Il carciofo Mammarella protagonista ad Acerra: sapori, storia e convivialità

Il vescovo Di Donna: «Valorizzare le eccellenze locali»

Sabato 3 maggio, in una gremita piazza Duomo ad Acerra, si è svolta la seconda edizione del «Mammarella Day», l’evento dedicato alla valorizzazione del carciofo Mammarella, tipico dell’agro acerrano. Organizzato dalla Caritas Diocesana con il patrocinio della Regione Campania, la festa ha trasformato il cuore della città in una vetrina di eccellenze locali, accogliendo cittadini, istituzioni e appassionati di territorio e buon cibo. Tavoli imbanditi con specialità a base di carciofo, produttori agricoli e attività del territorio hanno collaborato all’organizzazione e fatto da preziosa cornice a una serata ricca di contenuti e partecipazione popolare.

Ad aprire gli interventi, il direttore della Caritas diocesana di Acerra, Vincenzo Castaldo, ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile l’iniziativa, ricordando il ruolo attivo dell’istituzione ecclesiastica: «La Caritas e la Chiesa scendono in campo nel favorire l’agricoltura e quello che sono le nostre terre», ha dichiarato. «Dobbiamo essere legati al nostro territorio. Valorizzare quella che è la nostra origine: la Campania Felix».

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Gli altri interventi

A seguire, il sindaco Tito d’Errico ha sottolineato il valore economico dell’agricoltura locale: «L’agricoltura è un volano importante delle nostre zone. Noi acerrani conosciamo la bontà di questi prodotti, ma portiamoli anche fuori», ha detto rivolgendosi ai presenti. Poi ha concluso con entusiasmo: «Viva Acerra e viva la Mammarella».

Milena Tanzillo, assessora all’Ambiente e all’Agricoltura, ha evidenziato il lavoro dietro la coltivazione del carciofo: «Gli agricoltori sanno bene che per la produzione dei carciofi ci vuole tanta cura e tanto impegno. Spesso molte attività legate al carciofo non possono essere meccanizzate». Ha poi aggiunto: «Acerra ha bisogno di eventi come questo, che fanno marketing territoriale. Mi auguro un’Acerra accogliente, aperta, coinvolgente come quella di stasera».

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Presente anche la deputata Carmela Auriemma, che ha ricordato l’edizione dello scorso anno: «Una comunità che cresce. L’anno scorso siamo stati qui, eravamo tantissimi, stasera si ripete». Ha poi sottolineato: «Tutela del territorio e tutela della terra vanno di pari passo. Ce l’ha insegnato Papa Francesco con la sua enciclica».

Don Carmine Schiavone, incaricato della Caritas Regionale, ha voluto sottolineare il valore aggregativo dell’evento: «Questa sera diventa un momento ricco di presenze ma anche di connessioni. È vero che la Caritas sono quelli delle mense, dei dormitori, degli oratori… ma quelli delle mense promuovono il cibo buono in contesti partecipati».

L’onorevole Vittoria Lettieri, consigliere della Regione Campania, ha ringraziato il Vescovo per il suo impegno: «Sta facendo davvero da pastore a questa comunità e ci sta rendendo ogni giorno orgogliosi. Con questa iniziativa aiuta e contribuisce a valorizzare il nostro territorio».

Monsignor Di Donna: «Siamo in equilibrio, sul filo del rasoio»

A chiudere gli interventi istituzionali è proprio il Vescovo di Acerra, mons. Antonio Di Donna, che ha esortato a replicare l’esperienza anche per altri prodotti tipici: «Ci siamo limitati solo al carciofo, la Mammarella, ma dovremmo fare iniziative del genere anche per la patata, ’o fagiol rent e muort, e chi più ne ha più ne metta».

Il Vescovo ha poi affrontato il tema del delicato equilibrio tra agricoltura e tutela ambientale nella cosiddetta «Terra dei Fuochi»: «Siamo in equilibrio, sul filo del rasoio. Da una parte dobbiamo portare avanti la battaglia ambientale, ma dall’altra parte non dobbiamo danneggiare l’agricoltura locale e i prodotti». E ha messo in guardia contro chi colpisce i contadini: «Questo è sciacallaggio». Ha quindi concluso: «Iniziative come queste servono a mantenere in equilibrio le due attenzioni e mettono in moto un indotto».

Il Vescovo ha poi annunciato un pellegrinaggio a piedi, dal 16 al 24 maggio, per i 10 anni dell’enciclica di Papa Francesco, «Laudato sì». L’iniziativa toccherà i siti inquinati di 12 diocesi campane, partendo da Pompei-Castellammare fino a Napoli. Per la tappa di Acerra, prevista il 18 maggio, ha invitato alla partecipazione in massa.

La serata si è conclusa in festa, tra stand gastronomici e musica dal vivo. Protagonista assoluto: il carciofo Mammarella, proposto in ogni variante, dagli arrostiti agli indorati e fritti, fino a pizze, quiche e primi piatti. Una celebrazione del gusto e delle radici che fa già pensare con entusiasmo alla terza edizione.

Il carciofo Mammarella simbolo dell’agro acerrano

Il carciofo è un ortaggio che ha origini antichissime, coltivato e diffuso nel bacino mediterraneo e oltre da popoli quali gli Egizi, i Greci e i Romani. Proprio grazie a questi ultimi si è diffuso in tutto l’Impero, trovando, tra gli altri, nel territorio campano le giuste condizioni ambientali e culturali per crescere e diffondersi tra le coltivazioni e sulle tavole dell’intera regione.

Il carciofo Mammarella prende probabilmente il nome dal fatto che dà inizio alla stagione dei carciofi. Questo ecotipo locale, infatti, inizia a spuntare tra gennaio e febbraio, in anticipo rispetto ai «figli» di altre varietà, che arrivano invece tra marzo e giugno. Le prime testimonianze del carciofo Mammarella risalgono solo al 1800: un ecotipo quindi giovane rispetto alla storia della specie.

Questo carciofo è apprezzato per le sue qualità organolettiche: tenero dalla prima all’ultima foglia, dolce e fresco, ricco di sali minerali e vitamine grazie al territorio vulcanico in cui cresce. Per questo è adatto alle più svariate preparazioni gastronomiche, dalle più semplici a quelle più elaborate e raffinate. Ha un colore con sfumature che vanno dal violaceo al bluastro, una forma più tonda del «Carciofo Romanesco del Lazio Igp», della specie Cynara scolymus, di cui la Mammarella è però una varietà.

La diffusione del carciofo Mammarella

La diffusione del carciofo Mammarella sembra essere legata a un intervento ingegneristico risalente al 1616, quando Pedro Fernández de Castro, viceré di Napoli, avviò una grande opera di bonifica sotto la guida dell’architetto Domenico Fontana.

L’obiettivo dell’intervento era risolvere un problema antico che affliggeva la Campania: le continue esondazioni del fiume Clanio, che rendevano i territori impraticabili e bloccavano ogni sviluppo urbanistico. Anche se la criticità era ben nota sin dall’epoca pre-romana, fu solo nel Seicento che le conoscenze tecniche portarono a una soluzione definitiva del problema. Dal progetto nacquero i Regi Lagni: un sistema di canali rettilinei, in gran parte artificiali. Un reticolo che tocca quasi cento comuni e un’area abitata oggi da circa tre milioni di persone. La bonifica della zona ha contribuito a creare un’area ventosa che va da Acerra a Marigliano, luoghi dove il terreno è a base di tufo e ricco d’acqua.

Queste condizioni hanno reso il carciofo Mammarella speciale e unico nella sua varietà, proteggendolo inoltre naturalmente dagli insetti e dai parassiti. Quello che dispiace, forse, è che ad oggi questo carciofo dalla storia originale, legata così radicalmente al territorio e alle sue trasformazioni, dal sapore e dalle proprietà straordinarie, non abbia ancora un riconoscimento statale.

L’auspicio è sicuramente quello di ritrovarsi tra un anno alla terza edizione del «Mammarella Day». Eventi come questo sono il motore di una cultura e di un territorio che vuole farsi conoscere e riconoscere non solo per la recente sentenza della CEDU sull’emergenza ambientale della Terra dei Fuochi, ma soprattutto per il grande bagaglio storico e umano che lo caratterizza. Un’occasione per riscrivere, attraverso il cibo e la partecipazione popolare, una nuova narrazione dell’identità acerrana.

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