Trasfusione di sangue a una Testimone di Geova: medici assolti

La paziente li denunciò per violenza privata

Nel 2018 sottoposero una paziente a trasfusione di sangue ritenendo fosse l’unico modo per salvarle la vita, malgrado la donna, professando il credo dei Testimoni di Geova, all’atto del ricovero in gravi condizioni avesse consegnato un documento scritto con il quale, in base alla legge sul biotestamento del 2017, rifiutava di sottoporsi a questo trattamento.

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La paziente, di origini filippine, guarì ma successivamente denunciò per lesioni private due medici dell’ospedale Cardarelli di Napoli: il gup del tribunale di Napoli Armonia De Rosa, accogliendo la richiesta della difesa, ha assolto i due sanitari perché il fatto non sussiste. Anche il pm Ciro Capasso aveva presentato richiesta di assoluzione.

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La vicenda

La paziente era giunta già in gravi condizioni al pronto soccorso del Cardarelli, e all’atto del ricovero aveva presentato le Dat (direttive anticipatorie di trattamento) in cui metteva nero su bianco, come prescritto dalla legge, il rifiuto delle trasfusioni per via del proprio credo religioso. I sanitari ne presero atto ma col trascorrere delle ore emerse sempre più la necessità del trattamento. La donna, affetta da una grave patologia ginecologica, fu informata dell’aggravarsi del quadro clinico, ma confermò il proprio no.

Di fronte all’urgenza di procedere a un intervento, i medici riproposero alla donna l’esigenza della trasfusione: seguì un nuovo diniego verbale ma quando l’ospedale chiese alla paziente di firmare un documento in tal senso lei si rifiutò, avendo timore – in quanto straniera, anche se da tempo residente in Italia – di sottoscrivere un testo senza essere certa di una totale comprensione. Una «barriera linguistica», come scritto nel capo di imputazione, rispetto alla quale i medici decisero però di procedere ugualmente, facendo effettuare la trasfusione.

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L’iter processuale

La donna guarì, venne dimessa ma poco dopo sporse querela nei confronti dei due medici ospedalieri per violenza privata ritenendo che la trasfusione forzata fosse stata un abuso e non una necessità salvavita. La questione finì in tribunale, e dopo dodici udienze la gup del tribunale, a oltre otto anni di distanza dal fatto, ha assolto i due medici con formula piena. Soddisfatta la difesa dei due professionisti del Cardarelli, mentre gli avvocati della donna attendono le motivazioni della sentenza – che verranno depositate entro 90 giorni – per valutare la richiesta di appello.

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