La truffa del Pnrr: come fare le loro riforme con i nostri soldi

E le «riforme» che piacciono a lor signori sono quelle che massacrano la nostra economia

Che dietro il furore anti-russo ci siano interessi concreti, di denaro frusciante, lo hanno capito ormai tutti. Che il Deep State americano, il Military-Industrial Complex e i clan dominanti del Democratic Party abbiano deciso di svenare le finanze e gli arsenali di Washington soltanto per fare un dispetto a Putin, infatti, non lo credono neanche i sassi.

Così come – scusate il volo pindarico – neanche i sassi credono che, dall’altro lato dell’Atlantico, in una fredda giornata di Stoccolma, una ragazzina che invocava la svolta ecologista sia diventata come per miracolo una star della politica planetaria e sia stata portata a dire cose più o meno banali fino all’assemblea generale delle Nazioni Unite.

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Quando si muovono le duecento famiglie, Wall Street e la City, i filantromiliardari, le grandi banche d’affari, i megafondi d’investimento, la stampa mainstream dell’intero pianeta, c’è certamente ben altro che non una battaglia ideale: ci sono affari, affaroni e affaracci.

Certo, Putin non lo possono vedere fin da quando ha preso il potere ed ha bloccato la svendita delle immense ricchezze dell’ex Unione Sovietica alle multinazionali americane, da quando ha fermato il massacro sociale ed ha consentito ai pensionati di arrivare a fine mese. «Loro», i difensori della democrazia planetaria, avrebbero preferito che la Russia rimanesse nelle sabbie mobili del post-comunismo alla Eltsin, con gli impiegati statali che sopravvivevano (e non sempre) solo grazie all’arte di arrangiarsi, con i pensionati ridotti a chiedere l’elemosina – letteralmente – agli angoli delle strade.

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Il massacro sociale

«Loro» amano molto quel modello, quello del massacro sociale travestito da «rigore». Ieri in Russia, poi in Grecia, e adesso – come certi segnali lasciano immaginare – qualcuno vorrebbe riproporre la stessa ricetta anche in Italia. Non sarebbe certo una novità assoluta. Una mezza idea l’avevano avuta anche in passato, quando si erano liberati di un Berlusconi ancora un po’ populista (ma oggi si è convenientemente globalizzato) ed avevano portato al governo uno come Monti, quello che amava ripetere che «la Grecia è la manifestazione più concreta del grande successo dell’euro».

Ma a un certo punto «loro» si sono fermati, forse per il timore di sorprese sovraniste nelle urne. Adesso – potrei sbagliarmi – mi sembrano fortemente tentati dal rischiare l’affondo. Le condizioni sembrano le migliori: il paese è in ginocchio dopo pandemie e lockdown, l’opinione pubblica è stata ipnotizzata al punto da convincerla a subire mansuetamente la politica di guerra virtuale impostaci dagli USA, e la classe politica nazionale appare quasi tutta fedele al credulonismo «europeista ed atlantista».

Gli strumenti per trascinarci sull’altare sacrificale ci sono già, basta utilizzarli gradualmente, con prudenza, in modo da non allarmare l’opinione pubblica. Niente più MES, naturalmente, perché la gente sa bene che il MES è stato il grimaldello che ha consentito ai predoni di entrare in Grecia e di saccheggiarne l’economia.
Niente più MES, dicevo.

Il Recovery Plan

Adesso è preferibile il ricorso ad un grimaldello di nuova generazione: i «soldi dell’Europa», ovvero il PNRR. È sostanzialmente il Recovery Plan di qualche mese fa. O, meglio, è lo strumento attraverso cui dare attuazione al Recovery Plan. Per strada – non saprei come – si sono perduti quasi una ventina di miliardi di euro.

Erano 209 quelli previsti dal Recovery, ed oggi ne sono rimasti 191: 69 miliardi di erogazioni a fondo perduto e 122 miliardi di prestiti (da restituire a far tempo dal 2027). Tutte cifre soltanto teoriche – le erogazioni e i prestiti – per i motivi che adesso vedremo.

Peraltro, il 12% dei PNRR di tutti i paesi europei ce lo mettiamo noi, di tasca nostra: 83 miliardi di euro, appunto il 12% di 672,5 miliardi relativi al totale dei PNRR europei. Quindi, detratti i 122 miliardi di prestiti da restituire, il PNRR italiano impoverirebbe le nostre casse di 14 miliardi: 83 miliardi di esborsi contro i teorici 69 miliardi di contributi. Un bell’affare davvero!

Ma non è tutto, perché sia le erogazioni che i prestiti non ci vengono elargiti sic et simpliciter. Dobbiamo guadagnarceli, dobbiamo sudarceli, dobbiamo elemosinarli con un sistema simile a quello degli stadi d’avanzamento nei lavori pubblici: rata dopo rata, passo dopo passo, gradino dopo gradino, e – soprattutto – riforma dopo riforma. Niente «riforme che l’Europa ci chiede», e niente paghette. E le «riforme» che piacciono a lor signori – oramai l’hanno capito tutti – sono quelle che massacrano la nostra economia, i nostri interessi reali, la nostra socialità.

Con questo sistema, quei gentiluomini (e gentildonne) di Bruxelles ci impongono di uniformare la nostra politica economica e sociale alle loro direttive, ai loro ordini, ai loro capricci, ai loro diktat immigrazionisti, al loro gretinismo da baraccone, alle loro manie e alle loro fobie.

Che poi – guarda caso – sono in linea perfetta con le elucubrazioni dei banchieri di Wall Street ed in amorevole simbiosi con i clan obamiamo e clintoniano del Democratic Party. Tutte forze, tutti ambienti, tutte congreghe che – sarà un caso – sono gli stessi che spingono per farci fare harakiri economico e per coinvolgerci sempre più nella guerra di Biden contro la Russia. Ma guarda quante coincidenze!

Michele Rallo
già parlamentare di An, esperto di Geopolitica
autore di diversi saggi sul tema

Setaro

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