Costretto a pagare il clan per non farsi sottrarre il bar: arrestati Vincenzo Di Lauro e altri 4

L’uomo avrebbe pagato 100mila euro al clan Di Lauro per non esser più tormentato

Il clan Di Lauro «si ritiene proprietario» del suo bar e per non essere più tormentato paga 100mila euro in contanti: 5 arresti. È quanto emerso nell’ambito di un’indagine diretta e coordinata dalla direzione distrettuale Antimafia di Napoli e condotta dai Carabinieri del ROS di Napoli e della Compagnia di Casoria. Stamattina i carabinieri hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Napoli, nei confronti di 5 indagati (di cui 3 già detenuti per altra causa), accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Tra i destinatari dell’ordinanza Vincenzo Di Lauro, detto «F2» perché secondogenito del boss Paolo, detenuto in carcere da ottobre scorso per altro motivo, Umberto Lamonica (già detenuto per altro); Gennaro Bizzarro; Giovanni Cortese detto ‘o cavallaro (già detenuto per altro) e Mario Cortese.

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Le cambiali

Le indagini, condotte dalla Tenenza dei Carabinieri di Arzano nel mese di novembre 2023, hanno trovato la loro genesi nella denuncia sporta da un commerciante di Arzano che ha dichiarato di essere vittima, dall’ottobre 2020, di estorsione da parte di tre uomini a lui noti appartenenti al clan Di Lauro di Secondigliano.

In particolare, l’imprenditore, dopo aver rifiutato di cedere ai Di Lauro il suo bar, era stato costretto dagli stessi a pagare 70mila euro in rate mensili da mille euro, garantite da altrettante cambiali che la vittima ha dovuto sottoscrivere e consegnare agli indagati. Ogni qualvolta la vittima pagava una rata – si legge in una nota delegata dalla Procura di Napoli – si vedeva restituita una cambiale che quindi fungeva da garanzia per il pagamento stesso.

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Nuovo bar, nuove richieste

Tali corresponsioni si sono protratte fino al mese di luglio 2022 allorquando l’uomo ha deciso di cedere l’attività, pensando che potesse cessare l’imposizione. Ma ciò non avveniva. Infatti, nel mese di gennaio 2023, quando lo stesso ha aperto un altro bar in un’altra zona di Arzano, i suoi estorsori sono tornati alla carica, chiedendogli nuovamente la quota estorsiva e minacciandolo di morte al suo rifiuto.

Quanto denunciato e compendiato presso la Tenenza Carabinieri di Arzano risulta, tuttavia, solo una parte della storia. In effetti, la vittima, sentita dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia partenopea, ha successivamente affermato che il clan Di Lauro gli aveva imposto di pagare delle somme a titolo di estorsione già a partire dal 2018 in quanto tale famiglia camorristica si riteneva proprietaria della sua attività.

Effettivamente, per quanto riscontrato questa volta dai militari del ROS di Napoli, la vittima, intorno ai primi giorni di gennaio del 2019, aveva corrisposto ai Di Lauro 100mila euro in contanti per far cessare ogni loro pretesa, seppur priva di titolo, sul suo esercizio commerciale. A sostegno e prova ulteriore dei fatti anche alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Roselli (soprannominato «Frizione», elemento di spicco del clan Amato-Pagano), riscontrate dai militari del ROS. Gli arrestati, coinvolti nei due differenti episodi estorsivi, sono ritenuti affiliati al clan Di Lauro di Secondigliano.

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