Imprenditore denunciò gli estorsori dell’Alleanza di Secondigliano: aiuti negati

La sua attività rischia il fallimento

L’associazione antiracket a cui si è rivolto presenta la richiesta fuori termine e all’imprenditore napoletano sotto scorta, testimone come il figlio al processo contro i clan Contini e Mazzarella, vengono negati gli aiuti. Una beffa per il titolare di una nota attività nel cuore di Napoli – che intende rimanere anonimo – finito nel mirino di uno dei clan che compongono la cosiddetta «Alleanza di Secondigliano». La sua storia è simile a quella di altri che invece i benefici li hanno ottenuti. Intanto però la sua attività rischia il fallimento.

L’estorsione che ha subìto per mano della camorra gli ha inferto un duro colpo: un debito da 75mila euro per acquistare merce, è divenuto in pochi mesi di 150 mila. Somma pretesa ad horas con le botte, in uno scantinato, mentre il figlio era sotto la minaccia di armi automatiche.

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Nonostante lo choc, però, l’uomo seppe rispondere a quelle violenze: chiese tempo con il pretesto di recuperare i 150mila euro e poi andò dalle forze dell’ordine a denunciare. I fatti risalgono al 2012 e grazie a quel coraggioso gesto vennero arrestate nove persone. Ma quella scelta di legalità ebbe delle conseguenze: da quattro anni solo lui è sotto scorta e la sua attività ora rischia il fallimento.

Il processo non si è ancora concluso

Il processo contro gli estorsori denunciati è ancora in corso: l’imprenditore non ebbe neppure l’opportunità, a causa di una dimenticanza dell’associazione, di costituirsi parte civile, un’azione propedeutica a una richiesta di risarcimento, ossigeno per la propria vita, che non arriverà mai. L’uomo, che ha 63 anni, insieme al figlio è riuscito a costituirsi parte civile in un secondo procedimento giudiziario, il maxi processo contro i clan Contini e Mazzarella, seguìto all’arresto di 126 presunti appartenenti alla camorra.

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Il Tribunale, con il benestare della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha concesso a lui e al figlio rappresentati attualmente dall’avvocato Danilo D’Andrea una provvisionale di 100mila euro ciascuno. Denaro che però è bloccato dall’ente erogatore. Ed ora padre e figlio rischiano seriamente di vedere polverizzati tutti i loro sacrifici imprenditoriali e di vita messi a rischio per servire la legalità. Le difficoltà comunque non li scoraggiano: «Abbiamo piena fiducia nelle Istituzioni e nella Magistratura, e – affermano – siamo convinti che alla fine la Giustizia trionferà».

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