamente non brillante: «Rispetto a 2000 anni fa, il mondo ha fatto passi avanti. Preparare la guerra è il contrario di ciò che serve oggi […] se vogliamo la pace, prepariamo la pace». In un contesto internazionale che richiede fermezza e visione, la presidente del Consiglio ha scelto di parlare con il linguaggio della responsabilità, lasciando agli altri il teatrino delle polemiche.