Bonaccini a metà spoglio concede la vittoria alla Schlein. Ma era già ampiamente in testa

Una segretaria senza partito, ma con gazebo. Più che i dem hanno vinto i non iscritti

A spoglio ancora in corso, ma con Elly Schlein in vantaggio con il 53% a 46, il governatore dell’Emilia e Romagna Stefano Bonaccini ha concesso la vittoria alla sua antagonista. A questo punto c’è da chiedersi cambierà qualcosa, nella politica italiana, con questa elezione? Intanto, è significativo il fatto che da oggi a guidare i due maggiori partiti italiani ci siano due giovani donne. Rappresenta di per sé già una gran bella novità. L’altra novità è che questa vittoria è arrivata solo grazie ai gazebo dove hanno potuto votare anche i non iscritti.

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Del resto, la stessa Schlein si è scritta al partito appena due settimane fa. C’è da chiedersi, quindi, quanto peseranno questi voti sulla gestione del partito. Poiché è indiscutibile che la stragrande maggioranza di questi consensi hanno origini grillinesche, arrivati in quei gazebo perché la neo segretaria non s’è candidata alla luce di un progetto politico e senza alcuna idea su cosa fare e su come cambiare il Paese, non come un’avversaria, quindi, bensì un’anti Meloni. È chiaro che quei voti peseranno tantissimo e tutto resterà tale e quale ad oggi.

Quello, insomma, che non era riuscito dopo il voto alle regionali di una settimana addietro, potrebbe essere riuscito adesso e 15 giorni dopo il voto potrebbe così aver preso consistenza l’opa lanciata dal M5S sul Pd che Letta aveva dato ormai per svanita. Mentre, nel suo primo discorso da segretaria ha detto che sarà una nemica, non avversaria politica. Staremo a vedere. Come a dire, quindi, niente di nuovo sotto il sole della politica italiana. Tutto riparte sempre dallo stesso punto.

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L’accerchiamento dell’opposizione

E più emergono debiti, guai e magagne del governo «giallorosso» e il Pd si confonde con il M5S, più la premier Meloni conquista centralità oltre confine, consensi e rispetto in Italia, più l’accerchiamento dell’opposizione si stringe attorno a lei e al suo partito. E più si rinsalda l’asse fra la sinistra – che ancora non ha digerito la sconfitta -, le toghe amiche – per non rinunciare alla fetta di potere conquistata ai tempi di tangentopoli – e i mass media a quella di ricatto ai partiti.

L’assottigliamento costante delle copie vendute e la preferenza dei lettori per l’informazione web, anche a scapito della correttezza informativa, ne sono il risultato. E non solo per la propria autorevolezza, ormai ridotta ai minimi termini, ma anche per l’eccesso di vicinanza con la nuova «triplice» (dem, Tp e cespuglietto Ve) sempre più appiattita sui pentastellati, divenendone la brutta copia e adeguandosi alle sue richieste.

Come successo con le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia Delmastro dalla commissione Giustizia, poi sostituito dalla forzista Matilde Siracusano, perché i capigruppo di Pd, M5s, Tp e Ve avevano minacciato l’Aventino, in caso di presenza in commissione «perché indagato». Poco importa se l’avviso di garanzia è poco più che un «atto dovuto» alla cinicità del verde Bonelli che ha presentato un esposto nei suoi confronti e del collega di partito Donzelli – per «rivelazione di segreto d’ufficio» – per costringere la procura di Roma ad aprire un «fascicolo» contro di lui.

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E poter speculare, sulla caciara che i mass-media italioti avrebbero – e come avvenuto – scatenato, nella speranza di volgere a proprio favore lo scandalo della visita in carcere della delegazione Pd all’anarchico Cospito per il quale la Cassazione, venerdì, ha confermato il 41bis. Ma gli è andata buca, perché il Ministro della Giustizia, Nordio ha puntualizzzato che «se un documento è riservato o no, lo stabilisce la politica» e «le dimissioni di Delmastro non le decide il pm».

Il caso Montaruli e gli altri

Passando dalle dimissioni della Montaruli da Sottosegretaria dell’Università, per – come ha spiegato la Maiolo su «il Riformista» – una spesa di 200 euro per l’acquisto di una borsa di Borbonese da mettere in palio durante un evento di beneficenza. E poi gli arresti dell’ex consigliere regionale campano FdI Passariello, per presunti appalti truccati della Sma Campania, società in house della Regione e il Comune di Napoli, senza che nessun organo d’informazione si sia preso la briga di chiarire che era già stato espulso dal partito nel 2018.

«Un silenzio che se continua si fa complice». Parola di Letta e di un affollato parterre di esponenti della «minoranza» a commento dello scontro fra studenti davanti il liceo Michelangelo di Firenze, che il sindaco Nardella, su Twitter, ha immeditamente presentato come «pestaggi avvenuti da studenti di Azione sudentesca» e «Condanno la violenza dei ragazzi di Azione studentesca» dovrebbe essere il contenuto di un’agenzia della Meloni che Renzi ha detto di attendere. Davvero, surreale! Anche perché, un docente, che ha assistito ai fatti ha dichiarato al quotidiano, «la Nazione» che l’aggressione è partita dai ragazzi di estrema sinistra e i pm fiorentini l’hanno definita «rissa futile e non politica».

Nessuno di loro, però, ha preso le distanze dalla preside ex candidata Pd che ha mandato un messaggio agli studenti fiorentini, parlando di «pericolo fascista» e da quanto è successo, alla manifestazione «Firenze antifascista», in cui è stata avvertita la Meloni di essere «la prima della lista»; minacciato di morte il ministro Valditara e costretto a cambiare istituto uno studente di destra.

E non solo hanno taciuto, ma qualcuno di loro vi ha anche partecipato. «Mal gliene incolse», però. Il compagno presidente del consiglio comunale fiorentino è stato messo in fuga perché «fascio di m…» che non ha «niente da spartire con l’antifascismo». «Chi la fa l’aspetti»! Cosa potrà cambiare allora? Poco, molto poco. Anzi, niente!

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