L’indagine partì dalla denuncia della premier Giorgia Meloni
Hanno ammesso le proprie responsabilità e hanno chiesto di patteggiare, offrendo complessivamente circa 300mila euro che si aggiungono ai due milioni già sequestrati al momento della notifica delle misure cautelari. È quanto deciso da 21 delle 44 persone coinvolte nei presunti illeciti emersi nell’inchiesta “Click Day”, condotta dalla Squadra Mobile e dalla Procura di Napoli, che lo scorso 9 giugno aveva portato ad arresti e sequestri. La notizia è stata diffusa da Il Mattino.
A far scattare le indagini fu una denuncia presentata dalla presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, che aveva segnalato presunte irregolarità legate al meccanismo del cosiddetto “click day” per l’immigrazione. Le verifiche avviate dalla Procura di Napoli e dalla Squadra Mobile hanno permesso di far luce su un sistema di assunzioni simulate e regolarizzazioni fittizie.
Un sistema di false assunzioni e pagamenti agli immigrati
Secondo quanto emerso, le assunzioni di manodopera straniera venivano costruite a tavolino da imprenditori e intermediari. Attraverso procedure telematiche alterate, venivano create posizioni lavorative fasulle per consentire l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari.
Gli stranieri ottenevano così un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo per pochi giorni, ma le assunzioni non venivano mai formalizzate. Una volta scaduti i termini, gli immigrati rimanevano sul territorio nazionale senza documenti regolari, diventando clandestini, mentre i soggetti coinvolti incassavano somme di denaro in contanti e fuori dai canali ufficiali.
40mila pratiche nel mirino
Sono circa 40mila le pratiche finite sotto la lente degli investigatori. Il numero degli imputati si è ridotto grazie alla scelta di patteggiare da parte di molti coinvolti, tra cui agenti della polizia municipale, titolari di Caf, avvocati, poliziotti e una quindicina di imprenditori. Diciannove persone affronteranno a breve il processo con rito abbreviato, mentre altre quattro hanno optato per quello ordinario. Nel corso delle indagini è stato inoltre sequestrato un appartamento a Sorrento, di proprietà di uno degli avvocati implicati, ritenuto acquistato con i proventi delle attività illegali.




