«Antimo Imperatore vittima di camorra, sentenza non rende giustizia»

Il legale della famiglia dell’operaio: «Impedisce ai parenti di Imperatore di essere ritenuti vittime di reati mafiosi»

«È una sentenza che non rende giustizia: né allo Stato che incarcera un collaboratore di giustizia, con le agevolazioni e il trattamento di quello status mentre dovrebbe incarcerarlo come efferato pluromicida». A parlare è l’avvocato Alessandro Motta, legale di Annunziata Lepre e Imma Imperatore, rispettivamente moglie e figlia di Antimo Imperatore, un operaio trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Antimo, infatti, estraneo alle logiche mafiose partenopee, venne assassinato nel rione Fiat del quartiere Ponticelli di Napoli, il 20 luglio 2022, mentre stava installando una zanzariera nell’abitazione di Carlo Esposito, legato alla camorra del rione e vero obiettivo di quell’agguato in cui a sparare fu Antonio Pipolo, reo confesso di quell’omicidio condannato a 26 anni di carcere lo scorso 20 marzo, dalla Corte di Assise.

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La Procura di Napoli chiese ai giudici 18 anni di reclusione (con il riconoscimento dell’attenuante come collaboratore di giustizia) a differenza degli avvocati della famiglia (l’altra figlia della vittima, Filomena, è stata difesa dall’avvocato Concetta Chiricone) che invece invocarono l’ergastolo ritenendo quel delitto pienamente inquadrato in un contesto camorristico (ex 416bis) che invece non è stato ritenuto sussistente dai giudici.

«Questa sentenza, così come è stata motivata, impedisce – tiene a precisare l’avvocato Motta – ai familiari di Imperatori di essere ritenuti vittime di reati mafiosi negando ogni accesso a qualsiasi agevolazione, che stride con lo status del sicario ritenuto omicida dalla Corte di Assise e invece collaboratore di giustizia da parte della Procura».

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Per Alessandro Motta, quella sentenza, di cui sono state rese note le motivazioni qualche giorno fa «non rende giustizia neppure ai familiari delle due vittime, una delle quali – sottolinea – Imperatore, totalmente estraneo ad ambienti criminali ma ucciso dalla mano camorristica, da killer tossicodipendente e psicologicamente alterato. L’altro ritenuto intraneo alla criminalità organizzata vittima dello stesso sicario, testa e corpo. Solo un vaglio globale da parte di altra corte di Assise, – conclude Motta – potrà dirimere i dubbi e rendere giustizia a tutti».

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