Ponte sullo Stretto di Messina, l’interlocuzione con la Ue decisiva per il Governo

È il tassello mancante del corridoio «Scandinavia-Mediterraneo»

Può rappresentare una svolta, nel complesso e tormentato iter del Ponte sullo Stretto di Messina, l’incontro avuto giovedì a Bruxelles dal vicepremier Salvini con il commissario europeo dei Trasporti Apostolos Tzitzikostas? Secondo il Governo, sì. E ovviamente no, secondo gli oppositori al collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Per Salvini l’interlocuzione con la Commissione Ue diventa, a questo punto, molto importante, se non decisiva. Il leader leghista, che non ha mai amato Ursula von der Leyen, con il suo collega, il conservatore greco Tzitzikostas, va invece d’accordo, come attestato dalle reciproche dichiarazioni di stima e dal sostegno che il «ministro» dei Trasporti europeo sta comunque dando al progetto del Ponte sullo Stretto.

Un sostegno che era stato ribadito, in particolare, nel corso dell’audizione svoltasi davanti al Parlamento italiano lo scorso mese di giugno, allorché il commissario confermò che lo «Stretto è uno dei colli di bottiglia da risolvere» e che «il collegamento stabile tra le due sponde è un’opera che fa parte dei corridoi europei». Sempre in quell’occasione, Tzitzikostas ricordò che «tra i principali compiti assegnati al commissario Ue c’è quello di adoperarsi affinché le parti mancanti dei corridoi del trasporto transeuropeo siano completate entro il 2030 e, di conseguenza, rafforzare il mercato unico dei servizi di trasporto».

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La priorità è assicurare la continuità dei corridoi

Le Reti transeuropee nel settore dei trasporti (Rte-T o Ten-T) sono state sviluppate per collegare le regioni dell’Unione europea e contribuire alla crescita del mercato interno e dell’occupazione. Tali reti sono un insieme infrastrutturale che consiste attualmente in una rete allargata, da realizzare con un orizzonte temporale 2050 («comprehensive network» o rete globale), e in una rete ristretta costituita dalle infrastrutture a maggior valenza strategica, da completare entro il 2030 («core network» o rete centrale). La rete centrale è articolata in nove corridoi principali: due corridoi Nord-Sud, tre corridoi Est-Ovest e quattro corridoi diagonali. La priorità a livello europeo è quella di assicurare la continuità dei corridoi, realizzando i collegamenti mancanti e assicurando connessioni fra le diverse modalità di trasporto.

Quattro dei nove corridoi Rte-T interessano l’Italia: il corridoio «Mediterraneo», che attraversa il Nord Italia da Ovest a Est congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; il corridoio «Reno-Alpi», che passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; il corridoio «Baltico-Adriatico», che collega l’Austria e la Slovenia ai porti del Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; il corridoio «Scandinavia-Mediterraneo», che parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma con i principali centri urbani del Sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina (attraverso il Ponte sullo Stretto di Messina) e Palermo.

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Il Ponte sullo Stretto di Messina è prioritario per l’Italia e per l’Europa

Partendo da questa premessa, Salvini e il Governo intendono giocarsi la carta della «assoluta priorità dell’opera», soppesando su una sorta di bilancia i «contro» (le violazioni alla Direttiva Habitat sulla tutela ambientale nei siti protetti e di interesse comunitario, denunciate non solo dagli ambientalisti ma anche dall’Anac e dagli stessi giudici della Corte dei conti) e i «pro», cioè il fatto che la stessa Direttiva Habitat prevede la possibilità che vengano realizzate grandi infrastrutture anche in deroga alle norme ambientali, purché si dimostri la loro «valenza strategica per il Paese ospitante e per l’Unione» e l’assenza di alternative concrete.

Nella risposta ai rilievi della Corte dei conti, il Governo, secondo quanto si apprende dal Mit e da Palazzo Chigi, punterà forte su questa carta: «Il Ponte sullo Stretto di Messina è prioritario per l’Italia, lo è per l’Europa perché è il tassello mancante del corridoio “Scandinavia-Mediterraneo” e non ha alternative, perché nessun potenziamento del cosiddetto collegamento dinamico nello Stretto potrà avere gli stessi benefici per il traffico viario e ferroviario (merci e passeggeri), per la riduzione dell’inquinamento da navi e per il rispetto del diritto costituzionale alla continuità territoriale da parte di chi vive gli svantaggi della condizione di insularità».

I pareri negativi

«I motivi che stanno alla base del diniego della Corte dei conti vanno ricercati, principalmente, nella violazione di due Direttive europee, tra le quali quella relativa alla conservazione di habitat naturali, oltre alla mancanza del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti sul piano tariffario». Secondo le associazioni ambientaliste che hanno presentato esposti anche alla Commissione europea – Wwf, Lipu, Legambiente e Greenpeace – gli ostacoli ambientali sarebbero «insormontabili», qualunque sia «il tentativo di aggiramento delle norme europee» da parte del Governo italiano.

«I magistrati contabili – affermano gli ambientalisti – hanno contestato, in primis, il superamento della Valutazione ambientale negativa attraverso la procedura “Iropi”, quella dei “motivi imperativi di interesse pubblico”, alla quale ricorre l’articolo 6 della Direttiva Habitat, che consente “la realizzazione di progetti nonostante si producano impatti negativi su siti della Rete Natura 2000, quando sussistono imperative motivazioni di interesse pubblico” che giustificherebbero un progetto anche se ci sono criticità». Poi si contesta anche la presunta violazione delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici e di concorrenza, dal momento che il Governo ha deciso di non bandire una nuova gara internazionale.

Secondo gli ambientalisti, per la Corte dei conti «l’uso della deroga non è stato sufficientemente motivato ed è stato presentato senza un’adeguata istruttoria tecnica realizzata in conformità ai criteri europei». La Corte dei conti, nelle 33 pagine del provvedimento, contesta anche la qualificazione dei «motivi imperativi di interesse pubblico», richiamando il fatto che per l’Unione europea quelle motivazioni non consentono di prescindere dal parere della Commissione Via-Vas.

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