Rapporto Svimez 2022: per il Sud il 2023 sarà un anno ancora più difficile

Per il Mezzogiorno, la recessione s’avvicina e cresceranno anche le persone in povertà assoluta

Per il Mezzogiorno il 2023 sarà anno di recessione a -0,4%, con uno 0.9 in meno rispetto al Pil italiano che dovrebbe fermarsi allo +0,5 e distanziato, addirittura, di 1,2% in meno nei confronti di quello del Centro-Nord che, sempre secondo le previsioni pur segnando un notevole rallentamento rispetto al a quello di quest’anno, dovrebbe comunque attestarsi in territorio positivo pur fermandosi a +0.8%.

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E’ quanto prevede il «rapporto Svimez 2022 L’economia e la società del Mezzogiorno», dell’Istituto per lo sviluppo economico del Mezzogiorno, presentato ieri mattina presso la Nuova Aula dei Gruppi, alla Camera dei deputati. E questo senza dire che nel 2022 il Pil italiano – sempre secondo le stime Svimez – dovrebbe crescere del 3,8%, mentre quello meridionale si fermerà al + 2,9% ad oltre 1 punto di distanza da quello del Centro-Nord.

Sicché, in conseguenza dei rincari dei beni energetici e alimentari e dell’inflazione le famiglie in povertà assoluta nel 2023 potrebbero crescere di un altro punto percentuale arrivando all’8,6%, ma quelle meridionali potrebbero toccare quota 11,4%, mentre sarebbero 8.9% al Nord e 9% al Centro. A conti fatti, insomma, mentre i nuovi poveri a causa dell’inflazione sarebbero in numeri assoluti 760mila al (287mila nuclei familiari) di cui ben 500mila nel Mezzogiorno

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E’, quindi, un Mezzogiorno, «sotto Shock» quello che si sta preparando all’appuntamento con un anno difficile e controverso quale sarà quello del 2023. Dovrà necessariamente – ma non sarà facile – riuscire ad asciugarsi le ferite lasciate dai 2 difficilissimi anni che ci lasciamo alle spalle. Il che aggrava la quotidianità di imprese, famiglie e cittadini su cui sono vistosissimi i segni tracciati sulla sua pelle da: covid, guerra in Ucraina, crisi energetica ed inflazione.

E se gli investimenti Pnrr cominciassero dal tacco?

In queste condizioni, pensare che le distanze fra Nord e Sud possano restringersi è soltanto un’utopia. E, diciamola tutta e con onestà, pensare che il Pnrr, che, tra l’altro, destina al Sud solo il 40% ovvero 82miliardi sui 206 complessivi possano aiutarci a recuperare i gap – che sono tantissimi e crescono sempre di più – è pura follia. E non il sottoscritto a dirlo, ma lo rilevano i numeri. Come fa chi è già in ritardo e si vede attribuire meno disponibilità a raggiungere a chi è già in vantaggio e continua a ricevere sempre di più?

Come mai, questo problema, della disparità di trattamento fra Centro-Nord e Mezzogiorno la Svimez non se lo è mai posto negli anni scorsi e continua a non porselo neanche a proposito della sperequazione nell’assegnazione dei Fondi Next Generation Eu alle tre macroaree italiane. Non sarà perché si è trattato di uno squilibrio, stile prima repubblica «messo a punto» dal Governo dei cosiddetti migliori?

A questo punto non ci resta che sperare nel governo di destra-centro, e in Fitto, Musumeci e Sangiuliano invertano la rotta e facciano, almeno per una volta, partire prima l’Italia del tacco e poi il CentroNord, solo così sarà possibile evitare, ciò che è successo per decenni ovvero che quando toccava al Sud non c’erano soldi di cofinanziamento e quelli originariamente destinati a noi, per evitare di perderli, venivano dirottati e spesi nell’alt(r)aItalia.

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