«La diagnosi non cancella bellezza, sicurezza e sensualità»
C’è una donna che si guarda allo specchio e capisce che qualcosa si è rotto: non solo nel corpo, ma nel modo in cui il mondo la guarda. Dimagrita, i capelli non ci sono più, il seno è cambiato, forse manca. La notte dorme male, a volte non dorme affatto, non solo per il dolore, ma per la paura di non essere più quella di prima, di non avere più un posto. Il tumore entra così nella vita di una donna: non con un’esplosione, ma con una sottrazione. Sottrae peso, forza, sicurezza e soprattutto visibilità.
Bianca Balti dice che una diagnosi oncologica non è la fine della bellezza: è vero. Ma la sua esclusione da Victoria’s Secret racconta altro: racconta che, per la società, quella bellezza non è più ammessa; è esclusione. Il corpo che cambia smette di essere celebrato e comincia a essere tollerato. La donna non viene più scelta: viene messa da parte. Non più desiderata, ma compatita.
Questa è una violenza che raramente si nomina: la violenza dell’emarginazione. Quella che non colpisce, ma sposta ai margini. Il tumore non ferisce solo il corpo: mette in discussione l’identità. Ti fa sentire diversa, fuori posto, inadeguata a un mondo che accetta la fragilità solo se resta invisibile.
Poi, forse, arriva la parola «guarita» e tutti pensano che il calvario sia finito: non lo è, perché comincia l’attesa dei controlli periodici.
Ogni esame è un dubbio.
Ogni attesa è un nodo allo stomaco.
La notte prima non dormi.
Il giorno dopo trattieni il respiro.
E quando va bene, non sei felice: sei solo ancora ammessa alla normalità.
Intanto il sistema rallenta, complica, rinvia. I percorsi sono lunghi, spesso disumani. La ricostruzione non è una priorità. Il supporto psicologico è un’eccezione.
Una società che predica inclusione ma pratica selezione
Nel Nord qualcosa funziona. Nel Sud l’attesa diventa cronica e, nell’attesa, la donna non guarisce davvero: resta sospesa. La bellezza non è vanità: è il diritto di non essere espulse, di continuare a esistere nello spazio sociale e simbolico.
Victoria’s Secret non ha escluso solo una modella, ha reso visibile un meccanismo antico: quando il corpo non corrisponde più all’ideale, viene messo da parte, con indifferenza. E qui la responsabilità è politica e culturale di una società che predica inclusione ma pratica selezione. Di Regioni che governano la sanità come se la dignità e l’umanità fossero un optional. La bellezza ferita non chiede applausi; chiede di non essere esclusa, abbandonata. Sì, perché una donna che sopravvive ma viene messa ai margini non è guarita: è solo rimasta.
Savio Marziani
già direttore sanitario
degli ospedali di Castellammare e Boscotrecase




