Giorgia Meloni: piano Mattei o campagna d’Europa…

di Rino Nania

L’Italia assume un ruolo centrale e diventa protagonista nel rapporto col sud del mondo e col continente africano

In un mondo ormai declinato alla stregua di un modello multipolare Giorgia Meloni riesce a discutere con tutti i maggiori protagonisti dell’intero pianeta. Lo fa adesso, a maggior ragione, col passaggio di consegne tra Giappone e Italia per la guida del G7.

Lungo questi mesi i contatti della Premier hanno portato a rilevanti risultati, che oggettivamente assumono valore, laddove gli accordi bilaterali con Tunisia ed Albania assurgono ad esempio per l’intera comunità europea, che sembra sul fronte dell’immigrazione di non potere più lasciare in solitudine l’Italia e che, nel frattempo, si è dovuta ricredere ove, sul procacciamento di fonti energetiche, non sa bene verso quale direzione andare, seppur manifestando, attraverso petizioni di principio, che l’interesse primario debba essere rappresentato dalla transizione: ecologica, digitale, demografica, energetica.

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E, infatti, sul tema della green economy è storia di questi giorni, come la protesta dei trattori portata avanti sul modello della protesta dei forconi, sia riuscita a incalzare l’intero sistema di produzione e distribuzione e, attraverso l’Italia, prova adesso a condurre a più miti consigli gli eurocrati, che avrebbero voluto obbligare gli agricoltori a misure drastiche, senza una logica produttiva compatibile ed equilibrata e senza una politica ragionevole di sussidi.

Così anche su quest’argomento il governo italiano ha intrapreso benevolmente la strada del dialogo e del confronto, riuscendo, secondo logiche ragionevoli, a modificare l’impianto e la previsione di un progetto industriale insostenibile per molte categorie, che vanno dalla produzione delle auto elettriche, alla produzione agricola, sino alla cosiddetta transizione del nuovo corso Green Deal europeo.

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Il Green Deal

Per cui, consapevoli tutti che il futuro dell’Europa dipenda dalla buona salute del pianeta, i paesi dell’UE che si sono impegnati a conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 rispettando gli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi, appaiono percepire adesso la difficoltà di portare avanti un simile indirizzo. Sicché il Green Deal europeo, che appariva come destino ineluttabile con una predeterminata scadenza, diviene oggi lo specchio di una strategia «frettolosamente» concepita che l’UE non può conseguire entro il 2050.

E, nonostante, si viva e si proceda in una sorta di «caoslandia» in cui Cina e Turchia giocano una partita importante, appare sempre più solida e cristallina la necessità di avviare un percorso riformatore ragionevole, all’insegna degli studi di Federico Caffè, che abbia ben presente il senso di realtà, di cui nutrirsi nell’elaborare una strategia solidale e non vivere di sola tattica mercatista.

Anche sotto tale profilo l’Italia assume, oggi, un ruolo centrale nell’assurgere a protagonista nel rapporto col sud del mondo e col continente africano. Qui difatti con il «piano Mattei» il governo Meloni aspira ad indirizzare l’Europa verso il compimento di nuovi passi in direzione di dialoghi, che abbiano risvolti pratici e collaborazioni proficue con i paesi del continente nero.

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I flussi migratori

Sul punto Federico Rampini ha analizzato in profondità l’ambizioso progetto, riconoscendo merito al proposto piano d’investimento e sviluppo che si dimostra di avere anche l’obiettivo di limitare i flussi migratori verso l’Europa, che «nascono da diseguaglianze e povertà, situazioni anche di grave violenza e minaccia alla sicurezza delle persone, guerre civili e movimenti jihadisti, quindi non c’è dubbio che nello scenario africano un maggiore flusso d’investimenti dall’Italia e dall’Europa sia una delle cose che possono anche contribuire ad arginare i flussi migratori».

Rampini in tutto questo scorge l’opportunità in un mercato di «330 milioni di consumatori con un potere d’acquisto medio-alto, sono tanti quanto l’intera popolazione degli Stati Uniti», osserva il saggista.

Insomma, in questo quadro di riferimento, dovremmo cambiare prospettiva e a considerare il piano Mattei utile ad andare in questa direzione: «È uno dei tasselli di una nuova strategia italiana ed Europea che guarda l’Africa come una terra di opportunità anziché come un luogo da cui vengono delle minacce – argomenta Rampini – Opportunità per le nostre imprese, addirittura si potrebbe cominciare a ragionare su un’emigrazione a rovescio: giovani italiani che vanno a trovare delle opportunità di lavoro perché c’è tanto da investire, per esempio tutta la transizione verso un’economia sostenibile».

Uno scenario inedito

In tal senso si prospetta e si dispiega uno scenario inedito, in cui le aziende e i giovani italiani ed europei possano trovare l’occasione propizia per creare nuove economie, a mettere in moto meccanismi virtuosi per il mercato del lavoro delle aziende italiane e per dare concreta traduzione a un modello che sa coniugare solidarietà e sviluppo, mettendo a frutto il complesso delle cognizioni tecniche ed esperienze professionali possedute per il corretto impiego di una tecnologia o anche, più semplicemente, di una macchina o di un impianto, necessari per svolgere in modo ottimale il «fare impresa», mediante un sistema inclusivo e non predatorio.

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