Finora gli elettori hanno smontato i piani del «campo largo»
Una cosa è certa – e credo l’abbiate notata anche voi, senza che debba essere il sottoscritto a segnalarvela -, più gli italiani mostrano di avere fiducia nel centrodestra e di non avere più alcuna considerazione nel centrosinistra, più gli esponenti di quest’ultimo gettano benzina sul fuoco per generare nuove tensioni e far crescere l’avversione (per non dire l’odio) nei confronti del governo e di chi la pensa diversamente da loro.
Come al solito, lanciano la pietra ma, con il contributo della cecità e del mutismo della stampa mainstream, nascondono la mano. Basta pensare alle ultime iniziative pro Flotilla e pro Gaza che – ma solo per «combinazione», sia chiaro – hanno praticamente coinciso con le elezioni regionali nelle Marche, in Calabria e ieri e oggi in Toscana. Nelle prime due, però, per la sinistra che sperava di utilizzarle come energetico elettorale, non hanno dato gli effetti sperati.
Così come non li hanno dati le minacce costanti al governo e ai parlamentari del centrodestra, le surreali denunce alla Corte penale internazionale a Meloni e all’esecutivo per complicità con Israele in genocidio relativamente a Gaza o per il caso Almasri, nel tentativo, «more solito», di liberarsene per via giudiziaria e ritornare a Palazzo Chigi, non con la chiave del voto, ma scassinando – come sempre dagli anni 2000 a oggi – la porta. Marchigiani e calabresi hanno guardato ai risultati, fatto la differenza e detto «no» al campo (santo), optando per il centrodestra.
Il centrodestra avanza, la sinistra arretra
Comunque, dopo gli 8,26 punti di distacco rifilati da Acquaroli cds (52,58%) a Ricci cs (44,32%) nella prima giornata di questa tornata elettorale regionale, il centrodestra, domenica scorsa, ha raddoppiato in Calabria grazie al cappotto (+17,62%) «regalato» dall’uscente Occhiuto (58,33%) all’europarlamentare grillino Tridico (40,71%). Ed oggi è impegnato nella seconda giornata dell’appuntamento in Toscana con l’uscente Giani che è chiamato a vedersela con Tomasi, sindaco di Pistoia di FdI, che ha tutta l’intenzione di scalzarlo da quella poltrona e portare sul 3 a 0 il risultato del momento. Non sarà facile ed è meglio non farsi troppe illusioni, ma senza dare per scontata una sconfitta che sulla carta non lo è per niente, anzi!
Rimandando al 23 e 24 novembre prossimi, quando scenderanno in campo Campania, Puglia e Veneto, il compito di stabilire l’esito finale di questa affollatissima tornata elettorale. È giusto sottolineare, però, che con la vittoria del centrodestra nelle Marche è saltata l’opportunità sulla quale sperava il centrosinistra: confermare le tre regioni da lei governate (Campania, Puglia, Toscana) e provare a strappare Calabria e Marche al centrodestra, lasciando a quest’ultimo soltanto il Veneto e chiudere la partita con un rotondo 5 a 1 a proprio favore e dare una spallata a Meloni & C..
Invece, per ben che le vada, adesso potrà chiudere al massimo con un pareggio per 3 a 3 (ma per questo dovrà prima confermare la Toscana). E comunque dovrà rinunciare a tutti i sogni di gloria. Perché comunque a essere sconfitta sarebbe sempre la sinistra, dal momento che riuscirebbe a malapena a confermare le tre già a sua disposizione: Campania, Puglia e Toscana. Altrimenti sarà debacle per 4 a 2 a favore del centrodestra. Altroché il 5 a 1 a loro favore come dalla Schlein, «allegramente» pronosticato prima del 23 settembre.
Le nuove sfide
E non si può certo dire che tutto questo sia da accreditare alla compattezza del centrodestra che, proprio nel momento dell’indicazione dei candidati governatori in cui avrebbe dovuto essere più evidente, è mancata totalmente sia in Campania che in Puglia e nel Veneto, con gli accordi raggiunti soltanto mercoledì scorso per le candidature di Edmondo Cirielli in Campania, il civico Luigi Lobuono in Puglia e Alberto Stefani nel Veneto. Il che ha consentito ai loro avversari almeno un paio di mesi di campagna elettorale indisturbata e senza contraddittorio. A questo punto, però, è «inutile piangere sul latte versato».
Meglio cominciare immediatamente a pedalare per recuperare il terreno perduto. Tanto più che i prescelti sono elementi di tutto rispetto e assolutamente in grado di dire la propria per il raggiungimento del risultato finale. Cirielli, già generale dei carabinieri e attuale viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; Luigi Lobuono, imprenditore barese ed ex presidente della Fiera del Levante; e, infine, nel Veneto l’enfant prodige di Salvini, il deputato Alberto Stefani, vicesegretario del partito ed ex sindaco di Borgoricco, che compirà 33 anni il 16 novembre e, se sarà eletto, quindi, diventerà il più giovane presidente di Regione in carica.
Per i tre rispettivi avversari, insomma, Roberto Fico, Antonio Decaro e Giovanni Manildo, la partita sarà tutt’altro che facile. A patto, però, che il centrodestra non faccia ulteriori capricci, ritrovi la compattezza e lavori come «un sol uomo» per recuperare il tempo sprecato fino ad adesso. E Cirielli è già partito. A due giorni dall’annuncio della candidatura, ha incontrato la stampa e illustrato il suo programma. Come avete letto sabato su queste stesse pagine.