Il Real Albergo dei Poveri: il sogno sociale dei Borbone
Nel cuore del Settecento napoletano, in un’epoca di fervore intellettuale e tensioni sociali, sorse un progetto ambizioso e carico di idealismo: il Real Albergo dei Poveri Napoli. Voluto dalla dinastia dei Borbone di Napoli, l’edificio doveva incarnare una risposta concreta al problema della miseria, offrendo non solo aiuto materiale, ma istruzione, lavoro e dignità ai senza tetto e ai più deboli del Regno. Pur rimanendo incompiuto e attraversando vicissitudini, il Real Albergo dei Poveri resta un simbolo del “sogno sociale” borbonico: un’idea di Stato capace di prendersi carico del suo popolo.
Andremo ora a esplorare tre momenti chiave: la genesi del progetto, le trasformazioni nel tempo e le prospettive contemporanee.
Le origini dell’utopia borbonica: concezione e costruzione
L’idea del Real Albergo dei Poveri nacque sotto il regno di Carlo III di Borbone (allora Re di Napoli), che nel 1749 incaricò l’architetto Ferdinando Fuga di progettare una struttura monumentale capace di accogliere migliaia di indigenti provenienti da tutto il Regno.
La filosofia alla base era moderna: non un semplice ricovero, ma un “ospizio operoso”, dove gli ospiti potessero essere divisi per età e sesso, vivere con un minimo di ordine, seguire percorsi lavorativi e formativi, e reinserirsi nella società.
Fuga, nel suo progetto, immaginò una pianta rettangolare con cinque cortili interni e una chiesa centrale. Ma nella pratica furono realizzati solo tre cortili, e l’opera rimase sempre al di sotto delle ambizioni originarie.
La costruzione iniziò nel 1751, ma procedette a rilento: alla morte dello stesso Fuga (1782) i lavori furono ereditati da altri architetti, come Mario Gioffredo e Carlo Vanvitelli, fino all’interruzione definitiva nel 1819. Le ragioni furono molteplici: la vastità del progetto, i costi esorbitanti, il cambiamento di priorità sotto Ferdinando IV e le difficoltà politiche ed economiche del tempo.
Nonostante questo, l’edificio realizzato è gigantesco: circa 103.000 metri quadrati di superficie, 440 ambienti, 9 km di corridoi, dimensioni che lo collocano tra i più grandi palazzi pubblici d’Europa.
Tra utopia e realtà: le metamorfosi del Real Albergo
Fin dagli anni successivi alla sua costruzione, la destinazione originaria cambiò. Ferdinando IV ridimensionò la funzione residenziale: parte dello spazio fu dedicato a laboratori e attività manifatturiere anziché alloggi per tutti i poveri.
Nel corso del XIX e XX secolo, il Real Albergo dei Poveri vide molteplici usi: scuola per orfani, accoglienza di indigenti, istituzioni sociali, tribunale per minori, spazio per spettacoli e manifestazioni, archivio e altro.
In alcuni periodi venne persino denominato “serraglio” o “reclusorio”, segno di come fosse percepito anche come luogo di controllo e disciplina più che apertura sociale.
Negli anni ’80, il complesso subì gravi danni, in parte dovuti al terremoto, che causarono vittime e danni strutturali. Nel 1981 il Comune di Napoli acquisì il monumento e, dal 1999, è stato avviato un “Progetto recupero Real Albergo dei Poveri” per restauro e riconversione.
PNRR e rinascita: il nuovo corso del Real Albergo dei Poveri a Napoli
Negli ultimi decenni, sono stati delineati vari piani con ingenti finanziamenti — in particolare attraverso il PNRR — per riqualificare l’edificio. Il progetto ha trovato nuova linfa grazie alla sinergia tra il Ministero della Cultura, il Comune di Napoli e l’impulso dato dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, che durante il suo mandato aveva voluto imprimere una svolta concreta al recupero del monumento.
L’intervento si inserisce in una più ampia strategia nazionale di valorizzazione del patrimonio storico-artistico, con l’obiettivo di restituire il Real Albergo dei Poveri non solo come luogo della memoria, ma come polo vitale di cultura, innovazione e inclusione sociale.
Il piano di riqualificazione del Real Albergo dei Poveri
Il piano di riqualificazione, finanziato con centinaia di milioni di euro, prevede il restauro delle facciate principali, il consolidamento delle strutture interne, il rifacimento dei tetti e la realizzazione di nuovi impianti tecnologici volti all’efficientamento energetico. Una parte significativa delle risorse è destinata alla rifunzionalizzazione degli spazi interni, che ospiteranno laboratori di formazione, sale espositive, archivi, aree per eventi culturali e attività per la cittadinanza. L’obiettivo è quello di coniugare la tutela architettonica con una nuova visione d’uso, capace di riportare vita quotidiana all’interno dell’immenso edificio.
Tra i progetti più rilevanti si distingue la creazione della seconda sede del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), che accoglierà i depositi museali, mostre temporanee e percorsi dedicati al patrimonio archeologico dell’area vesuviana. Accanto a questa funzione, il Comune di Napoli e il Ministero hanno previsto l’insediamento di spazi per università, istituti culturali e imprese creative, in un modello gestionale aperto e partecipato.
Secondo quanto annunciato dall’allora ministro Sangiuliano, la prima ala del complesso potrebbe essere inaugurata entro il 2026, mentre il completamento dell’intervento complessivo è previsto entro la fine del decennio.
«Conosco il valore e la potenzialità di questo edificio, questo è un luogo di grande potenzialità» – dichiarò Gennaro Sangiuliano – «ci sarà tantissimo in questo edificio: sarà una grande infrastruttura culturale al servizio dei cittadini per riqualificare una zona bellissima della città di Napoli, un’area di grandi tradizioni e identità»
Il sogno sociale dei Borbone: eredità e sfide attuali
Il Real Albergo dei Poveri incarnava l’idea che lo Stato, in particolare i Borbone di Napoli, dovessero intervenire attivamente nella gestione della povertà, non solo con assistenza, ma con strutture organiche e durature. Era un ideale che combinava welfare, educazione e ordine pubblico.
Ma quell’utopia si scontrò con le realtà politiche e finanziarie: l’incompiutezza dell’edificio fu simbolo del limite tra ambizione e praticabilità. Molti spazi rimasero inutilizzati, e la funzione assistenziale cedette il passo a destinazioni più pragmatiche di istituzione pubblica o culturale.
Oggi rimane la grande sfida: far rivivere quel sogno sociale con i vincoli del moderno. Il recupero del Real Albergo dei Poveri Napoli non può essere soltanto restauro architettonico, ma progetto culturale inclusivo che renda giustizia all’idea originaria.
Se la seconda sede del MANN, i laboratori culturali, gli spazi pubblici finalmente accessibili e un’offerta sociale realmente integrata prenderanno forma, allora il sogno borbonico sarà realizzato, almeno in parte. Ma resta la domanda: il valore simbolico sarà sufficiente a sostenere la realtà del 21° secolo?