Il presidente della Camera costretto a tagliare i tempi d’esame
Un via libera in extremis, grazie al ricorso alla ghigliottina, che arriva dopo una maratona oratoria in Aula, scandita da ostruzionismo delle opposizioni (ad eccezione del Terzo Polo), proteste, scontri e sedute sospese. Maggioranza e governo incassano in zona Cesarini la conversione in legge delle norme che introducono il reato di Rave, riformano la disciplina dell’ergstolo ostativo e intervengono con modifiche sulle misure anti Covid, prevedendo il reintegro dei medici no vax.
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Misura che provoca un certo malessere tra le fila di Forza Italia, tanto che 13 deputati azzurri non partecipano al voto (pur non risultando in missione). Esce allo scoperto il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano, e proprio come aveva fatto al Senato la capogruppo Licia Ronzulli, spiega: «Non ho partecipato al voto non perché non condividessi tutti i contenuti del decreto ma perché al suo interno, all’articolo 7, c’è una norma che non condivido e cioè la revoca della sospensione dell’attività professionale per i cosiddetti medici ‘no vax’».
E’ stato un iter lungo e dal percorso accidentato: il decreto – primo provvedimento varato dal governo Meloni – non fa in tempo ad essere licenziato dal Consiglio dei ministri a fine ottobre che già si evidenziano alcune criticità sulla norma che introduce il reato dei raduni Rave. Tanto che lo stesso esecutivo è costretto a intervenire con i primi ‘aggiustamenti’. Non solo: durante l’esame al Senato in prima lettura il testo del provvedimento subisce numerose modifiche, con l’inserimento anche di norme che prevedono un allentamento delle misure anti Covid.
La difesa del provvedimento
Ma tutto l’esecutivo e la premier in persona hanno difeso sino all’ultimo il provvedimento: «E’ una norma giusta e necessaria. E’ importante dare un segnale», ha scandito in conferenza stampa di fine anno Giorgia Meloni. «Il centrodestra ha scelto di rendere punibili coloro i quali spacciano droga nei Rave party e di prevedere restrizioni certe per i mafiosi», rivendica il capogruppo di FdI Tommaso Foti. «La maggioranza ha imboccato la strada giusta con coerenza, ragionevolezza e capacità di mediazione», sottolinea il leghista Jacopo Morrone.
Nettamente contrari alle norme del decreto Rave, alla Camera Pd, M5s e Sinistra-Verdi hanno da subito messo in atto un duro ostruzionismo per tentare di far decadere il provvedimento, tanto che il governo – troppo alto il rischio di non approvare il testo entro la mezzanotte del 30 dicembre – è costretto a porre la fiducia. Ma non basta. Perché alla Camera oltre al voto di fiducia si deve svolgere anche il voto finale, dopo l’esame degli ordini del giorno. E qui scatta una tattica dilatoria certosina da parte delle tre forze di opposizione: oltre 150 ordini del giorno e interventi a raffica nonostante la seduta fiume a cui è ricorsa la maggioranza.
Si fa notte, gli animi si surriscaldano e l’Aula diventa teatro di duri scontri (soprattutto tra Pd, M5s e FdI, tra i protagonisti anche il sottosegretario Delmastro), con il presidente Fontana che più volte deve riprendere i deputati e alla fine non può far altro che sospendere la seduta. Ma la tensione resta alta, con nuovi contrasti in mattinata, complice anche il fatto che non si vede la luce in fondo al tunnel. E l’ipotesi ghigliottina, per la verità mai tramontata, torna a farsi largo, anche se permangono ancora alcune resistenze (secondo rumors di maggioranza non confermati anche dello stesso Fontana).
Nell’opposizione 134 iscritti a parlare
Ma la strada è ormai segnata: senza ricorso alla ghigliottina – lo strumento procedurale con cui si tagliano i tempi di esame passando direttamente al voto, a cui era ricorso nel 2000 anche Luciano Violante, come ha ricordato in Aula il capogruppo FdI – gli interventi in dichiarazione di voto (134 gli iscritti a parlare tra le fila dem, pentastellate e della sinistra) sarebbero proseguiti senza sosta fino alle 22, ovvero a due ore esatte dalla dead line della decadenza del decreto.
L’annuncio della ghigliottina
Il dado viene tratto alle due del pomeriggio: Fontana sospende la seduta e convoca la Conferenza dei capigruppo dove annuncia che userà la ‘tagliola’. Poi va in Aula e spiega di essere stato «costretto» a ricorrervi. Il voto finale si consuma in una manciata di minuti. Il Pd per protesta contro le norme del decreto mostra in Aula il testo della Costituzione e parla di «decreto sbagliato e pericoloso». Per i 5 stelle la ghigliottina è «una mortificazione del ruolo dell’opposizione», dice Giuseppe Conte. Non partecipa all’ostruzionismo il Terzo polo che, pur votando contro il decreto, intanto incassa il sì del governo all’odg che mira a eliminare la riforma della prescrizione contenuta nello Spazzacorrotti. «Non esiste alcuna sponda del Terzo Polo», mette in chiaro Carlo Calenda.
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