Governo, Giorgia Meloni: Italia non perderà nemmeno un euro dei fondi del Pnrr

L’intenzione resta quella di fare una «verifica sulla fattibilità» sui progetti

L’Italia non perderà i fondi del Pnrr. E tantomeno ha intenzione di rinunciare a una parte dei 200 miliardi europei. Giorgia Meloni arriva al Vinitaly e tra un selfie e un assaggio («il minimo indispensabile» ma «sono un’appassionata, sul consumo – scherza – la mia parte la faccio») lancia rassicurazioni sul Piano, sotto la lente Ue per il via libera alla terza tranche.

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La premier non nasconde che ci siano problemi che non sono però, ci tiene a sottolineare «figli delle scelte di questo governo». E il «grande lavoro» che sta facendo l’esecutivo in queste settimane è proprio quello di cercare «soluzioni», e in un clima di «ottima collaborazione» con Bruxelles.

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Mentre lei da Verona cerca di mandare il messaggio di un governo che ha sotto controllo il dossier più importante – e che si sta rivelando anche uno dei più spinosi – a Roma la Lega, per voce del suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, suggerisce l’idea di «rinunciare a una parte dei fondi a debito» (oltre 122 miliardi sui 191,5 del Piano) piuttosto che spendere «per spenderli, a caso», magari per progetti che «non servono» o che comunque i sindaci, in particolare nei piccoli comuni, non riescono a mettere a terra.

Una boutade, un ragionamento condivisibile ma che arriva alla conclusione sbagliata, la reazione che arriva in sostanza dal governo che si affretta a precisare che non c’è alcuna intenzione di lasciare una parte della dote dei fondi Ue. Rinunciare a una parte dei fondi, che pure tecnicamente è possibile nell’ambito del regolamento del Recovery, anche a Bruxelles è peraltro considerata una misura da ultima spiaggia.

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Un restyling convincente

L’intenzione del governo resta quella di fare una «verifica sulla fattibilità» delle centinaia di progetti previsti nel piano e di presentare a Bruxelles – con cui sono diverse le questioni aperte, dal Mes ai balneari – un restyling convincente. Una «rimodulazione». Ma una rinuncia, ripetono dall’esecutivo, non è proprio sul tavolo.

L’idea che sta perseguendo il ministro Raffaele Fitto nelle trattative con la Commissione, è quella di utilizzare come vasi comunicanti le diverse fonti di finanziamento europee e spostare sui Fondi di coesione, o sui fondi nazionali, quei progetti che a questo punto si stanno già dimostrando irrealizzabili. Ma gli spazi che si andrebbero a liberare, è la linea, sarebbero dirottati su altri progetti (a partire da quelli del nuovo capitolo del RepowerEu) che si possono concludere entro giugno 2026.

Meglio insomma prendere atto subito che ci sono progetti infattibili che ritrovarsi tra due-tre anni a non essere in grado di portare a termine il piano. Un ragionamento che Fitto – alle prese con la conversione del decreto Pnrr al Senato, con tante novità a partire dalla possibilità di aggiungere un 20% di fondi ai progetti già avviati e a rischio di fermarsi per il caro materiali – sarebbe pronto a fare anche alle Camere.

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