Tra concause «isolamento di Falcone e Borsellino nella procura»
«Allo stato non siamo in grado di escludere alcuna concausa» delle stragi Falcone e Borsellino, «detto questo, dobbiamo affermare che la concausa su cui abbiamo trovato maggiori elementi e riscontri è il filone mafia-appalti. Altre concause non ci sentiamo di escluderle, ma allo stato o sono in corso ulteriori approfondimenti o almeno per una certa parte gli accertamenti non hanno dato alcun esito». Lo ha detto Salvatore De Luca, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, audito in Commissione Antimafia.
Riguardo alla pista nera, ha proseguito, «abbiamo in corso delle indagini, ma ciò che ci appare un po’ singolare è che si insista su elementi legati a Delle Chiaie e che fanno riferimento alle dichiarazioni di Maria Romeo, del luogotenente Giustini e delle presunte dichiarazioni del collaboratore Alberto Lo Cicero, da cui viene fuori una pista che giudiziariamente vale zero tagliato; c’è peraltro una archiviazione tranciante del gip. Questo filone relativo a Delle Chiaie – anche se non possiamo escludere in maniera assoluta un suo ruolo – ci è stato prospettato da Roberto Scarpinato e prendendo le carte ci siamo resi conto che era zero tagliato».
Le precondizioni e la concausa
Vi sarebbero, a giudizio del procuratore, «due precondizioni» e «una concausa» che hanno condotto agli eccidi di Capaci e via D’Amelio; tra le prime, «l’isolamento, prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, all’interno della procura di Palermo retta da Giammanco», e la «sovraesposizione prima di Falcone e poi di Borsellino presso e non solo la medesima procura di Palermo». Infine, «ci sono molteplici gravi indizi circa il fatto che la gestione del filone mafia-appalti presso la procura di Giammanco, sia una delle concause delle stragi di via d’Amelio, ritenendo che vi siano elementi per pensare che sia una delle concause anche della strage di Capaci».
La pista nera
Sempre sulla pista nera, ha proseguito il procuratore De Luca, «abbiamo svolto più di due anni di indagini su Paolo Bellini condannato in via definitiva per la strage di Bologna; due anni anche di intercettazioni da cui sono emerse gravi esigenze cautelari che abbiamo trasmesso ai colleghi di Bologna che hanno in effetti emesso la misura detentiva». Se da questo punto di vista le intercettazioni «sono state fruttuose», d’altro canto, «non hanno permesso di arrivare a elementi sulla sua ipotetica partecipazione alle stragi del ’92». Non è tutto: «C’è una ulteriore pista nera che stiamo approfondendo, che potrebbe dare dei risultati, ma non siamo in grado di anticipare alcun esito».
Mafia e appalti
Su mafia-appalti, invece, «ci sono numerosi e concreti riscontri», per De Luca, il quale cita sentenze che «indicano come particolarmente probabile il filone mafia-appalti quale concausa», il Capaci bis, il Borsellino quater che richiama il Borsellino ter, il processo Stato-mafia appello, «smentito in diritto, ma non sulle considerazioni di fatto», le sommarie informazioni di Ingroia «e soprattutto quelle dell’ex collega Antonio Di Pietro che riteniamo di particolare attendibilità», e «vi sarebbero le dichiarazioni di De Donno, Mori e Canale sulla riunione alla Caserma Carini di Paolo Borsellino». La pista mafia-appalti «appariva insomma ben fondata, la dimostrazione perfetta della tesi di Falcone, circa il nesso tra mafia, economia e politica».
Il clima in procura
Tornando al clima in procura nei confronti di Falcone e al suo isolamento, De Luca ha sostenuto che Gioacchino Natoli (indagato insieme a Giuseppe Pignatone a Caltanissetta per favoreggiamento aggravato) «davanti al Csm ha mentito: ha affermato “non posso dire nulla su questo aspetto perché sono arrivato quattro mesi dopo che Falcone era andato a Roma, non ho informazioni né dirette né indirette”».
Nel corso della stessa audizione, «giovani colleghi – riporta il procuratore di Caltanissetta – hanno riferito che durante una riunione dei Movimenti per la giustizia, di cui Natoli era uno dei leader indiscussi, Falcone, su richiesta dei colleghi preoccupati per il fatto che stesse lasciando Palermo per andare a lavorare al ministero, aveva risposto che “non ci sono più le condizioni per lavorare a Palermo, non mi fanno lavorare…”. Ebbene, nel corso del suo interrogatorio Natoli ha confermato di essere stato presente a tale riunione, quindi vi sono indizi ben concreti per ritenere che lui davanti al Csm abbia mentito».
«C’è da chiedersi perché abbia preso questa posizione, una posizione di strenua difesa del dottore Giammanco davanti al Csm».
In questo contesto di sovraesposizione e isolamento, «pur non disponendo di prove su elementi corruttivi che riguardano Giammanco e Pignatone, questi potrebbero aver avuto comportamenti inopportuni, tali da indurre i mafiosi a ritenere che la procura fosse malleabile, con l’eccezione di Falcone e Borsellino, ritenuti incorruttibili e dunque possibile bersaglio della criminalità organizzata», e come tali particolarmente sovraesposti.
Borsellino nutriva una estrema diffidenza
Ha concluso il procuratore De Luca: «Paolo Borsellino nutriva una estrema diffidenza rispetto a Giammanco, Natoli e Lo Forte. Oltre alle dichiarazioni rese da Antonio Ingroia che parla di un Paolo Borsellino che non intende riferire certe notizie al procuratore, abbiamo la vicenda Mutolo: Paolo Borsellino, in un momento in cui si apparta con Mutolo – presenti Natoli e Lo Forte nella stanza, ma non a quel dialogo – riceve in via confidenziale quella che era una bomba atomica, la collusione con Cosa nostra del numero 3 del Sisde Bruno Contrada e di Domenico Signorino, uno degli uomini di punta del Maxiprocesso, poi in procura generale. Ricevuta questa notizia Borsellino saluta Lo Forte e Natoli e se ne parte».
«Sabato mattina va in procura e non riferisce a Giammanco, ma a Teresi e a De Francisci. È la prova che Paolo Borsellino non aveva più fiducia nella dirigenza dell’ufficio e che quella scelta era il massimo atto di sfiducia verso l’ufficio e verso Natoli nonostante questi abbia sempre detto di essere amico di Borsellino», conclude il procuratore.




