Fabbrica abusiva esplosa a Ercolano: due condanne a 17 anni. Caos in aula

I parenti delle vittime contro la sentenza: «Non è giustizia»

La lettura della sentenza, emessa dal gip Federica Girardi del Tribunale di Napoli, per lo scoppio della fabbrica abusiva di fuochi d’artificio di Ercolano ha provocato una reazione immediata e particolarmente accesa tra i familiari, delusi, delle vittime: grida, arredi rovesciati e un tentativo di avvicinarsi ai giudici, bloccato dall’intervento della polizia. Il rito abbreviato riguardava l’esplosione del 18 dicembre 2024, nella quale morirono le gemelle Sara e Aurora Esposito, 26 anni, e il diciottenne Samuel Tafciu. Le tre vittime erano impegnate nella preparazione dei fuochi d’artificio al momento della deflagrazione.

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La rabbia dei parenti delle tre vittime, circa quindici presenti in aula, è esplosa nel momento in cui il gup Federica Girardi ha pronunciato la decisione sui tre imputati. Già prima della lettura del dispositivo si erano verificati contrasti tra i familiari delle vittime e quelli degli imputati, rendendo necessaria la presenza costante di polizia e carabinieri nell’aula 413, oltre a diversi interventi del personale sanitario.

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Il giudice ha riconosciuto la responsabilità dei datori di lavoro, Pasquale Punzo e Vincenzo D’Angelo, infliggendo loro 17 anni e 6 mesi per triplice omicidio volontario con dolo eventuale e caporalato, a fronte di una richiesta della procura pari a 20 anni. Il terzo imputato, Raffaele Boccia, dovrà scontare 4 anni, pena corrispondente alla richiesta formulata dai pm Stella Castaldo e Vincenzo Toscano.

La rabbia dei parenti

«Diciassette anni di carcere per tre morti non sono giustizia». È l’accusa dei familiari dei tre giovani deceduti, che hanno rivolto all’esterno dell’aula espressioni offensive verso i parenti degli imputati. «Siamo finiti dallo psicologo, non dormiamo più per il dolore di non poterli baciare», hanno dichiarato. «17 anni di carcere non sono giustizia. Lì c’è scritto ‘la giustizia è uguale per tutti’, ma non è vero» ha commentato Kadri Tafciu, padre del diciottenne Samuel.

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Riguardo alle tensioni esplose dopo la lettura del verdetto, l’uomo ha riferito di «esser stato offeso. Mi sono state rivolte ingiurie da parte dei parenti degli imputati». Più volte alcuni di loro hanno tentato di avvicinare l’altro gruppo, venendo fermati dagli agenti. Diversi hanno accusato malori che hanno richiesto l’intervento dei sanitari.

I legali

Una reazione «scomposta» ma «prevedibile e comprensibile» in un paese in cui «il lavoro nero è una piaga accettata come ammortizzatore sociale», ha affermato l’avvocata Nicoletta Verlezza, che nel processo ha assistito la famiglia delle due gemelle morte, commentando il caos e i disordini. «Anche con i venti anni di carcere – ha sottolineato – sarebbe successo quello che è successo. Sono morti di cui ci dobbiamo considerarci colpevole anche noi come, società civile» La legale si dice però soddisfatta da come si è concluso il processo. «La richiesta della procura è stata massima, 20 anni e la pena inflitta è stata leggermente inferiore: noi siamo soddisfatti perché l’ impianto accusatorio ha retto»

«Comprendo la rabbia, avevo preparato i miei clienti, è stato riconosciuto l’omicidio volontario. Secondo me c’era anche la premeditazione che avrebbe impedito il rito abbreviato. Capisco che 17 anni non possono valere la vita di tre ragazzi. È stata giornata durissima, in aula è successo il pandemonio» ha detto Massimo Viscusi, legale della famiglia Tafciu..

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