Dallo struffolo al capitone: le origini antiche dei sapori delle feste

A Napoli, il Natale e le feste legate all’inverno sono celebrazioni profondamente radicate non solo nella spiritualità e nella famiglia, ma anche nella tavola. Ogni portata, dolce o salata, racconta una storia antica, fatta di usanze, superstizioni, generosità e condivisione. In questo contesto di dolci natalizi napoletani e tradizioni culinarie napoletane, accanto a struffoli e capitone troviamo un’intera galassia di pietanze, tra dolciumi, fritti, zuppe e verdure, che contribuiscono a rendere la festa un’esperienza sensoriale e identitaria.

Dolci tradizionali oltre lo struffolo: roccocò, susamielli, mustacciuoli e molto altro

Non è Natale a Napoli senza dolci tradizionali: accanto agli struffoli, sulla tavola festiva compaiono spesso roccocò, susamielli, mustacciuoli e raffiuoli.

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  • Roccocò sono biscotti tradizionali a forma di ciambella, duri, realizzati con farina, miele, mandorle, spezie e canditi. In origine nati nei conventi, erano pensati per durare nel tempo, tanto che spesso venivano inzuppati in vino o liquore per ammorbidirli.
  • Susamielli, riconoscibili dalla loro forma a «S», sono biscotti aromatici con miele, mandorle e sesamo, profumati con spezie come cannella e noce moscata: un dolce semplice ma ricco di storia e sapori.
  • Mustacciuoli sono dolcetti di forma romboidale, dalla consistenza morbida e speziata, spesso ricoperti di cioccolato oppure glassa. Anche loro fanno parte della dolce tradizione natalizia napoletana insieme agli altri dessert.
  • Raffiuoli o raffaiuoli sono dolci di pan di Spagna, o dalla consistenza simile, ricoperti di marmellata e glassa, meno noti forse al grande pubblico, ma parte della vasta pasticceria natalizia partenopea.

Questi dolci, insieme agli struffoli, compongono l’insieme dei classici della festa, ognuno con la sua consistenza, il suo aroma, la sua storia, e rappresentano al meglio la ricchezza della tradizione dolciaria napoletana.

Antipasti, marinate e pesce: la vigilia tra sapori di mare e conserva: capitone, baccalà, insalata di rinforzo

La cena della Vigilia di Natale a Napoli non è una cena qualunque: è un rito quasi sacro, che privilegia pesce e verdure, secondo tradizione di magro.

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  • Oltre al capitone fritto (o lessato), un altro grande protagonista è il Baccalà fritto: merluzzo essiccato, preparato e servito come fritto, insieme al pesce più fresco o ad altri prodotti del mare.
  • Non mancano sovente antipasti e contorni come la Insalata di rinforzo, a base di cavolfiore, verdure in salamoia, peperoni dolci o piccanti, olive e acciughe: un mix di sapori e colori, utile a bilanciare la ricchezza del fritto e a rendere la tavola ancora più generosa.
  • Spesso si arricchisce con frutta secca, noci, fichi, castagne, uno «spasso» tra un piatto e l’altro, prima dei dolci.

Il pranzo di Natale: zuppe, pasta, carne e verdure, la robustezza del calore domestico

ìIl giorno di Natale a Napoli cambia registro: dalla leggerezza di pesce e verdure si passa a piatti più calorici, decisi, adatti a un pranzo lungo e conviviale.

Un piatto tradizionalissimo è la minestra maritata, una zuppa ricca in cui carne (maiale, salsicce, costine) e verdure, cicoria, scarole, verza, borragine, “si sposano” in un brodo saporito, recuperando un’antica tradizione contadina legata al “pignato grasso”.

Dopo la minestra, spesso segue un primo piatto di pasta (maccheroni al ragù, cannelloni, pasta ripiena…) e un secondo di carne o pollame. Di contorno, immancabili le verdure dell’inverno partenopeo.

Perché questa varietà è fondamentale: identità, memoria e comunità

La straordinaria varietà dei piatti natalizi napoletani, dolci, fritti, zuppe, verdure, pesce, carne, non è dovuta soltanto a gusto o abbondanza. È soprattutto memoria storica e sociale: ogni piatto porta con sé un pezzo di storia, di religione, di economia contadina o marinara, di rituali familiari.

  • I dolci come struffoli, roccocò, susamielli, mustacciuoli evocano l’antica pasticceria conventuale e popolare, la capacità di fare molto con poco, l’arte di celebrare con zucchero, miele e spezie anche nei periodi più poveri.
  • I piatti di pesce e verdure della vigilia, capitone, baccalà, insalata di rinforzo – riflettono una tradizione mediterranea, di mare, di rispetto per la notte sacra del 24 dicembre.
  • Il pranzo del 25 unisce carne, verdure e pasta: una celebrazione dell’abbondanza, del focolare domestico, della famiglia riunita.

Insieme, questi sapori rendono le feste napoletane un mosaico che unisce passato e presente, sacro e profano, sobrietà e festa, una vera e propria dichiarazione di identità.

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