Il voto di giugno divide l’Europa. Fidarsi è bene non fidarsi è meglio

Sui migranti la von der Leyen parla ma non agisce, scoraggiata dal controcanto di un Borrell; Meloni probabilmente dovrà fare da sola

Le elezioni europee si avvicinano e le fibrillazioni non mancano nei partiti, nelle coalizioni e persino nei rapporti tra gli Stati. L’Unione Europea è attualmente in mano ad una maggioranza che vede egemone il Partito Popolare affiancato dai socialisti, dai verdi e dai centristi di Emmanuel Macron.

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Una maggioranza, però, che ha già registrato parecchie slabbrature e sfilacciamenti soprattutto nel Partito Popolare che, in alcune sue componenti, non gradisce le politiche eccessivamente green che rischiano di compromettere pesantemente le economie nazionali. L’Italia è guidata da un governo di destra-centro che vede in Giorgia Meloni la guida indiscussa non solo del governo italiano ma anche dei conservatori europei che coltivano la speranza di creare una futura maggioranza di centrodestra.

Alla luce di questi equilibri e di queste aspettative è del tutto naturale che la Meloni cerchi di curare i buoni rapporti con i vertici del PPE che, con ogni probabilità, anche nella prossima legislatura, sarà il partito di maggioranza relativa senza il quale non sarà possibile governare l’Unione Europea.

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Ma dietro la diplomazia più avveduta rimane la necessità di dare risposte al popolo italiano e soprattutto agli elettori di centrodestra che tante speranze hanno posto in questo governo e che continuano a coltivare un sano scetticismo sulla reale volontà dell’Unione Europea di risolvere i problemi della gente comune anziché quelli delle élites finanziarie come da tradizione.

Di fronte alla recrudescenza dell’immigrazione clandestina, tra gli elettori di centrodestra serpeggiano malcontento e delusione mentre rimangono in attesa di fatti concreti e risultati visibili, che vadano oltre le frasi di circostanza, condite di belle parole e di buoni propositi, e che puntualmente vengono declamate in tutte le occasioni d’incontro tra esponenti del nostro governo e le autorità europee.

L’accordo con Tunisi

A poco è valso l’incontro a Tunisi tra il presidente della Tunisia, Kais Saied, Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen (PPE) presidente della Commissione Ue e Mark Rutte (PPE) primo ministro olandese dimissionario. Era il 16 luglio di quest’anno e l’incontro si era concluso con un Memorandum d’intesa UE-Tunisia e con l’impegno di erogare immediatamente 105 milioni di euro al governo di Tunisi per la gestione delle migrazioni e per fermare i migranti prima della loro partenza dalle coste tunisine. Ancora la Tunisia aspetta i fondi «immediati» e dalle sue coste continuano a partire migliaia di clandestini verso l’isola di Lampedusa.

Dopo una notte di fuoco nella quale sono arrivate oltre cento barche con circa settemila clandestini, la von der Leyen, su invito della Meloni, si è recata tempestivamente sull’isola per verificare de visu il disastro immigrazionista che si traduce in disagi inauditi per gli abitanti e per i clandestini Altre parole solenni, altre promesse, un nuovo piano in dieci punti da parte della Presidente della Commissione UE. E subito dopo polemiche, in Italia e in Europa.

La sinistra europea teme che un eventuale successo della Meloni nel contrasto all’immigrazione clandestina si possa tradurre in consensi per i partiti di destra o di centrodestra e non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa.

Josep Borrell, Vicepresidente della Commissione ed Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, socialista spagnolo, boccia il memorandum firmato in Tunisia seguito dal coro delle sinistre europee notoriamente in crisi di consensi e pronte a screditare qualsiasi soluzione che non sia passata dal loro preventivo benestare.

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Il centrosinistra senza bussola

In Italia, in particolare, il centrosinistra ormai senza bussola, scavalca il buon senso e propone di non ostacolare i massicci flussi migratori in nome di un buonismo che non tiene conto della concretezza dei problemi da affrontare. L’ immigrazione clandestina di massa è per Giorgia Meloni un banco di prova, forse decisivo, soprattutto di fronte ai suoi elettori tradizionali ai quali aveva promesso a gran voce il blocco navale. Da premier ha dovuto da subito fare i conti con la triste realtà che oggi la vede accerchiata, suo malgrado e nonostante la sua «conversione» pro-UE, da poteri ostili annidati nell’elefantiaca burocrazia europea.

Come se non bastasse, persino i tribunali continuano a mettersi di traverso scoraggiando l’attività del governo, delle prefetture e delle forze dell’ordine.

L’anno scorso la Corte di Giustizia europea ha annullato l’ordine di espulsione dal piano di accoglienza per un senegalese che aveva aggredito un controllore di Trenitalia per essere stato colto senza biglietto, con la stravagante motivazione che, nonostante il fatto costituisca reato, la sanzione sarebbe stata spropositata e lesiva della dignità umana. Evidentemente la dignità del controllore conta meno ed al senegalese, forse un po’ vivace, lo Stato italiano ha dovuto garantire vitto, alloggio, vestiario e qualcosa anche per le sue spese giornaliere.

Naturalmente la sentenza ha fatto giurisprudenza e così, poco tempo fa, il Tribunale amministrativo del Veneto ha riammesso ai benefici di legge nientemeno che uno stupratore tunisino che aveva abusato di una connazionale ospitata nello stesso centro di accoglienza.

Il diritto all’accoglienza

Il diritto all’accoglienza non si ferma neppure di fronte ad un abominevole reato sessuale che avrebbe esposto al pubblico ludibrio ed alla più feroce gogna mediatica, con annessa spedizione in galera, qualsiasi italiano.
Che poi tutto ciò costituisca un incentivo per orde di immigrati clandestini che sciamano di giorno e di notte per le stazioni, le piazze e le strade d’Italia esibendosi anche in spaccio di droga, risse e atti di inaudita violenza, specie contro le donne, sembra interessare poco ai piani alti dell’Unione Europea.

In questo clima non solo sono difficili i respingimenti e i rimpatri, ma resta al palo anche la redistribuzione dei migranti tra gli Stati europei che, secondo precedenti accordi, si erano impegnati ad ospitare una certa quota di richiedenti asilo. Addirittura la Francia ha chiuso le proprie frontiere sospendendo gli accordi di Schengen ed ha schierato elicotteri, droni e militari in alcune aree di confine con l’Italia, in particolare nell’entroterra di Ventimiglia.

Se il presidente francese Macron fa il duro per non perdere consensi, imitato dai leader degli altri stati europei che, a prescindere dal colore politico, si atteggiano a protettori dei propri confini; se la von der Leyen parla ma non agisce, scoraggiata dal controcanto di un Borrell; Giorgia Meloni probabilmente dovrà risolvere la questione (ne va della sua credibilità) senza fare troppo affidamento sulle istituzioni europee. Del resto fidarsi è bene non fidarsi è meglio.

È pur vero che i confini dell’Italia sono anche i confini dell’Europa, ma è altrettanto vero che esistono soluzioni nazionali alla crisi migratorie come dimostrano ad esempio la Grecia e la Spagna, in UE, e la Gran Bretagna e l’Australia fuori dalla UE.

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

Setaro

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