L’artista a ilSud24: «Le radici influenzano la tua esistenza»
«La cultura napoletana è una cultura di grande valore e, per chi ama il teatro, è sicuramente una ricchezza. La lingua napoletana, la tradizione teatrale, la presenza di grandi autori, la passione per il teatro, diffusa in ogni strato sociale, rendono questa cultura unica. Il teatro e la scrittura napoletana sono molto seguiti e sentiti, ed è davvero una ricchezza essere napoletani».
Con queste parole Gea Martire racconta il legame profondo tra le sue radici e il suo percorso artistico in un’intervista concessa a ilSud24. Nata a Torre Annunziata, l’attrice riconosce quanto la sua terra abbia influenzato il suo modo di essere e di esprimersi. «Le proprie radici influenzano l’esistenza, il carattere, la personalità, i pensieri. Influenzano la formazione e quindi quello che sei e che esprimi, nel lavoro e nella vita in generale. Influenza tutto, è chiaro».
Il teatro come scelta di vita
Pur avendo lavorato nel cinema e nelle serie televisive, Gea Martire non ha dubbi su quale sia il mezzo espressivo che più la rappresenta. «Il teatro, sicuramente». Il motivo è chiaro: «La presenza di un pubblico, di persone con cui si crea una sintonia, diventa una comunicazione immediata, calorosa, fatta di respiri, fiati e pensieri che entrano in contatto. Questo è l’obiettivo da raggiungere. Quando accade, il pubblico fa lo spettacolo insieme all’attore. Spesso non si è consapevoli di quanto lo spettacolo dipenda anche dall’attenzione e dal coinvolgimento del pubblico. Quando c’è sintonia, il pubblico è attore insieme all’attore. È un risultato eccezionale, che ti dà emotivamente molta carica».
La differenza tra teatro e cinema
Nel corso della sua carriera, ha lavorato con registi di grande calibro come Maurizio Scaparro, Sguarzina e Armando Pugliese, interpretando testi classici e contemporanei.
Ogni esperienza ha contribuito alla sua crescita: «Tutte le esperienze contribuiscono alla crescita. A volte ti rendono felice di quello che fai, altre ti inducono a riflettere su ciò che è meglio non fare. Dal primo all’ultimo spettacolo, tutto è molto presente in me. Ogni cosa mi ha fatto capire qualcosa di utile, proprio come accade nella vita: se vivi una giornata meravigliosa, sei felice; se è problematica, ti serve a capire cosa correggere».
Il cinema, invece, resta per lei un territorio più enigmatico: «Nonostante abbia fatto molta esperienza al cinema e in televisione, ancora oggi non ne comprendo fino in fondo il meccanismo. In certi momenti c’è la consapevolezza che quello che fai sul set potrebbe non essere quello che vedrai nel prodotto finito. Dopo le riprese c’è il montaggio, che può cambiare tutto. Ti puoi ritrovare con un ruolo completamente diverso rispetto a quello che avevi interpretato, magari tagliato o montato in modo differente. È sempre un po’ minaccioso per me. Una sorpresa che può essere meravigliosa o meno bella».
Il lavoro dell’attore e la costruzione del personaggio
Per Gea Martire, interpretare un ruolo è un processo di studio e comprensione: «Questo accade sempre, è il senso del mestiere dell’attore. I personaggi sono sempre lontani da te, a meno che tu non interpreti qualcosa che hai scritto o pensato in modo spontaneo. Il regista è l’intermediario tra te e il personaggio, ti dà indicazioni e ti mette sulla strada giusta. È un lavoro di costruzione che nasce dallo studio, dalla riflessione, dalla comprensione del testo e dell’autore».
Un lavoro complesso, che richiede grande dedizione: «Non è un lavoro semplice, richiede molta concentrazione. Con il tempo affini gli strumenti che ti aiutano a costruire un personaggio. Quando accetti un ruolo, è come prendere un appuntamento con il personaggio: devi prepararti per incontrarlo, prenderlo sotto braccio e percorrere con lui un tratto di vita e di esperienza. È complicato. A volte incontri personaggi con idee e comportamenti molto lontani dai tuoi, persino condannabili. Eppure, devi metterti da parte, annullarti e comprendere quel personaggio. Trovare l’equilibrio tra quello che sei e quello che interpreti è fondamentale, altrimenti rischi di perderti».
Lo sguardo al futuro
Nonostante una carriera ricca di esperienze, Gea Martire non smette di guardare avanti: «In teatro ci sono cose bellissime da interpretare, ma quello che mi incuriosisce di più è la scrittura degli autori contemporanei. Nel corso del tempo ho sempre cercato di portare in scena testi di autori moderni, come Enzo Moscato, Francesco Silvestri, Annibale Ruccello, Ruggero Cappuccio e Manlio Santanelli. È una parte del mio lavoro che mi ha sempre dato grande soddisfazione. La curiosità di stare dentro alla drammaturgia contemporanea rimane viva: voglio continuare a incontrare nuovi autori, capire come evolve la scrittura teatrale e proiettarmi con loro nel presente e nel futuro». Una passione inesauribile, che la spinge sempre verso nuove sfide, nel teatro e oltre.
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