Roma ancora sconvolta dalla sparatoria, il Prefetto: «Nessun segnale di raptus omicida»

di Redazione

– Frattasi: «La città è stata colpita da un gravissimo episodio ma è sicura»

Un gesto imprevedibile, un «raptus omicida» che non poteva essere immaginato prima di domenica mattina, e non un problema di sicurezza cittadina. All’indomani della strage di Fidene il prefetto Bruno Frattasi ha riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza per fare il punto e ricostruire la vicenda insieme al sindaco Roberto Gualtieri, al questore Carmine Belfiore e ai vertici delle forze dell’ordine.

Ma soprattutto mandare ai romani un messaggio chiaro: «La città è stata colpita da un gravissimo episodio – ha detto – che però non dimostra per nulla che c’è stato un fallimento nel sistema di sicurezza. Roma è, e resta, una città sicura».

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E lo dice il fatto, ha spiegato il prefetto, che il “sistema” attorno a Claudio Campiti, che domenica ha massacrato a colpi di pistola tre donne mentre una quarta è gravissima in ospedale, aveva già preso contromisure: «L’eventoè stato determinato da una circostanza che in qualche modo era stata vista, perché c’era stato un contenzioso civile che questo signore portava avanti contro il Consorzio. Ma non c’erano segnali evidenti che questa persona potesse esplodere nel raptus omicida». E nonostante ciò «i carabinieri di Rieti gli avevano negato il porto d’armi», ha detto Frattasi.

– In arrivo una stretta sui poligoni di tiro

«Qui c’erano delle denunce reciproche», ha osservato però la presidente della commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno, e «si dovrebbe cercare di considerare prioritarie quelle in cui si ravvisano elementi che fanno pensare a un escalation della violenza». Su un punto comunque il Comitato è stato chiaro: è in arrivo una stretta sui poligoni di tiro con «controlli amministrativi per verificarne la regolarità della conduzione», ha detto il prefetto riferendosi al fatto che l’omicida ha sottratto la pistola con cui ha sparato dal poligono di tiro di Tor di Quinto, ora sotto sequestro. Una linea condivisa da Gualtieri che auspica «una stretta dal punto di vista legislativo e amministrativo sull’utilizzo delle armi nei poligoni».

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– Claudio Campiti, la sua storia era nota

Nel Reatino era nota la storia personale di Campiti: anni prima aveva perso un figlio 14enne in un incidente di montagna. La moglie e le altre due figlie non vivevano più con lui, che si era stabilito tra le villette del Consorzio Valleverde, nel Reatino. Abitava nello scantinato di un edificio mai terminato, senza allaccio fognario e in perenne conflitto con gli altri proprietari, di cui “svelava” su un blog dai toni deliranti presunti complotti, angherie e minacce che riteneva di subire. La rabbia che l’ha portato ad uccidere, secondo il pm, non è nata in un istante. E d’altronde è stato lui stesso, quando i sopravvissuti sono riusciti a bloccarlo, a confermarlo. «Maledetti – ha detto – mi avete lasciato sei anni senza acqua».

– Le indagini della Procura

La Procura contesta al 57enne il triplice omicidio aggravato dai futili motivi. E sottolinea come siano diversi i fattori «che depongono univocamente che la condotta di Campiti fosse stata premeditata fin nei minimi particolari». Ad avvalorare la premeditazione, scrive il pm Giovanni Musarò nel decreto di fermo, anche il fatto che da anni l’indagato «non partecipava ad un’assemblea del Consorzio, quindi già la sua presenza sul luogo dell’assemblea può ritenersi per certi versi ‘anomala’».

E Campiti era anche una persona che sapeva usare «benissimo le armi» dicono ancora gli inquirenti che poi non hanno dubbi: voleva scappare. Al momento della strage aveva con sé il passaporto e uno zaino, con dentro vestiti e seimila euro in contanti. Oltre naturalmente alla pistola, sottratta al poligono di tiro, dove era iscritto dal 2018, e ben 170 proiettili. Solo il coraggio di uno degli aggrediti, che gli è saltato addosso fermandolo, ha impedito che il bilancio potesse peggiorare.

– I feriti nella sparatoria a Fidene

L’eroe di Fidene si chiama Silvio Paganini, 67 anni, e oggi è stato dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma: «Ha avuto molta fortuna – ha spiegato il primario del Pronto soccorso – perché il proiettile gli ha attraversato la guancia e non ha avuto lesioni di organi vitali. E’ molto provato ma piano piano supererà». Oggi ha ricevuto la visita dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato e del sindaco Gualtieri che l’hanno ringraziato «per il gesto eroico».

Riguardo agli altri tre ricoverati dopo l’aggressione, invece, ieri sera è stato dimesso Carlo Alivernini, 65 anni, l’uomo che era stato portato al Pertini per un malore; la presidente del Consorzio Bruna Marelli, 80 anni, colpita al torace, è in miglioramento. Presto sarà dimessa dal Policlinico Umberto e avrà sostegno psicologico. Peggiore la situazione di Fabiana De Angelis, 50 anni, colpita al cranio: è in rianimazione al Sant’Andrea e le sue condizioni sono gravissime.

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