A Palazzo Chigi vertice sulla riforma del premierato: venerdì in Cdm

Giorgia Meloni: «Ora bisogna correre»

Il vertice a palazzo Chigi ha dato il via libera alla riforma costituzionale che approderà sul tavolo del Consiglio dei ministri venerdì e che punta a introdurre l’elezione diretta del premier. Le opposizioni, tranne Italia viva, è sulle barricate. Se c’è chi guarda al Colle per sapere il giudizio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla proposta di riforme, la speranza resterà delusa. A maggior ragione considerato che le modifiche costituzionali riguardano anche i poteri del presidente della Repubblica: Mattarella si guarderà bene dall’esprimere un parere, quindi è inutile attendersi rilievi o richieste di modifiche da parte del Quirinale.

Dunque, il dossier è tutto nelle mani del governo e del Parlamento. Dopo il via libera del Cdm l’iter dovrebbe partire dalla Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, l’obiettivo è arrivare al primo via libera conforme delle Camere entro le Europee. Il governo ha lavorato a lungo ai contenuti della riforma, con il ministro Casellati che negli scorsi mesi ha incontrato i partiti, i sindacati, le associazioni di categorie.

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Anche la stessa premier Meloni ha condotto il confronto con le opposizioni, incontrandole alla Camera lo scorso 9 maggio. La novità delle ultime ore è che nel testo del ddl Casellati la cosiddetta norma ‘anti-ribaltone’ sarebbe stata ‘allegerita’. Si è optato, infatti, di prevedere che la maggioranza possa essere ‘allargata’: se viene meno la fiducia al premier eletto, quest’ultimo può comunque cercare i voti in Parlamento per tentare un nuovo incarico.

Ma, nel caso non vi riuscisse, il nuovo presidente del Consiglio in pectore dovrà essere espressione della maggioranza che ha vinto le elezioni, ma potrà incassare la fiducia anche da altre forze parlamentare. L’unico vincolo è legato al programma di governo con cui si sono vinte le elezioni.

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La cessazione dalla carica del presidente del Consiglio

Si legge nella bozza del ddl all’articolo 4 che modifica l’articolo 94 della Costituzione: in caso di cessazione dalla carica del presidente del Consiglio, il presidente delle Repubblica può «conferire l’incarico di formare il governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il governo del presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere».

Ora si aprirà il nodo della legge elettorale. Rispetto alle bozze inizialmente circolate del ddl costituzionale a firma Casellati, non si parlerebbe più di turno unico per l’elezione del premier. «Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale – si legge all’articolo 3 – La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere. Il presidente del Consiglio dei ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura».

Insomma, alla riunioneè stato deciso di lasciare la materia del sistema di voto al Parlamento. Anche se il premierato ‘soft’, affidando il premio di maggioranza alle liste che sostengono lo stesso candidato premier, di fatto va a incidere sulle singole forze politiche. Ed è il ragionamento che fa qualche esponente del centrodestra. Ovvero: quando si parla di «liste collegate al presidente del Consiglio dei ministri» di fatto, ragiona un parlamentare della maggioranza, si fa riferimento alla possibilità che l’attuale alleanza di governo si presenti come una ‘federazione’ a sostegno di un unico nome come presidente del Consiglio.

I senatori a vita

Altra novità del ddl è il cambio di passo sui senatori a vita. «Fino al termine del loro mandato, i senatori di diritto a vita nominati ai sensi del previgente secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione restano in carica», si sottolinea. Viene modificato l’articolo 59 della Costituzione (quello che recita: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario») con l’abrogazione del secondo comma.

La formazione del Governo

Per quanto riguarda l’articolo 94 della Costituzione il terzo comma viene sostituito così: «Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche quest’ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere».

Sull’eventuale sostituzione del presidente del Consiglio, al vertice a palazzo Chigi si è ragionato sulla possibilità che possa avvenire solo una volta, ma nella bozza del ddl non c’è alcun riferimento esplicito. L’imperativo, per il centrodestra, è mettere la parola fine ai governi tecnici. «Ora bisogna correre», ha spiegato la premier Meloni agli alleati.

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