La sequenza dell’orrore: «Scaricai la pistola contro Tommasino»

Il pentito: feci fuoco molte volte, lo colpii subito alla testa e al collo

«Salvatore Belviso ha detto che dovevamo scendere da Scanzano e fare una via e due servizi: cioè sparare al fratello di Pupetta Maresca, sorprendendolo mentre veniva ad aprire i campi di calcetto, ed uccidere Luigi Tommasino» spiega il pentito Renato Cavaliere. «Siamo scesi da Scanzano a Castellammare di Stabia, abbiamo percorso il viale Europa, abbiamo girato a via Nocera, verso le scuole, siamo arrivati vicino al campo di calcetto del fratello di Pupetta Maresca e ci siamo fermati un po’ più avanti del campo di calcetto, prima del supermercato dove la mattina avevamo visto entrare Luigi Tommasino e la moglie. Il supermercato si trovava di fronte al palazzo dove abitava Tommasino». Tuttavia, le cose non andarono in maniera lineare.

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«Dopo che ci siamo fermati, Polito si guardava intorno e dava nell’occhio – si legge nel verbale – lo sono sceso dalla motocicletta e ho messo la pistola sotto la cintura. Polito si è spostato un po’ più avanti ed io ho fumato una sigaretta insieme a Belviso». L’imponderabile era rappresentato dal traffico: «Abbiamo aspettato che il traffico si sbloccasse e quando Tommasino è uscito dalla galleria facendo la curva a sinistra per immettersi nel viale Europa ho fatto partire Polito. Salvatore Belviso si era anticipato e quando siamo passati vicino al bar Italia mi ha guardato per segnalarmi la presenza del fratello di Michele Omobono, che però non era una persona alla quale dovevamo sparare».

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I dettagli dell’agguato

Poi Tommasino fu segnalato. E il killer entrò in azione: «Ho iniziato a sparare esplodendo in rapida successione tre colpi. Il primo alla testa ed il secondo al collo. Dopo i primi due colpi Luigi Tommasino Luigi ha abbassato la testa e il terzo colpo ha centrato il vetro del finestrino lato passeggero che si è rotto. Ho sparato altri due colpi al petto. Polito ha accelerato e abbiamo sorpassato la Lancia Musa. lo mi sono girato alzandomi sui poggiapiedi della motocicletta e ho sparato altri 7-8 colpi mirando al petto».

Poi un dettaglio terribile: «Quando ci siamo accostati alla Lancia Musa ho visto che Tommasino stava parlando al telefono cellulare e aveva una sola mano sul volante. Ritengo che non sia nemmeno accorto di quello che gli stava succedendo. Quando mi sono girato per sparare alzandomi sui poggiapiedi ho visto che accanto a Tommasino c’era un’altra persona, che aveva i capelli lunghi biondi e che era alta. Ho pensato che si trattasse della moglie».

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«Ciononostante, ho continuato a sparare anche perché dovevo scaricare tutta la pistola sull’obiettivo. Ho visto che la persona che era accanto a Tommasino (e che soltanto successivamente ho saputo essere il figlio) lo ha preso per il braccio destro e ha iniziato a scuoterlo. Quella persona ha preso poi lo sterzo con le mani. Infatti, l’autovettura ha iniziato a sbandare andando a toccare le altre macchine. Quando ci siamo allontanati con la motocicletta, ho visto che la macchina è andata a finire dentro la vetrina di Unieuro».

Poiché l’omicidio è stato commesso nel centro città e in una zona molto trafficata il pentito spiega di aver raccomandato a Polito di rimanere al centro della strada, in modo da non essere ripresi dalle telecamere dei negozi e delle banche che si trovano in quella zona.

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