Moody’s: «sì» alla manovra, il governo fa poker. Ma «lorsinistri» e media amici ancora sparano sulla Meloni

di Mimmo Della Corte

Sopporterà, l’opposizione, tanti fiaschi tutti insieme e con gli italiani che le hanno strappato la maschera?

Alla fine, lo stop dei trasporti indetto da Cgil-Uil c’è stato. In versione ridotta per orario: 4 ore per turno, anziché 8, perché secondo il garante dello sciopero era privo delle «stimmate» per essere definito «generale», la precettazione di Salvini e la stringatissima partecipazione dei lavoratori: solo il 5%. Intanto, però, sul fronte del rating, il governo ha fatto poker. Anche Moody’s ha detto «sì» alla manovra, innalzando a «stabile» l’outlook.

Ciò significa che – a dispetto dell’opposizione – non c’è più l’Italietta Cenerentola d’Europa ed è tornata l’Italia che corre nelle zone alte del continente. Sopporterà l’opposizione tanti fiaschi tutti insieme e con gli italiani che le hanno strappato la maschera? Sa dire solo «no», insegue un sindacato senza idee e che non intende rispettare le regole ed è condizionata dai media amici.

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Tant’è che prima che la decisione fosse assunta, Marco Bentivoglio su «La Repubblica» – gruppo editoriale Gedi che edita anche «la Stampa», proprietà di Exor, della famiglia Agnelli che ne controlla il 52% – ha cercato, strumentalmente di spiegare: «Perché il sindacato si rispetta».

Il segnale della Fiat

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Forse, un segnale di riconoscenza della Fiat a Cgil e Uil per aver taciuto sul prestito garantito – restituito con anticipo di un anno sul previsto – di 6,3 miliardi ricevuto dallo Stato con il decreto liquidità 2020 per gli investimenti in Italia e la tutela dell’occupazione (di cui nessuno s’è accorto) e per aver finto di non vedere la svendita della Fiat alla neonata olandesina «Stellantis» e la perdita di 7.500 posti di lavoro che ne è conseguita? «Ai posteri l’ardua sentenza»! Nel frattempo, il gruppo nato da FCA e PSA manda 15mila lettere ai dipendenti italiani invitandoli alle dimissioni “volontarie”. E il sindacato ancora tace.

Detto con estrema franchezza, considerando «da che pulpito, viene la predica», più che un invito a riflettere sulla giustezza o meno dell’iniziativa sindacale e, quindi, sull’opportunità di darle o no il via libera, quel titolo, sembrava un ordine tassativo cui il garante dello sciopero avrebbe dovuto aderire immediatamente, autorizzando Bombardieri e Landini a «bloccare» per 24ore l’Italia. Ma per piacere!

Che il sindacato vada rispettato è cosa buona e giusta, ma lo è altrettanto anche accettare le decisioni della Commissione di garanzia dello sciopero «Autorità amministrativa indipendente, istituita nel 1990, con il compito di garantire il bilanciamento tra il diritto allo sciopero, tutelato dalla Costituzione, e gli altri diritti costituzionali della persona» nominata – su indicazione dei presidenti delle Camere – dal Capo dello Stato.

Lo stop dei trasporti

Ma diventata, secondo «lorsinistri» – all’insegna del rituale «chi non è con noi è contro di noi» – il «manganello della Meloni» perché, sulla base delle norme fissate nel 2003 (non dal centrodestra, quindi), ha detto «no» allo stop dei trasporti in Italia, così come originariamente stabilito da Cgil e Uil, proclamato contro la manovra finanziaria 2024, prima ancora che fosse definita e, quindi, senza conoscerne i contenuti.

Dando il là, al rituale stantio e obsoleto mantra del «governo fascista». La verità è che, il doppio flop in sei giorni: la Schlein a piazza del Popolo e lo sciopero di Landini e Bombardieri, conferma che gli italiani sono stanchi e a questo gioco non ci stanno più.

E non per mettere in dubbio ruolo e importanza del sindacato, bensì per ricordare a Cgil e Uil che il rispetto è un diritto astratto e proprio per questo, bisogna meritarlo, nella fattispecie, fiancheggiando i lavoratori – che nonostante loro, secondo l’Inps da gennaio ad agosto, sono cresciuti di oltre un milione – non sostituendosi ai partiti, non scaricandogli sulle spalle la responsabilità del lavoro sporco, che i secondi, per un minimo di ritegno evitano e facendo scelte politiche su questioni che a chi lavora, interessano come «il cavolo a merenda».

Che, però, toccano – e non poco – i loro «capetti» che, ormai, più che degli interessi di chi sgobba al lavoro per 8 ore, si preoccupano della propria scalata alle poltrone di potere. Ormai è chiaro – per come si muove e per le strategie che mette in campo – che l’obiettivo principale di Landini, non è il lavoro, ma gli scranni di leader dell’opposizione e del Parlamento.

Schlein e Conte

Tant’è che al mezzo fiasco di Schlein (che, tra l’altro, ha rifiutato l’invito alla festa di FdI ad Atreju) in Piazza del popolo lui non c’era, ripagato con la stessa moneta, sei giorni dopo, nella stessa piazza da Elly e Giuseppi.

Tanto che ha inviato alla Commissione bilancio del Senato un libro dei sogni di 51 pagine «proposte di emendamenti al bilancio» che comporterebbero – come ha scritto Franco Bechis su Open – ben 87miliardi, 32milioni e 650mila euro di maggiori spese coperti soltanto – tra tagli alla spesa e maggiori entrate – da 13 miliardi e 730 milioni. Risultato? Uno sprofondo di 73 miliardi e 302 milioni.

Che sommati ai 160 miliardi del Bonus 110 di Schleniana e Contiana memoria, farebbe crescere il nostro debito pubblico complessivo di ben oltre 250 miliardi. Sa bene che si tratta di manovra che non sarà mai approvata, anche se alla fine su di essa convergeranno pure Schlein e Conte. Del resto è proprio questo il loro reale obiettivo: continuare con la solita lagna del governo incapace che sfugge al dialogo con l’opposizione e approva una manovra recessiva che ci porterà alla catastrofe.

Purtroppo, nonostante tutti gli schiaffoni che gli italiani gli hanno rifilati in questi 12 mesi di governo Meloni, continuano gufare la Meloni e avanzare proposte che se accettate ci porterebbero alla bancarotta. Perché, certo, sono contro il governo, ma sono soprattutto contro l’Italia e gli italiani. E non lo dice il sottoscritto, ma i fatti che, mai come adesso, parlano decisamente chiaro.

Come dare torto, allora, all’ex parlamentare comunista, Rizzo quando afferma che «Landini, ha tradito i lavoratori»? Di Vittorio fondatore della Cgil nel 1944 si starà rivoltando nella tomba, per come il suo ultimo successore ha ridotto, quello che fu il primo sindacato della storia democratica del Paese.

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