La moglie di Soumahoro si difende: «Non ho mai avuto in uso le carte di credito»

Ha respinto le accuse di aver utilizzato fondi delle cooperative pro-migranti per beni voluttuari

Gli oggetti di lusso, le borsette costose «non li ho comprati io: gli unici pagamenti che ho effettuato sono stati gli stipendi, e le spese per acquistare il cibo per gli ospiti della struttura». In dieci minuti di dichiarazioni spontanee davanti al gip di Latina, Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, ha respinto le accuse di aver utilizzato fondi delle cooperative pro-migranti per beni voluttuari. «Non ho mai avuto in uso le carte di credito della cooperativa», ha aggiunto.

Murekatete, assieme alla madre Marie Therese Mukamitsindo e ad altre quattro persone, è coinvolta nell’inchiesta sulla gestione dei fondi pubblici da parte delle cooperative che si occupano di migranti nella provincia pontina. Indagine nella quale la Guardia di Finanza avrebbe portato alla luce un «sistema fraudolento» che avrebbe dirottato, tra il 2017 e il 2022, il denaro che arrivava per le attività di assistenza degli stranieri nel Lazio. I quali però, secondo gli inquirenti, vivevano invece in condizioni fatiscenti.

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La tesi difensiva

La donna, assieme alla madre e a un fratello, è stata raggiunta lunedì da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari: le accuse nei confronti dei tre – tutti oggi coinvolti nel passaggio processuale – sono a vario titolo frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. «Alla mia assistita – ha spiegato però l’avvocato Lorenzo Borrè – non possono essere contestate condotte distrattive» e anche una presunta consulenza da 70 mila euro è stata contestata davanti al giudice: «Quei soldi – ha detto la donna – non risultano nel mio conto corrente».

Dunque, quei beni di lusso «non sono stati comprati da lei» ha proseguito il legale, tant’è vero che «nella stessa ordinanza si fa riferimento a questi acquisti, ma non li si riferisce alla signora Murekatete, che non ha mai approvato bilanci relativi a queste spese». Per ora la donna rimarrà ai domiciliari. Il legale dubita che al momento possano essere revocati, «ma non per la sua colpevolezza – ha sottolineato – quanto perché in questa fase processuale ciò non avviene quasi mai. Faremo istanza al Tribunale del Riesame». Per gli esiti ci vorrà un mesetto.

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I presunti reati fiscali

Bisognerà aspettare meno invece, fino al 17 di novembre, per gli sviluppi di un’altra tranche dell’inchiesta, quella su presunti reati fiscali per cui sono indagati madre e figlia assieme ad altre quattro persone. Stamattina il gip di Latina si è riservato di decidere sulle eccezioni di inammissibilità delle costituzioni di parte civile formulate dai difensori. Tra chi ha fatto richiesta di risarcimento ci sono i sindacati, i lavoratori e il commissario liquidatore della cooperativa Karibu. Stamane i lavoratori, che rivendicano 400mila euro di stipendi non pagati, hanno manifestato di fronte al Tribunale di Latina sostenuti dalla Uiltucs che da mesi è al loro fianco per sostenerne le ragioni.

Insieme a loro c’era il presidente della commissione Lavoro del Consiglio Regionale del Lazio Orlando Angelo Tripodi (Lega): «Soldi pubblici spesi in borse di lusso e per ottemperare al diritto all’eleganza, mentre lavoratori e famiglie vivevano in condizioni di degrado totale – ha affermato – Dov’era chi doveva vigilare su questi fondi? Dove erano gli amministratori locali del Pd e del centrosinistra?». Le difese degli indagati però hanno contestato tutte le costituzioni di parte civile. «Il risarcimento – ha detto ancora l’avvocato di Murekatete – non è inerente al reato contestato» che è «elusione fiscale per un danno erariale di 12mila euro: non si capisce come questo avrebbe danneggiato i lavoratori».

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